attualità, politica italiana

"Benefici in busta paga per oltre 10 milioni di italiani", di Roberto Petrini

Circa 80 euro netti in più dalla busta paga di maggio per 10 milioni di lavoratori dipendenti italiani che guadagnano fino a 1.500 euro netti al mese (25 mila euro lordi annui). L’hashtag è: «Dieci miliardi per 10 milioni di persone». Parola del presidente del Consiglio, Matteo Renzi, che ieri, durante una conferenza stampa-show con slides ed effetti speciali, seguita ad un Consiglio dei ministri piuttosto breve, ha annunciato il suo piano di riduzione delle tasse che depositerà 1.000 euro all’anno netti negli stipendi dei lavoratori con redditi più bassi (compresi i cococo e gli incapienti sotto gli 8.000 euro: entrambe le categorie sono state espressamente citate da Renzi).
«Con questa operazione ripartirà l’economia», ha annunciato il premier. «Effetti espansivi su crescita e occupazione», ha certificato il ministro per l’Economia Padoan.
Conferma dell’ultima ora: l’ingresso del taglio dell’Irap, dopo la pressante richiesta della Confindustria: la tassa sarà ridotta del 10 per cento per un totale di 2,4 miliardi. Novità sulla copertura: l’aumento e rimodulazione delle rendite finanziarie dal 20 al 26 per cento (non i Bot) che consentirà di recuperare 2,6 miliardi e porterà le aliquote, come ha osservato Renzi, «a livello europeo».
Formalmente non c’è ancora il provvedimento legislativo, ma il premier ha assicurato i giornalisti che il Consiglio dei ministri ha compiuto un «atto irreversibile » approvando la sua «relazione » con «coperture e indirizzo» dell’intervento.
Il decreto arriverà dopo l’approvazione del Def (il Documento di economia e finanza che conterrà la nuova cornice dei conti pubblici e che dovrà essere approvato dal Parlamento): sarà anticipato a fine marzo (dal 10 aprile previsto), quando arriverà anche il dettaglio della spending review, con un percorso che prevede il decreto entro aprile e l’erogazione del bonus nella busta-paga di maggio. «Volevo quella del 27 aprile, prima delle elezioni…, ma sono stato respinto con perdite: non ce l’abbiamo fatta per i tempi tecnici », ha allargato le braccia Renzi e ha aggiunto nello slang della Capitale: «Prima nun ja famo».
Il tema delle coperture complessivamente a disposizione del governo, secondo l’impostazione confermata ieri da Renzi, gira sostanzialmente su spending review
(7 miliardi), Iva che proviene dai pagamenti dei debiti della pubblica amministrazione (1,6 miliardi), capitali dalla Svizzera e risparmio sulla spesa per interessi. Oltre alla carta più importante, annunciata ieri direttamente dal premier, l’intenzione di superare il rapporto deficit-Pil oggi fissato al 2,6 per cento per portarlo verso il 3 per cento (si recupererebbero così 6,4 miliardi). «Ho letto in questi giorni una polemica sulla copertura semplicemente incredibile.
In-cre-di-bi-le. I soldi per mettere in tasca i 10 miliardi ci sono, anzi il margine è ben oltre i 10 miliardi », ha incalzato il presidente del Consiglio confermando di fatto la cifra dei 20 miliardi.
Il ministro per l’Economia Pier Carlo Padoan ha spiegato in termini più precisi, con cautela ma sulla linea di Renzi, come funzionerà l’intera operazione nel 2014 che, partendo da maggio costerà, due terzi dei 10 miliardi cioè circa 6,5 miliardi. La copertura di quest’anno, ha detto Padoan, sarà di «transizione» anche «usando i margini di indebitamento » entro il 3 per cento, per «evitare di entrare nella procedura di deficit eccessivo» ma, ha aggiunto, «nel modo più parsimonioso possibile». Dal 2014, invece, ha osservato il ministro, entreranno a regime i «tagli di spesa permanente». Padoan ha comunque avvertito – e questo è un passaggio da adempiere – che per eventuali scostamenti necessari per l’operazione cuneo «serve l’approvazione della Ue», oltre che quella del Parlamento con la variazione del Def: due passaggi obbligati che hanno richiesto qualche margine di tempo in più. Infine un richiamo sul debito: «E’ al centro delle nostre preoccupazioni» per questo le privatizzazioni, ha concluso il ministro per l’Economia, «continueranno e saranno rafforzate».

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“Entro luglio pagati 68 miliardi alle aziende”, di VALENTINA CONTE

Una pioggia di denari promessi alle imprese. A partire dalla sorpresa Irap, data per sacrificata alla vigilia del Consiglio dei ministri in favore dell’Irpef. E che invece verrà tagliata del 10%, circa 2,4 miliardi in meno, rastrellati da una stangata sulle rendite finanziarie (ma «non si toccano i Bot») la cui aliquota sale dal 20 al 26%, . Il premier Renzi dunque spariglia e decide di non scontentare troppo il mondo imprenditoriale, piuttosto inquieto già nelle ultime settimane del governo Letta. Scegliendo nello stesso tempo una copertura che non dispiace a sinistra. No comment di Confindustria, ieri sera. Ma non c’è dubbio che la promessa di Renzi – accanto alla inattesa sforbiciata Irap – di saldare 68 miliardi di arretrati della Pubblica amministrazione entro luglio (anche grazie al nuovo ruolo della Cassa depositi come prestatore di ultima istanza) è assai clamorosa. Cifra poco credibile però per il ministero dell’Economia (in conferenza stampa il ministro Padoan non ha lesinato dubbi), visto che la stima da cui è tratta – un’analisi campionaria di Bankitalia condotta solo sul lato dei fornitori – viene reputata in via XX Settembre eccessiva.
Dunque l’aliquota che tassa plusvalenze, dividendi e interessi prodotti da azioni, obbligazioni, partecipazioni, pronti contro termine, contratti future e swap, ma anche dai popolari conti di deposito sale al 26%. Per molti di questi prodotti (il risparmio a breve) è quasi un ritorno all’estate del 2011 quando Tremonti abbassò quell’aliquota dal 27 al 20%, portando però sempre al 20% il risparmio a lungo termine, fino a quel punto tassato al 12,5%. E creando così un doppio binario: titoli di Stato al 12,5% e tutto il resto al 20. Ora si passa al 26%. Lasciando però i Bot al 12,5 e i fondi pensioni e tutto il risparmio previdenziale all’11. Una decisione di «buon senso» per Renzi, visto che «se hai 100 euro di azioni pagherai 26 euro di tasse anziché 20», consentendo di limare l’Irap di 2,4 miliardi. Anzi «sarebbero 2,6 miliardi, ma 200 milioni sono da mettere in conto come disinvestimenti ». Tradotto: risparmio che vola all’estero. L’operazione sul cuneo fiscale arriva così a 12,4 miliardi totali: 10 miliardi sull’Irpef, il resto sull’Irap. «Molti imprenditori mi hanno detto che faccio bene a mettere più soldi in tasca alle famiglie», rivelava ieri Renzi. Ma un segnale sull’Irap è comunque arrivato. E comporterà, calcola la Cgia di Mestre, un risparmio medio di 792 euro all’anno per azienda.
Oltre ad Irap e debiti Pa, il pacchetto di misure per le imprese è ampio. Intanto c’è il taglio da 1,4-1,5 miliardi della bolletta energetica per le Pmi, il 10% circa di questa voce di spesa che vale circa 14 miliardi. «Avverrà entro maggio, anche solo con decreti ministeriali, dopo una consultazione con l’Authority dell’energia e le parti interessate, perché qui si tratta di intervenire sugli oneri di sistema», ha spiegato il ministro per lo Sviluppo Economico Federica Guidi. Dunque asciugare gli incentivi alle rinnovabili, ma anche alle aziende energivore e “interrompibili” (pagano meno se non c’è capacità produttiva). Guidi ha poi ricordato che entro il 31 marzo parte la legge Sabatini, predisposta da Letta (incentivi per acquisto di macchinari). E poi «vareremo anche i minibond », ha aggiunto Guidi. Tra le altre misure, il governo rifinanzia con 500 milioni il fondo di garanzia per il credito. Altri 500 milioni vengono messi, dal primo giugno, in un fondo per le imprese sociali del terzo settore. Il credito di imposta per giovani ricercatori raddoppia: 600 milioni in tre anni, «per creare 100 mila posti entro il 2018», si augura Renzi (se ne occuperà Delrio). Dal 16 maggio le imprese pagheranno un miliardo in meno di premi Inail. «Il decreto attuativo è in arrivo», ha detto Renzi (ma la misura era di Letta). Mentre i 5 miliardi tra piano scuola e dissesto idrogeologico valgono da stimolo all’edilizia e alle imprese che si occupano di recupero del territorio. Infine, nei prossimi mesi il governo si impegna a far partire un processo di «fatturazione elettronica», così da evitare per il futuro accumuli di debiti con la Pa, ora di dimensioni cosmiche e a rischio infrazione Ue.

La Repubblica 13.03.14