attualità, politica italiana

"Il governo ideale per gli italiani", di Ilvo Diamanti

È significativa la rabbia degli italiani contro la “politica”. In particolare, contro il governo che ci governa. Contro la maggioranza che lo sostiene. Contro il Parlamento. È significativo il ri-sentimento degli italiani contro i “rappresentanti” e contro le istituzioni che li “rappresentano”. Perché, in fondo, è come se gli elettori si ponessero davanti allo specchio. Visto che raramente, come in questa occasione, il Parlamento ne offre una “rappresentazione” fedele. Certo: questa legge elettorale “orrenda” impedisce ai cittadini di scegliere i propri “rappresentanti”. Di esprimere un giudizio e un controllo sui singoli parlamentari. Combinato con il bicameralismo perfetto, ostacola ogni maggioranza stabile e autosufficiente. Ma, nell’insieme, la composizione del Parlamento ricalca fin troppo fedelmente gli orientamenti politici degli italiani. I quali si dividono in tre grandi minoranze, non troppo diverse, per misura. Una di Centrodestra, l’altra di Centrosinistra, la terza “al di fuori”. Esterna ed estranea. Dove si rifugiano “quelli che non ci stanno”. Senza contare un piccolo polo di Centro. Che, in effetti, non conta molto. Perché è stato spinto a Margine, dagli elettori.
In altri termini, se questo Parlamento non favorisce la formazione di una maggioranza politica, non è per colpa di una legge che distorce e deforma le scelte degli elettori. Semmai, al contrario, è perché le riproduce in modo fin troppo fedele. Accentuandone le distanze, più delle affinità.
Così oggi il governo è sostenuto da una coalizione precaria. Perch é i partiti e i parlamentari che vi partecipano fanno a gara nel marcare il proprio distacco. Reciproco. Le proprie differenze. Berlusconi e il Pdl: impegnati a promuovere i “propri” prodotti di bandiera. L’Imu sopra tutti. Ma anche a “difendere” i territori critici, per il Leader Imprenditore: la giustizia e le telecomunicazioni. Il Pd: impegnato a dimostrare il proprio impegno, ma senza troppo impegno. Per rispetto verso la responsabilità che spetta ai vincitori – che in effetti non hanno vinto – le elezioni. E per evitare un nuovo voto ravvicinato, a cui oggi non sarebbe pronto. Infine: il M5S, impegnato a esibire il proprio dis-impegno. Ma con impegno. Come se fossero gli altri a non volerne sapere di lui. E non lui a non volersi confondere e contaminare, con gli altri.
Fuori dal Palazzo, intanto, la piazza rumoreggia. E i cittadini esprimono, in ogni modo, la loro insoddisfazione. La loro rabbia. Ogni gesto di disperazione. Ogni atto di follia individuale. Ogni esplosione soggettiva estrema. Tutto diventa – tutto viene interpretato come – un segno di ribellione contro la Politica, i Politici, i Partiti, il Parlamento. Lo Stato. E la Politica, i Politici, i Partiti, il Parlamento, lo Stato: diventano – a loro volta – i mandanti, anzi, i veri responsabili. Di ogni suicidio e omicidio, di ogni aggressione. Di ogni atto disperato commesso da disperati. Per disperazione. Come se noi non c’entrassimo. Come se la colpa fosse solo “loro”. Dei Politici, dei Partiti, del Parlamento. Come se questo governo – e questa maggioranza che non piace quasi a nessuno (a me di certo no) – uscissero dal nulla. Come se questo Parlamento fosse stato eletto “a nostra insaputa”.
Non è così. Purtroppo. Il problema, semmai, è che questa legge elettorale orrenda ha prodotto un Parlamento che rispecchia in modo fedele gli orientamenti e le differenze dell’elettorato.
Dove coabitano tre Grandi Minoranze che non si sopportano. Due Soggetti Politici e uno Antipolitico. O meglio: premiato dal voto di molti elettori (due terzi, almeno) per risentimento contro “i partiti”. Contro la Casta.
Così oggi si ripropone una scena nota, in Italia. Il “governo nonostante”. Subìto perfino dal premier, Enrico Letta. Il quale, ospite di “Che tempo che fa”, ieri sera, ha ammesso che «questo non è certo il governo ideale per gli italiani». A torto, perché riflette gli umori degli “italiani nonostante”. Ai quali non piace perdere. Ma nemmeno vincere. Perché non amano la concorrenza, né la competizione. Come in economia e negli affari. Tutti liberisti, tutti contro le corporazioni e contro i privilegi di gruppo e di categoria. Tutti contro il familismo. Tutti per il merito. Eppure quasi tutti coinvolti in – e tutelati da – corporazioni e gruppi. A nessuno verrebbe in mente di escludere figli e parenti dalla successione — nell’azienda e nel mercato del lavoro. In nome del merito. Della società aperta.
Così oggi siamo guidati da un “governo di necessità” perch é viviamo in uno “Stato di necessità”. Sostenuto da una “maggioranza di necessità”. Composto da partiti e politici che non si sopportano. Con un’opposizione “estranea”. D’altronde, è dal novembre 2011 che il Paese è governato da un Governo del Presidente. Voluto e garantito da Napolitano. Anche oggi, l’unico presidente possibile.
Per l’incapacità del Parlamento di trovare l’accordo su un altro. Da quasi due anni il Paese è guidato dal Governo del Presidente. Per Stato di Necessità. Anche oggi. Perché il primo garante di Enrico Letta è Napolitano.
D’altronde, per quasi cinquant’anni, dal 1948 ad oggi, gli italiani hanno votato liberamente per eleggere le stesse forze politiche. Al governo e all’opposizione. Visto che la Dc ha sempre governato. Con il Pci sempre all’opposizione. Anche se tutte le leggi e le riforme che contano sono state votate all’unanimità. Secondo il modello consociativo. Dove maggioranza e opposizione coesistono e collaborano. Anzi, di pi ù: co-governano. Come nella società, fra i cittadini. Dove tutti sono divisi. Ma anche uniti. Quando serve. Nelle emergenze. Cioè: sempre, visto che in Italia l’emergenza è perenne. Permanente.
Questo governo e questa maggioranza, dunque, sono “rappresentativi”. Perché “rappresentano” fedelmente gli italiani. Ai quali piace stare “dentro” e “fuori”, al tempo stesso. Al governo, ma senza impegno. D’accordo con Monti, ieri, e con Letta, oggi (secondo i sondaggi, il politico più popolare in assoluto). Perché ci impongono sacrifici che nessun governo “di parte” potrebbe imporre. Ma pronti a prenderne le distanze, appena risulti utile e opportuno. Come ha fatto Berlusconi. Che ha scaricato Monti, quando gli è parso vantaggioso. Gli italiani: un po’ Berlusconi e un po’ grilli. Di governo e di opposizione – secondo il momento. E, talora, un po’ di sinistra. Perché “bisogna saper perdere”.
Ma il problema non è che “la Politica è lontana da noi”. Al contrario: è fin troppo vicina. Troppo simile a noi. Questo è il problema. Più facile cambiare la Politica che gli italiani.

La Repubblica 06.05.13