“Due gradi in più? Le cose stanno peggio”. Secondo i climatologi la soglia proposta dai governi è già superata nei fatti. «Sarebbe bello, ci metterei dieci firme, non una. Peccato sia irrealistico: i 2 gradi sono un traguardo che non è più alla nostra portata. Dirlo è un atto di onestà. Così come è un atto di onestà aggiungere che se non ci muoviamo subito, se non chiudiamo nel giro di pochissimi anni il rubinetto dei gas serra, non riusciremo neppure a fermarci a 3 gradi». Rank Raes, capo dell´Unità cambiamenti climatici del Centro di ricerca della Commissione europea, esprime ad alta voce quello che i migliori climatologi del mondo – da Stephen Schneider della Stanford University a Jason Lowe del Met Office – stanno raccontando a Copenaghen nelle riunioni parallele al negoziato dei governi.
Nella bozza di accordo finale resa pubblica ieri, l´obbiettivo di fermare il riscaldamento globale a 2 gradi in più viene sventolato come una bandiera. È il vessillo che dovrebbe indurre i Paesi a tagli nelle emissioni di gas serra che vanno dal 50 al 90 per cento entro il 2050. Ma per gli scienziati non c´è rapporto tra i tempi della politica e i tempi della biosfera: con gli obiettivi oggi sul tappeto i 2 gradi restano un miraggio.
Ecco il ragionamento dei climatologi.
Primo punto. Calcolando solo l´effetto dei gas serra già in atmosfera, si deve mettere in conto un aumento di temperatura di circa mezzo grado nei prossimi decenni.
Secondo punto. Attivare l´economia virtuosa significa ripulire il cielo dallo smog. Il che farà benissimo ai nostri polmoni, ma eliminerà l´”effetto schermo” delle radiazioni solari che oggi maschera il reale aumento di temperatura: è circa un altro grado che va aggiunto.
Terzo punto. Calcolando che c´è già stato un aumento di più 0.8 gradi rispetto all´era preindustriale (i 2 gradi hanno come punto di riferimento quel periodo) e che un aumento attorno a 1,5 gradi per le ragioni precedenti è inevitabile, la barriera dei 2 gradi risulta già sfondata.
Ma è ragionevole l´ipotesi di attestarsi appena sopra i 2 gradi? «È tecnicamente fattibile ma richiederebbe una volontà politica di cui oggi non si scorge traccia: dovremmo tagliare in maniera draconiana tutte le emissioni di gas serra e azzerare la deforestazione», continua Raes. «Uno scenario già considerato buono invece è un taglio robusto delle emissioni dei Paesi industrializzati e una crescita ridotta delle emissioni dei Paesi in via di sviluppo. Ma anche così i gas serra continueranno a crescere ed è molto difficile che si fermeranno prima che si raggiunga un aumento medio di 3 gradi. Poi, dopo qualche decennio, quando il motore della nuova economia avrà ingranato, le emissioni scenderanno».
Peccato che la natura non risponda con la stessa velocità della Borsa. «Andiamo incontro a perdite di ghiaccio molto importanti, in particolare in aree come la Groenlandia», ha ricordato Jasan Lowe, del Met Office. «È un cambiamento profondo che rafforzerà il processo di riscaldamento e innalzerà il livello del mare. Non possiamo pensare che, dopo aver superato il picco delle emissioni, quando finalmente riusciremo a riportare la concentrazione di CO2 in atmosfera a valori accettabili, tutto tornerà come prima: ci vorranno secoli e secoli».
Ma che significa in pratica un aumento medio di 3 gradi? In alcune aree e in alcuni periodi la temperatura salirà in maniera molto più consistente. Nelle aree artiche si prevede una crescita almeno doppia e soffriranno vaste zone come l´Africa e il Mediterraneo. Vuol dire che episodi come le ondate di caldo dell´estate 2003 (70 mila morti aggiuntivi stimati dall´Oms in Europa) diventeranno frequenti.
«Eppure ridurre in tempi brevissimi le emissioni è possibile», osserva Stefano Caserini, il docente al Politecnico di Milano che ha appena pubblicato Guida alle leggende sul clima che cambia. «Ma se reagiremo con troppa lentezza non potremo più limitarci a non inquinare. Dovremo immaginare anche il ricorso a misure che oggi appaiono fantascientifiche. Potremmo far crescere le piante, bruciarle per produrre energia e poi seppellire la CO2. Cioè riportare il carbonio in profondità, dove è restato per milioni di anni sotto forma di petrolio».
La Repubblica 12.12.09
Pubblicato il 12 Dicembre 2009