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"Il primo obiettivo è creare lavoro", di Ruggero Paladini

Fabrizio Saccomanni, parlando alle Commissioni Speciali di Camera e Senato, ha invitato ad approvare il Def a saldi invariati, rinviando la Nota di aggiornamento al momento in cui avverrà la chiusura della procedura per disavanzo eccessivo, prevista per metà giugno. L’obbiettivo del governo è quello di mantenere il deficit sotto il 3%. L’uscita dalla procedura di disavanzo eccessivo, nel quale si trovano la gran parte dei paesi europei, costituisce un obiettivo «alla nostra portata». Da esso il governo si attende un atteggiamento di maggiore flessibilità da parte di Bruxelles. Che si dovrebbe tradurre nella possibilità di escludere alcune spese d’investimento di interesse europeo (corridoi ferroviari e autostradali) dal calcolo del deficit, nonché nell’utilizzo di risorse comunitarie aggiuntive rivolte specificamente ai giovani, secondo il programma «youthguarantee» varato dalla Commissione. Si può comprendere che questa sia considerata una strada molto meno rischiosa di quella di andare ad uno scontro frontale con la Commissione (e con Berlino), dichiarando di voler attuare subito tutti i punti del programma delineato da Enrico Letta nel suo discorso alle Camere. Oltre ad un atteggiamento benevolo delle autorità europee, il governo conta in una significativa riduzione dello spread e quindi su risorse aggiuntive dovute alla minore spesa per interessi. Nell’immediato e nei prossimi mesi comunque bisogna reperire le risorse che riguardano la cassa integrazione in deroga (un miliardo e mezzo), la sospensione dell’Imu sulla prima casa (due miliardi), nonché la sospensione dell’aumento dell’Iva dal 21% al 22% (due miliardi e mezzo). Al di là di questo breve orizzonte, il governo deve impostare una politica economica che abbia chiari gli obiettivi da perseguire, in una situazione nella quale il rispetto del vincolo del 3% di deficit, al netto di quanto Bruxelles potrà concedere, pone dei limiti stringenti alle risorse disponibili. L’obbiettivo non può che essere uno: il lavoro, ovviamente, in particolare a livello giovanile. Il Def consegnato in eredità da Monti indica che nel 2016 il nostro Pil sarà ancora del 4% più basso di quello del 2007. In queste circostanze la tendenza spontanea dell’economia sarà quella di espellere forza lavoro. Pertanto le risorse vanno utilizzate mirando specificamente a favorire l’assunzione di giovani da parte delle imprese. Vanno ripresi strumenti che erano stati utilizzati dai due governi Prodi, rivolti particolarmente al sud e alle donne. L’incentivazione, quando avviene in un contesto macroeconomico di recessione o di bassa crescita, ha un costo minore, in quanto la percentuale di assunzioni che sarebbero comunque state effettuate anche in assenza di incentivi è più bassa. Pertanto gli incentivi possono essere più generosi. Anche la sospensione dell’aumento dell’Iva s’inserisce bene nel quadro della manovra macroeconomica, perché l’aumento dell’imposta indiretta impatta pienamente sulla domanda interna; così gli interventi a favore dei cassa-integrati e degli esodati, perché l’aumento del reddito disponibile si tradurrà quasi integralmente in consumi. Per quanto riguarda l’Imu invece la richiesta di Berlusconi non è per nulla coerente con l’obbiettivo del lavoro. L’Imu sulla prima casa è stata versata in misura rilevante da nuclei familiari a reddito medio-alto. Su 18 milioni di contribuenti, 1’85% ha versato meno di 400 euro ed il 10% oltre 500. L’Imu ha un grado di progressività maggiore della vecchia Ici. Ma non è questo il punto: la questione è che l’eliminazione proposta dal Cavaliere implica un utilizzo di quattro miliardi con un impatto limitato sui consumi. Dal punto di vista macroeconomico sono soldi in buona misura sprecati, per il limitato sostengo della domanda aggregata. Sostenere poi che l’eliminazione serve ad alleviare i costi delle imprese è una delle tante barzellette che Berlusconi ci ha sempre generosamente elargito. L’Imu sulla prima casa pesa per un 17% sul totale del prelievo. Ed infatti il mondo delle imprese chiede la riduzione del cuneo fiscale, lo stimolo alla domanda, ma si guarda bene dal chiedere qualcosa sull’Imu, e certamente non sulla prima casa. Questo non significa che l’Imu sia da conservare così com’è. Ci sono vari punti critici che vanno affrontati, e la sospensione può essere l’occasione per farlo. Tra l’altro quando l’Imu era stata disegnata, nell’ambito delle leggi attuatrici del federalismo, non includeva la casa d’abitazione, per cui era prevista la Tares, alla quale veniva affidato il compito di tassare non il proprietario ma l’inquilino di se stesso. Pertanto una riformulazione dei due prelievi può essere opportuna.

L’Unità 07.05.13