economia

“Precari e consumi preoccupano la Banca d’Italia”, di Stefano Lepri

«Non fatemi altre domande, parlerò il 29» ha detto ieri mattina Mario Draghi ai giornalisti. Ma stanno ormai prendendo forma le «considerazioni finali», per tradizione l’uscita in pubblico più importante del governatore; da pronunciare all’Assemblea della Banca d’Italia, quest’anno anticipata di due giorni perché il 31 maggio cade di domenica.
A prendere la parola sarà un personaggio il cui prestigio all’estero cresce, quotato a succedere a Jean-Claude Trichet alla guida della Bce nel 2011. Da quanto si riesce a capire, sarà un messaggio forte. Dirà che occorre una robusta indennità di disoccupazione anche per i precari; che sarebbe meglio andare in pensione più tardi; che i conti dello Stato sono messi in difficoltà dall’evasione fiscale in aumento.
Se si intravedano o no i primi segni della ripresa è questione che, nell’analisi della Banca d’Italia, ha un’importanza relativa. Draghi è stato uno dei primi ad annunciare – già il 21 febbraio – che la caduta della produzione rallentava. Ma il calo dei posti di lavoro si realizza sempre con ritardo. Per giunta all’uscita di questa crisi la ripresa sarà lenta; occorrerà tempo prima che le assunzioni ricomincino.
Preoccupano Draghi soprattutto i lavoratori precari i cui contratti scadono entro il 2009: ben tre milioni di persone, circa uno nel settore pubblico e due nel settore privato. Per questi due milioni, soprattutto ma non solo giovani, il rischio di perdere il posto è molto elevato. Avremo nel prossimo inverno un tasso di disoccupazione a due cifre (l’Ocse prevede 10,7% nel 2010, quasi quattro punti in più del 2008; il Fmi 10,5%).
Un numero così alto di senza lavoro può causare gravi danni a tutto il paese. La diminuzione dei consumi delle famiglie, dovuta alla disoccupazione, strozzerebbe la ripresa, potrebbe affondarci in un palude di stagnazione. Tanto più che il declino di competitività delle nostre imprese prosegue; pur se appare meno rapido dopo che l’Istat ha corretto errori nei suoi dati.
Draghi dunque suggerirà una riforma organica della protezione sociale, che copra l’insieme dei lavoratori, non solo una parte (la cassa integrazione spetta a un lavoratore su 4, più estensioni caso per caso). In prospettiva, si dovrebbe cancellare il precariato: Draghi è favorevole a un sistema di garanzie crescenti nel tempo, tipo il «contratto unico» sul quale si esercitano diversi economisti.
Sarà una riforma costosa. Ma viene a proposito che la Confindustria abbia riaperto il discorso sulla previdenza; e forse la crisi potrebbe convincere i sindacati a un do ut des. Il governatore confermerà che solo elevando l’età effettiva di pensione si potrà ridurre il peso che grava sulla finanza pubblica. Tanto più che i conti dello Stato nel 2009 non stanno andando molto bene.
Con un debito pubblico tanto pesante, la Banca d’Italia ha lodato la scelta del governo di non prendere misure anticrisi che aumentassero il deficit. Però ora il deficit si sta allargando lo stesso per un crollo delle entrate fiscali, più ampio di quanto giustificato dal calo degli affari. Aumenta l’evasione, come rimedio anticrisi spontaneo di chi a evadere riesce, suggerito anche da molti commercialisti sicuri che prima o poi ci sarà un condono.

da La Stampa