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"Dopo summit e trionfi l’assistenza sociale: l’onnipotenza perduta dell’unto del Signore", di Filippo Ceccarelli

Nessun italiano dal 1945 a oggi ha conosciuto e vissuto più e meglio di Silvio Berlusconi cosa significa essere onnipotente. La faccenda mette in causa un concetto quasi teologico e infatti infinite volte egli ha dispensato quella barzelletta in cui Dio finiva ridotto al rango del vicepresidente. Ma l’ultima platea, alla riunione dei club di «Forza Silvio», ha riso molto meno del solito perché era ormai chiaro a tutti, anche a lui, che tutto stava finendo – e anche male.
A nessun altro italiano è stato concesso di raccontare per un intero ventennio che lui era, o meglio aveva «il sole», in tasca. E per quanto suonasse impegnativo identificarlo quale fonte di vita, di calore e di luce, ancora a gennaio sul Mattinale si è potuto leggere: «Berlusconi illumina tutti». Ma l’interruttore non era quasi più nelle sue mani.
È avvenuto piano piano. Non si ha idea di quanta gente ha accontentato Berlusconi.
Molti e molte presi anche dalla strada, non necessariamente in quel senso lì, e fatti ricchi e influenti: per bontà, per volontà, per allegria, per megalomania, o forse solo per il piacere di cambiargli l’esistenza, come in una favola.
Di molte cose, anzi di troppe, è stato il messia. Della gloria sportiva, le coppe e il boato degli stadi, una volta i teleobiettivi ingrandirono un foglio d’agenda su cui lui stesso si definiva in terza persona «il numero uno» e poi ancora ripeteva: «il numero uno». Anche dell’innovazione, delle visioni a distanza, delle emozioni mirate, degli spettacoli pianificati, dei palazzi con piccoli parlamenti acclusi, delle ville con laghi, cigni, anfiteatri, gelaterie, bunker, piante rarissime, farfalle brasiliane e vulcano in eruzione telecomandata.
Il signore delle meraviglie. Non c’erano avversari che gli resistessero. Un giorno si materializzò su qualche bancarella
una matrioska con le sembianze di Berlusconi che conteneva, dopo averle debitamente incorporate, le sue svariate vittime: Prodi, D’Alema, Rutelli, Fassino, Veltroni, forse anche Dini – che poi per la verità si riprese.
Il successo prima, il potere poi, i soldi sempre. Navigando nell’oro, letteralmente, si è comprato paese, comunisti, giornalisti, padanisti, calciatori, produttori, poliziotti, ecclesiastici, titoli nobiliari, mafiosi, avvocati e giudici. Si legge nell’ultimo romanzo di Walter Siti: «E’ riuscito a diventare più di se stesso facendo dell’Italia la propria scimmia». A un dato momento si è preso anche Scilipoti e Razzi, ma soprattutto gli ha concesso di qualificarsi: «Responsabili».
Adesso l’Unto del Signore ha ottenuto di trascorrere la pena ai Servizi sociali, ma lo si continua a scrivere con incredulità, come se fosse un sogno. Personaggio faustiano quant’altri mai: «Spirito degno di guardare in profondo, illimitatamente confidava in quel che è senza limiti». Nessuno mai fino a ieri gli ha potuto dire: non sei più padrone del tempo e dello spazio.
Forse solo il corpo gli aveva imposto dei vincoli. Ma anche qui dalle debolezze, dalle sofferenze e dalle malattie Berlusconi ha tratto energia, valore, primato. Ha sconfitto il cancro, ha fermato l’età, a un certo punto il dottor Scapagnini l’ha dichiarato tecnicamente immortale. La pretesa era buffa, ma fu accolta più o meno come quell’altra che per ben due volte ha cercato di renderlo invulnerabile, le-gibus solutus.
Come un giocoliere il Cavaliere maneggiava i simboli – e come un prestigiatore. Ed eccolo adesso con le stampelle, liftato nell’anima, nella mente e nel corpo.
Eppure ha parlato al congresso Usa. Ha assunto la Thatcher come consulente. Ha fatto attendere la Merkel, scandalizzato la regina d’Inghilterra; e Gheddafi gli ha insegnato il bunga bunga, e Putin gli ha regalato il lettone. E le donne, vabbè: gliele fornivano in quantità, belle e giovanissime, come prodotto energizzante. Una la fece ballare – o lo fece scrivere – come fosse la Boccassini.
Il suo mondo non gli ha solo voluto bene, l’ha adorato, con tanto di ricadute estatiche. Ha suonato il piano, ha composto canzonette, ha firmato prefazioni a Tommaso Moro e Machiavelli, ha pubblicato i libri dei nemici e prodotto i film di chi l’odiava. In tutti questi anni ha ottenuto, secondo l’estrema contabilità del Mattinale, 167 milioni di voti. E seppure c’è chi si arrabbia anche solo a sentirlo pensare, adesso Berlusconi fa addirittura pena – ma le storie di potere devono far pena, altrimenti non hanno nulla da insegnare.

La Repubblica 11.04.14