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"La paura e le ferite", di Bernardo Valli

Anche se attese, scontate, le sconfitte elettorali fanno male. Bruciano in particolare se a contribuire all’insuccesso della sinistra è il Front National, il partito populista di Marine Le Pen. Ed è quel che si è verificato alle municipali francesi di ieri, alla prima consultazione nazionale dalla vittoria presidenziale di François Hollande, avvenuta due anni fa.
Mentre lo spoglio era ancora in corso, Jean Marc Ayrault si è affrettato a definire inquietante il numero voti ottenuto dai candidati dal partito populista e ha esortato gli elettori «di sinistra e di progresso » a mobilitarsi per arginarlo al secondo turno, domenica prossima. Un appello d’emergenza che dà il clima della Francia mentre si contavano ancora i suffragi.
E’ stato evocato il Fronte repubblicano, ossia la tradizionale unione dei partiti democratici contro il movimento un tempo apertamente xenofobo, reso più presentabile da Marine, l’abile figlia di Jean-Marie Le Pen, il fondatore. Ma in realtà quella strategia antifascista è invocata ma non più tanto praticata. Il centrodestra (Ump) attraverso il leader, François Copé, ha invitato i suoi a non votare né per il Front National né per il Partito socialista. E Ayrault, il primo ministro socialista, si è rivolto unicamente agli elettori di sinistra e di progresso. Lui non ha evocato il Fronte repubblicano. Quindi per ora ognuno dovrebbe affrontare da solo i ballottaggi, cui partecipano i candidati con i tre migliori risultati, che non hanno raggiunto la maggioranza assoluta. La gara triangolare impone di solito un’intesa tra due concorrenti.
E le alleanze confidenziali o segrete sono realizzate con grande cinismo.
Il successo del Front National, definito storico, ha dominato lo scrutinio anche se il partito di Marine Le Pen presentava alle elezioni municipali soltanto 597 liste, vale a dire soltanto in una parte dei trentaseimila e più comuni
che conta la Francia municipale.
Ma in almeno nove città importanti ha ottenuto successi senza precedenti. A Hénin-Beaumont, nel Pas de Calais, un candidato ha preso più del cinquanta per cento dei voti. E quindi Steeve Briois è stato il primo esponente nella storia del Front National ad essere eletto sindaco. A Béziers, nel Languedoc Rousillon, Robert Ménard ha superato il 44 per cento; e a Perpignan, nei Pirenei orientali, Louis Aliot ha avuto il 33 per cento. Entrambi sono quindi anche loro nelle condizioni di conquistare al ballottaggio il titolo di sindaco.
Nonostante abbia fatto il callo ai peggiori sondaggi di popolarità subiti dai presidenti in quasi sessant’anni di Quinta Repubblica, François Hollande ha ottenuto ieri un risultato pesante (43 – 48 % a favore del centrodestra, stando a calcoli incompleti) alla prima elezione generale dopo il suo ingresso nel Palazzo dell’Eliseo. E’ stato un colpo severo. Il voto riguardava gli amministratori dei comuni di Francia, e quindi dipendeva in larga parte dal prestigio dei sindaci, di metropoli come Parigi, Marsiglia, Lione o di modesti o piccoli centri (l’Italia comunale è meno frantumata, conta poco più di ottomila municipi), e quindi la sconfitta è stata relativizzata, ridimensionata dai delusi, come accade con le elezioni locali.
Ma la sinistra era fiera della sua forte maggioranza nella Francia municipale, dove amministrava il cinquantacinque per cento dei comuni con più di diecimila abitanti. Sei anni fa ebbe al primo turno il 46 per cento contro il 41 della destra. Il rapporto si è rovesciato. E sembra prefigurare il risultato delle europee, nel maggio prossimo. Nel breve intervallo François Hollande cambierà il governo? Designerà un altro primo ministro, ad esempio il popolare Manuel Valls, attuale ministro degli Interni? C’è chi lo esclude, tenendo conto che la precipitosa nomina di un nuovo esecutivo non è nello stile di Hollande, e sarebbe comunque un segnale di panico, spropositato rispetto alla sconfitta in un voto amministrativo.
Soprattutto in una consultazione che avviene dopo due anni di una presidenza iniziata nel pieno di una crisi economica tutt’altro che superata, vista l’alta, quasi cronica disoccupazione, il consistente debito pubblico e il deficit di bilancio superiore ai parametri consentiti dalla Comunità europea. Il voto di ieri, benché influenzato da problemi locali, conferma l’impopolarità del presidente e del suo governo.
Parigi dovrebbe restare alla sinistra. Anche se l’ex ministro di centrodestra, Nathalie Kosciusko- Morizet, candidata nel difficile 14 esimo arrondissement, dove la sinistra è ben impiantata, ha ottenuto un numero di voti superiore al previsto. Questo non dovrebbe compromettere l’elezione a sindaco di Anne Hidalgo, la socialista patrocinata dal predecessore, il popolare e abile Bertrand Delanoe. Assai più difficile la situazione a Marsiglia, dove il candidato socialista, che sperava di detronizzare Claude Gaudin, sindaco da quattro mandati, è stato superato, umiliato, almeno al primo turno, dal candidato del Front National. Le ferite socialiste sono numerose in queste elezioni. Non poche città che amministravano sono cadute come birilli.

La Repubblica 24.03.14