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“Ricorda il meglio di Blair” “No, Tony era tutta un’altra cosa”, di Francesca Paci

Il parere dei corrispondenti stranieri in Italia sul leader del Pd. Se il congresso del partito socialista europeo doveva essere il debutto internazionale di Renzi, il corrispondente del quotidiano berlinese Die Tageszeitung Michael Braun è convinto che il neo premier se la sia cavata bene. O, quanto meno, che abbia stupito con la sua ormai proverbiale velocità: «Bersani aveva sempre caldeggiato l’adesione del Pd al Pse senza riuscire a vincere la resistenza di ex Dc e popolari. Renzi ha giocato come al solito sul fattore tempo, non c’è stato neppure un vero dibattito in segreteria, hanno votato tutti a favore con l’eccezione di Fioroni, detto fatto. Una questione formale perché il Pd era già nel gruppo socialista a Strasburgo, ma l’entrata nel partito è significativa in un momento in cui i socialisti devono rafforzarsi non tanto per sperare di crescere al voto di maggio quanto per non perdere». Braun era già in Italia da due anni quando nel 1998 nascevano i Ds, ha seguito tutti i mal di pancia e le mutazioni genetiche della sinistra italiana: «Da quando è capo del governo Renzi ha aggiustato il tiro soprattutto sull’Europa, ricordo che prima chiamava il patto di stabilità “piatto di stupidità” mentre ieri parlando dell’urgenza di rimettere i conti in ordine anche per i suoi figli ha fatto un discorso digeribile perfino per la Cancelliera Merkel».

Renzi che ricorda Tony Blair, Renzi che può risultare orecchiabile alle Merkel, Renzi nel Pse. Renzi un estraneo, ma per chi? La delegazione spagnola a Roma non si è pronunciata, giura la corrispondente di El Mundo Irene Hernández. Certo, i socialisti sanno di aver accolto un ex democristiano, un outsider: «Ci sono sospetti, è ovvio. Anche nel Pd italiano ce ne sono. La sua posizione sulla liberalizzazione del mercato del lavoro è atipica ma poi Renzi è molto di sinistra sull’Europa, molto più di Grillo e Berlusconi. A me ricorda davvero Tony Blair, non un infiltrato di destra ma uno capace di prendere voti a destra. Forse è per questo che temendo di vedere il Pd andare malissimo al voto europeo ha deciso di “accoltellare” Letta».

Chi non assocerebbe il neo premier italiano al leader laburista promotore della Terza via è il suo connazionale David Willey, corrispondente della Bbc: «Ho notato che al congresso del Pse Renzi ha iniziato a usare parole inglesi, good luck… Scherzi a parte, sebbene sia stato sicuramente colpito dell’esempio di Blair Renzi non lo ricorda: Blair era molto preparato sin dall’inizio mentre Renzi ha buone idee ma dubito che possa riuscire a realizzarle».

Renzi socialista europeo è il solito Renzi, chiosa il corrispondente di Libération Eric Jozsef. Bene e male: «È sciolto, ha parlato di Europa con riferimenti concreti e non retorici diversamente dagli altri leaders. Ha citato anche il calcio che, come l’Erasmus e la moneta unica, è per i giovani il senso ultimo dell’Europa. Poi però la domanda è sempre la stessa, quale sarà la sostanza di quei discorsi? Anche perché all’estero, dove Letta era molto apprezzato per le sue competenze e per l’europeismo, il cambio di passo ha destato un certo stupore». Se dovesse azzardare un parallelo, Jozsef lo declinerebbe in francese: «Renzi è un ibrido tra il Sarkozy del 2007 e la Ségolène Royal dello stesso periodo. Il primo, super energetico, aveva fatto dell’idea di rottura la sua parola d’ordine e dialogava con un elettorato estraneo al suo. L’altra che nel 2006 è stata letteralmente la rottamatrice della sinistra francese prendendosi il partito contro tutti». Poi c’è l’Europa dei governi, dei popoli, dei socialisti: «Il Pse aggiunge la parola democratico al suo nome in ritardo, ancora più in ritardo del Pd italiano, che lo fece vent’anni dopo la caduta del Muro di Berlino. Ora sembra una scelta di necessità per fronteggiare i conservatori e contenere l’avanzata dei populismi in Europa. Ma oltre a condividere la necessità di riorientare la politica economica e uscire dalla sola austerità, i socialisti italiani, francesi, tedeschi e tutti gli altri dovrebbero anche dire se sono tutti d’accordo su un’Europa federale».
FRANCESCA PACI