politica italiana

"Sei italiani su 10 contrari alle elezioni subito", di Renato Mannheimer

Poca fiducia nel rinnovamento dei partiti: il 75% non crede alla «rivoluzione» Pdl

C’è chi, negli ultimi giorni, ha accennato alla possibilità, peraltro subito smentita, di anticipare le elezioni politiche (previste alla naturale scadenza della legislatura nella primavera del 2013) al prossimo ottobre. L’elettorato è in maggioranza (60%) contrario. Anche se ben un cittadino su tre (35%), insoddisfatto del governo Monti, si dichiara invece favorevole a tenere le consultazioni già in autunno. Questa posizione è particolarmente diffusa nell’elettorato del Popolo della libertà, ove supera la metà (51%), data proprio la crescente ostilità nei confronti dell’esecutivo dei votanti per questo partito.
Benché sia comunque probabile che il governo di Mario Monti duri fino alla primavera del 2013, i partiti hanno iniziato a prepararsi in vista della scadenza elettorale, qualunque essa sia. Non a caso, nelle ultime settimane si sono evidenziati mutamenti significativi nell’offerta e nella proposta di diverse forze politiche. In questo quadro, Angelino Alfano e Silvio Berlusconi hanno annunciato, subito dopo le amministrative, quella che essi stessi hanno definito «la più grande rivoluzione nell’offerta dei partiti da molti anni a questa parte». Al tempo stesso, Pier Ferdinando Casini ha azzerato i vertici dell’Udc, in vista della formazione di una nuova, più ampia, forza politica che inglobi anche le altre componenti del centro e, se possibile, segmenti di elettorato dei due partiti maggiori. Nel centrosinistra, il segretario del Pd Pier Luigi Bersani ha (finalmente) dichiarato di volere rinunciare alla metà del finanziamento pubblico, attenuando così l’impressione di una chiusura a mutamenti in questo senso, che sembrava emergere da alcune sue dichiarazioni precedenti.
I motivi di questa più incisiva (e, non a caso, contemporanea) iniziativa dei partiti nel tentare un miglioramento della loro immagine sono prevalentemente due:
— da un lato, il noto diffondersi dei sentimenti e degli atteggiamenti antipartitici (che non corrispondono necessariamente all’antipolitica), accentuatisi ancora negli ultimi giorni. Tanto che per i partiti tradizionali l’imperativo è ormai quello di rinnovarsi o di andare incontro ad un severo calo di consensi.
— dall’altro, l’inversione di tendenza nel sostegno popolare al governo Monti che ha visto, secondo tutti i sondaggi, una contrazione dei giudizi favorevoli. Dovuta probabilmente all’intensificarsi del peso della pressione fiscale e, al tempo stesso, al riaccendersi dello spread e alla percezione di una ancora insufficiente iniziativa sui tagli alla spesa pubblica e sui provvedimenti per lo sviluppo.
L’insieme di questi fenomeni ha notevolmente allargato lo spazio potenziale per forze politiche «nuove» (o, secondo alcuni, più semplicemente «rinnovate») che volessero presentarsi nell’arena elettorale. Tanto che oggi la percentuale di chi dichiara di essere «sul mercato», non sapendo che partito votare o essendo tentato dall’astensione, costituisce la maggioranza assoluta (57%).
Dalle prime analisi emerge però che nessuna delle iniziative annunciate ha riscontrato particolare successo e/o credibilità tra gli elettori. La proposta di Casini — alla quale, comunque, i sondaggi attribuiscono un vasto mercato potenziale, pari al 21% — suscita, nella maggioranza (63%) dell’elettorato, «indifferenza». Anche se poco più di un cittadino su cinque (20%) plaude alla decisione del Segretario dell’Udc e se, naturalmente, questo atteggiamento di consenso è condiviso dalla larghissima maggioranza (87%) dell’elettorato del suo stesso partito. In misura ancora maggiore, l’annuncio di Alfano e Berlusconi si scontra per ora con l’opinione di tre elettori su quattro (75%) che dichiarano di non credere a quanto comunicato dai due leader, mentre il restante 25% lo ritiene invece possibile. Anche in questo caso, naturalmente, il parere degli elettori del Pdl è diverso: costoro mostrano, nella loro maggioranza (70%), di avere fiducia in quanto enunciato. Ma anche qui il restante 30% si dimostra incredulo sulla possibilità di un effettivo rinnovamento del partito.
Insomma, i primi tentativi di rinnovamento dell’offerta politica si scontrano per ora con la perplessità diffusa dell’elettorato. Che forse si aspetta (ne ha parlato anche Sergio Fabbrini sul Sole 24 Ore, cui ha subito replicato Casini) non solo e non tanto un mero ridisegno del marketing o un mutamento delle sigle. Ma un più radicale e profondo ripensamento dei programmi e dei modi di agire delle forze politiche attuali.

da Il Corriere della Sera