Giorno: 1 Novembre 2009

«Se lo Stato tradisce», di Luigi Manconi

A pochi giorni appena dalla deflagrazione mediatica della vicenda di Stefano Cucchi, già si colgono gli elementi di una controffensiva, tesa a far calare la nebbia su quel tragico fatto. Segnalo tre elementi: 1. Si tenta di sfregiare l’identità di Stefano Cucchi, di alterarne la figura che, da quella di vittima innocente, rischia di essere proposta come quella di chi un po’, almeno un po’, «se l’è voluta». È una procedura classica di tutti gli apparati autoritari: la vittima va trasformata in colpevole (della propria disgrazia o di disgrazia altrui) o, per lo meno, in correo della propria sorte infelice. La vita fragile di Stefano Cucchi si presta alla bisogna, offrendosi in difesa al truce maramaldeggiare di tutti i mascalzoni: è stato tossicomane, è epilettico, gli trovano addosso della marijuana e qualche grammo di coca. Ora si dice che fosse sieropositivo. Non lo era, e seppure lo fosse stato? Questa condizione inerme che gli avrebbe dovuto assicurare una tutela più attenta viene tradotta in una forma di attenuante per chi lo ha custodito senza garantirne …

«Ma su quei processi calerà la scure della prescrizione», di S. Mar.

L’affermazione di Berlusconi su sue mancate dimissioni in caso di condanna, rischia seriamente di trasformarsi in un periodo ipotetico dell’irrealtà. Perché certo, bocciato il Lodo Alfano, ricominceranno i suoi due processi milanesi ma i tempi porteranno facilmente alla prescrizione. Pur escludendo anche eventuali cambiamenti normativi – la ventilata idea di rendere Roma unica sede dei processi per le alte cariche dello stato, ad esempio – che renderebbero fin da subito inutili le udienze residue. Il processo più importante, e anche più «scomodo», è quello che lo vede imputato per corruzione in atti giudiziari: accusato di aver versato 600mila dollari all’avvocato inglese David Mills affinché, come testimone, dichiarasse il falso in due vecchi processi, ormai definitivamente conclusi (All Iberian e corruzione nella Guardia di Finanza). E già in due gradi di giudizio Mills – coimputato con lui finché proprio il Lodo Alfano non aveva escluso il premier – è stato giudicato colpevole e condannato a 4 anni e 6 mesi. I giudici di primo grado scrissero nelle loro motivazioni che l’avvocato «agì da falso testimone per …

“E un elettore pd su cinque chiede più scelte di centro”, di Renato Mannheimer

Terminate le primarie per la elezione del segretario del partito, Bersani deve affrontare il difficile impegno del rinnovamento e del rilancio del Pd. Si tratta di ridare fiducia e credibilità alla più importante forza del centrosinistra, anche da parte del suo stesso elettorato. Il consenso per l’opposizione in generale — e per il Pd in particolare — mostra infatti alcuni aspetti di criticità. Questi ultimi non riguardano tanto il supporto elettorale potenziale, quanto il giudizio sull’operato e sulle posizioni concretamente prese di fronte ai diversi problemi. Sul piano delle intenzioni di voto, infatti, il Pd è apparso recuperare in queste settimane molto del terreno perduto negli ultimi mesi, e avvicinarsi fortemente — anche grazie alla mobilitazione delle primarie — ai livelli ottenuti in occasione delle consultazioni politiche dell’aprile 2008. Tuttavia, questa notevole crescita di voti virtuali pare più determinata dall’ostilità crescente dell’elettorato di opposizione nei confronti di Berlusconi (e da un conseguente accrescersi del sentimento di identità) che da un’ approvazione per le iniziative dell’ opposizione. In altre parole, l’incremento di voti per il Pd …

«Camminiamo ancora sul fondo del catino», di Romano Prodi

Ogni volta che escono i dati sulla disoccupazione, essi vengono accolti con allarme e sorpresa. L’allarme è pienamente giustificato perché le statistiche che riguardano il lavoro sono quasi ovunque cattive. Vanno male negli Stati Uniti dove la disoccupazione non tende a diminuire e le previsioni più accreditate ci dicono che essa si manterrà sopra al 9% non solo negli ultimi mesi di quest’anno, ma per tutto l’anno prossimo. Eppure in questi stessi giorni il presidente Obama ha potuto con soddisfazione dichiarare che il suo programma di stimolo all’economia aveva “creato o salvato” 640 mila posti di lavoro. È a questo proposito interessante osservare che la maggioranza di questi posti “creati o salvati” non riguarda il mondo produttivo in senso stretto. Metà di questi posti sono nel settore dell’istruzione e il 12 % nell’edilizia, soprattutto come effetto di una azione governativa nel campo dei lavori pubblici. Anche se la situazione italiana è diversa da quella americana, sarà certo utile riflettere su questi dati, soprattutto per quanto riguarda l’attenzione dedicata all’istruzione. L’occupazione va male anche in Europa …

“Vent’anni dopo piccoli muri crescono”, di Ilvo Diamanti

Muri virtuali e muri fisici,sempre più dividono, tagliano, segregano, rinchiudono.Distruggono. Mancano pochi giorni all’anniversario della caduta del muro di Berlino. Ma, vent’anni dopo, l’entusiasmo non è più lo stesso. Anche se il 1989 ha segnato il nostro tempo. Perché quel muro marcava una divisione al tempo stesso geopolitica, economica, ideologica. Fra sistemi democratici e regimi comunisti, liberismo e dirigismo. Fra mercato e statalismo. La sua caduta ha prodotto effetti violenti. Anche da noi. In Italia. Il regime più socialista dell’Occidente. Visto l’intreccio fra economia, politica e stato. Il muro, in Italia, è crollato qualche anno dopo. Nel 1992. Ha seppellito la prima Repubblica. Il partito comunista più importante dell’Occidente costretto a cambiar nome, pelle e identità. I partiti di governo, spazzati via da Tangentopoli, ma anche dalla fine della rendita di posizione garantita dall’anticomunismo. Vent’anni dopo la caduta del muro di Berlino, quindici anni dopo il crollo della prima Repubblica, l’emozione si è un po’ raffreddata. Non solo per effetto del tempo, della routine. È l’impressione che altri muri siano sorti al loro posto. Alcuni, …

“America terra desolata”, di Barbara Spinelli

C’è allarme, da qualche tempo, su Obama e il suo cambiamento. Aumentano gli scontenti, specie nella sua base. Crescono campagne d’odio, in un partito repubblicano divenuto semi-fascista. Si moltiplicano le accuse di scarsa fermezza, sveltezza. Il cambiamento promesso il giorno dell’elezione, il 4 novembre 2008, ancora non si vede del tutto. Spesso pare smentito: su sicurezza e libertà, il Presidente è sospettato di proseguire, intimidito, alcuni costumi di Bush. Ciascuna di queste accuse ha una sua ragion d’essere. Ma tutte sembrano come cieche, incapaci di vedere la profondità della crisi americana e la tenace volontà con cui il Presidente l’affronta, non schivando pericoli e ostacoli ma andando ogni volta lì dove le loro radici sono più potenti, per studiarle e smontarle. Quel che i critici non vedono è al tempo stesso la forza delle resistenze al cambiamento, i mali troppo antichi per esser sveltamente sanati, e il mutamento già avvenuto del clima mondiale. È come fossero impermeabili alla pedagogia della verità inaugurata da Obama sin dal primo giorno: «La strada è lunga e ripida, disseminata …