"Se la crisi cancella una generazione", di Mario Calabresi
Non solo siamo «un Paese vecchio, con idee vecchie», come ha detto Cesare Prandelli ieri mattina, ma siamo anche tanto affezionati al mondo che abbiamo dietro alle spalle da spendere la maggior parte del nostro tempo nel rimpianto invece che nella voglia di futuro e di cambiamento. Viviamo di nostalgia del passato, un passato spesso idealizzato e totalmente riscritto nella nostra memoria, mentre avremmo bisogno di un’operazione radicale che torni a inserire nelle nostre teste il sentimento opposto: la nostalgia del futuro, la fame di futuro. Viviamo in un mondo profondamente cambiato, ne conosciamo alla perfezione i limiti e stiamo provando sulla nostra pelle disagi e fatiche nuove, ma ormai ci concentriamo solo su queste rifiutandoci di vedere gli altri aspetti di quella rivoluzione globale che ci ha investiti. Perché esistono anche aspetti positivi, anche se dirlo appare ormai provocatorio, che vanno dal fatto che viviamo in un mondo con meno povertà (oltre un miliardo di persone sono uscite dalla fame negli ultimi trent’anni, un progresso che non ha precedenti nella storia), in cui si …