attualità, politica italiana

"Ma non c’è solo il mercato", di Massimo Adinolfi

Magari, se potessimo parafrasare Pascal, potremmo perfino trovarci d’accordo: il mercato ha le sue ragioni che la ragione non conosce. Nell’originale si trattava del cuore, e Pascal ne rivendicava per l’appunto le ragioni, irriducibili ad una razionalità «étriquée», più ristretta e insensibile alle dimensioni sulle quali il cuore è capace invece di sporgersi.

Nel caso di Mauro Moretti, l’amministratore delegato delle Ferrovie che ieri è intervenuto sul taglio degli stipendi ai supermanager, non si tratta del cuore ma di reclamare le ragioni del mercato, la razionalità nella de- terminazione dei compensi dei manager posti al vertice di imprese grandi e complesse, che è il mercato, secondo Moretti, a dover fissare. Secondo l’impeccabile logica della domanda e dell’offerta. Secondo questa logica, peraltro, Moretti non è certo il più bravo di tutti, visto che non è quello che prende più soldi di tutti. Lui stesso tiene a informarci che il suo collega tedesco prende tre volte e mezzo più di lui (che già guadagna cifre di poco sotto al milione di euro). Ma noi vorremmo invece continuare a pensare che il nostro amministratore delegato è davvero il più bravo di tutti, e, come vi sono le ragioni del mercato, così vi è un’altra più importante ragione per rimanere comunque al proprio posto, in Italia, specie in tempi di crisi, a guidare le ferrovie dello Stato e a dare così una mano al Paese.

Certo, quell’altra ragione si presenta con il volto della politica, che oggi appare ai più deturpato (e pure di questo in verità ci sono le ragioni). Ma forse non dobbiamo arrivare per questo al punto di capovolgere il detto di Pascal, e mancare di riconoscere non la razionalità economica, ma una più larga e comprensiva razionalità, che a quella non si riduce.

Così Moretti dice: è una cosa sbagliata parametrare lo stipendio dei dirigenti pubblici di aziende di Stato a quello del Presidente della Repubblica, e chiedere che si stia al di sotto. Dice che è una cosa sbagliata ma intende: non è razionale, non rientra nella logica del mercato. Ed effettivamente alla Presidenza della Repubblica non si arriva come si arriva alla guida dell’Enel o delle Ferrovie. Il Quirinale è ancora, chissà per quanto, fuori mercato. Ma il senso del riferimento all’appannaggio del Presidente sta evidentemente nel far presente a chi opera sul mercato che, contemporaneamente, come uomo e come cittadino opera anche in una società e in uno Stato, anche se a volte sembra proprio che non riconosca questi altri luoghi in cui soltanto possono mantenersi le istituzioni del mercato. E ciò, si vorrebbe aggiungere, al netto di qualunque considerazione sulla perfezione del regime concorrenziale che vi regnerebbe, e che in realtà non vi regna affatto.

Qualche tempo fa, il filosofo Avishai Margalit ha pubblicato un libro dal titolo molto promettente: «The Decent Society», la società decente. In quel libro Margalit non si preoccupava tanto della giustizia quanto, appunto, della decenza. Una società può essere giusta nella distribuzione dei beni o dei diritti primari e tuttavia, sia detto per inciso, Margalit non aveva certo in mente l’Italia contemporanea come esempio di società giusta e tuttavia infliggere umiliazioni ad una parte significativa dei propri cittadini, anche quando questi non avessero a subire alcun torto. Esemplifichiamo a nostro vantaggio. Un’espressione come quella che parla di «schiaffo alla miseria» ha a che fare con l’offesa che può essere recata ai membri poveri di una società, anche quando si riferisce a fatti, episodi, circostanze che rientrano nel pieno diritto di chi assesta quello schiaffo, poiché per esempio è nel diritto di chiunque viva in una società liberale di mercato guadagnare (così come sperperare) cifre spropositate, se soltanto si trova qualcuno disposto a offrirle. Le ragioni del mercato, potremmo dire, non conoscono schiaffi alla miseria. Ma la ragione umana e non dico qui nemmeno la ragione politica, o la ragione morale quegli schiaffi li conosce e come, e di solito è ragione, si riconosce cioè come ragione, proprio in quanto cerca di non tirarli.

Ora, nessuno pensa che Moretti intendesse ieri mollare qualche schiaffo. Le sue preoccupazioni sono anzi condivisibili, anche perché sono sicuramente slegate dall’interesse personale. E quand’anche invece fossero ad esso legate, non vi sarebbe nulla di male a considerare il proprio personale interesse, nelle scelte professionali e non solo in quelle. Ma dicevamo le preoccupazioni. In breve, nessuno vuole depauperare il patrimonio (che supponiamo volentieri grandissimo) di competenze, professionalità, conoscenze a disposizione dell’Amministrazione pubblica e dello Stato. Ma la scelta del governo non intende affatto provocare nulla del genere. Posto però, come ha detto il premier Renzi ieri, che se ne riconosca la ratio. Ma così siamo daccapo a Pascal, e alla necessità di conoscere le ragioni di tutti, e non solo quelle del mercato.

L’Unità 22.03.14