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"Perchè l'UE rischia di tingersi di nero", di Piero Ignazi

Il Front national di Marine Le Pen in Francia e il Partito della libertà di Geert Wilders sono oggi i primi partiti dei rispettivi Paesi: entrambi sono accreditati di più del 20% dei voti alle prossime elezioni europee: il Fn sopravanza sia un partito socialista boccheggiante dopo la serie di passi falsi della presidenza e del governo, sia un partito gollista tramortito dagli scandali; e il Pvv di Wilders supera sia i liberali che i socialisti.
Sulla loro spinta arriverà una compatta falange estremista al Parlamento di Strasburgo? Per quanto queste previsioni possano inquietare, i consensi che la destra radicale potrebbe conquistare in tutta Europa inducono a considerazioni meno pessimiste.
In realtà la marea montante che tanto impressiona si limita ad alcuni Paesi. Alle ultime elezioni politiche svoltesi nei 28 Stati membri dell’Ue sono arrivati in Parlamento solo 11 partiti estremisti sui 18 che superano l’1% dei voti. Di questi 18 partiti solo la metà ha incrementato i propri consensi in rapporto alle precedenti elezioni: l’altra metà, invece, ha perso voti. E ancora, i grandi balzi in avanti — più di 5 punti percentuali — sono limitati a pochi casi, e solo l’Fpo austriaco (la formazione erede di Jorg Haider) è andato sopra il 20% dei voti.
L’allarme va quindi riconsiderato alla luce di questi dati. In fondo alcuni grandi Paesi — Spagna, Polonia, Germania e Gran Bretagna — sono privi di partiti estremisti: la Polonia ne aveva due (il Partito dell’autodifesa e la Lega della famiglie polacche) ma ora sono praticamente scomparsi; la Germania ha da tempo sradicato la possibilità di una ripresa di movimenti radicali grazie al suo impegno di prevenzione, controllo ed educazione civica; e la Gran Bretagna ha visto alle ultime elezioni locali il definitivo tracollo del British national party le cui prospettive di ascesa avevano così inquietato i britannici. Per quanto riguarda il Regno Unito, il partito euroscettico dell’United kingdom independence party non rientra certo nella famiglia politica degli estremisti di destra. Il suo atteggiamento anti-Ue per quanto inflessibile non è nutrito degli stessi stimoli che motivano l’euroscetticismo di un Front national o di un Fpo. E lo stesso vale per il M5S, per quanto la sua confusione sull’Europa sia somma.
Ricalibrato così il rischio di un Parlamento europeo tinto di nero, rimane il fatto che queste elezioni possono innescare una dinamica pericolosa. A partire dalla Francia. Oltralpe il successo politico- mediatico di Marine Le Pen è incontestabile. Con una abilissima opera di rinnovamento della immagine e del discorso politico il Fn ha dismesso la sua espressione aggressiva e minacciosa. Per meno della metà dei francesi ormai il Front national non rappresenta più un pericolo, mentre fino al 2010 più del 65% lo considerava tale. Ora il cordone sanitario intorno al partito si è allentato. Più della metà degli elettori gollisti vedono con favore l’ipotesi di alleanze e accordi locali col Fn. Questo grazie anche ad alcune variazioni significative che Marine Le Pen, più o meno strumentalmente, ha introdotto nelle sue argomentazioni in merito alla laicità, al riconoscimento di alcuni diritti civili e al ruolo dello Stato. Tant’è che il 10-15% degli elettori del presidente François Hollande pensa di passare al Fn alle prossime elezioni europee. E altrettanto vuole fare il 20% di coloro che si collocano all’estrema sinistra. Lo sfondamento a sinistra e il recupero a destra riproducono la formula vincente dei partiti antisistema. Se al Fn riesce questa impresa e diventa veramente il primo partito di Francia, allora il suo esempio rischia di essere contagioso e di produrre un’onda nera tale da sconvolgere gli equilibri politici di molti Paesi europei.
È per questa ragione che anche in Italia, dove la Lega nord si sposta sempre più all’interno dell’estremismo populista, dovremmo adottare, come in Germania, iniziative pubbliche di contrasto nei confronti delle ideologie anti-liberali e anti-democratiche dei partiti anti-sistema. Anche noi, benché ci piaccia dimenticarlo, abbiamo avuto un regime autoritario. Ma a parte la retorica resistenziale, non è stato fatto nulla per contrastare il risorgere di quella mentalità; anzi venne tranquillamente accolto in Parlamento un partito chiaramente nostalgico ad appena tre anni dalla fine della guerra.
Le forze estremiste che entreranno nel Parlamento di Strasburgo non saranno tali da determinare la politica europea. Ma il loro clamoroso successo in un grande Paese come la Francia può avere un effetto leva su quei vasti settori di opinione pubblica attratti dal discorso anti-egualitario ma ora accasati in altri partiti o lontani dalla politica.
È per prevenire questo rischio, latente anche in Italia, che le istituzioni dovrebbero seguire la rotta indicata dalla Germania con le sue iniziative sui pericoli del radicalismo e dell’estremismo politico. La sottovalutazione in questi vent’anni delle pulsioni illiberali e anti-sistemiche (rappresentate soprattutto dalla Lega) ha prodotto un terreno ricettivo dell’estremismo e del populismo. Questa volta le pulsioni sono andate, fortunatamente, verso il Movimento 5Stelle, ma ad un altro tornante potrebbero prendere altre e ben peggiori direzioni.

La Repubblica 21.03.14