Giorno: 25 Aprile 2010

"Papà Cervi e la giacca di Parri", di Goffredo Fofi

Ritorna, stavolta nei Tascabili Einaudi, la storia di I miei sette figli raccontata tramite altri da Alcide Cervi, il vecchio contadino emiliano che vide i figli trucidati dai repubblichini perché antifascisti, perché oppositori, perché resistenti. Queste memorie hanno una storia singolare, in qualche modo “sovietica”, ispirata da alcuni articoli del giovane giornalista comunista Italo Calvino, che aveva scritto da poco le sue memorie partigiane in un esordio letterario singolare perché a cavallo tra realtà e fiaba, Il sentiero dei nidi di ragno. Calvino visitò più di una volta la casa dei Cervi, dove il vecchio Alcide aveva ripreso con la moglie Genoeffa, dopo il lutto, a guidare una famiglia di nuore e di nipoti bambini o adolescenti. Sulla storia dei Cervi, coronata da medaglie al valore, esaltata dal presidente De Nicola e da Piero Calamandrei, il Partito comunista pensò di costruire una narrazione esemplare che Togliatti indirizzò secondo le linee del partito di allora: recupero di una tradizione nazionale, per una forte vicenda che esaltasse la Resistenza come base su cui costruire la nuova Italia. …

"Quel vergognoso commercio di Predappio", di Maurizio Viroli

L’opinione pubblica deve sapere, in occasione della Festa della Liberazione, che a Predappio è fiorente da anni il commercio, alla luce del sole, di materiali di vario genere che esaltano la figura di Mussolini e il regime fascista. Sulla via principale del paese si possono acquistare busti ed effigi del duce di ogni foggia e colore, una ricchissima selezione di magliette con slogan del ventennio e ammirare divise originali della milizia fascista e bandiere, anch’esse originali, della Repubblica Sociale Italiana. Non mancano neppure i prodotti per bambini quali felpe e tovagliette con motti truculenti, naturalmente per la gioia e l’orgoglio dei genitori. La storia va avanti da tempo, come ha documentato Alberto Papuzzi in un’inchiesta che «La Stampa» ha pubblicato anni fa. Da allora il commercio fascista è diventato più fiorente, almeno a giudicare dal numero dei clienti che affollano i negozi in questa vigilia del 25 aprile. Eppure pare proprio che nessuno si preoccupi degli evidenti effetti diseducativi nei confronti di una popolazione sempre più povera culturalmente che non sa più, o non ha …

"Il significato di una festa", di Sergio Romano

Mentre onoriamo il 25 Aprile dovremmo chiederci perché questa giornata sia stata spesso faticosamente festeggiata e abbia diviso gli italiani piuttosto che unirli. Se vogliamo che la data diventi davvero nazionale, dovremmo parlarne con franchezza e senza infingimenti retorici. In primo luogo il 25 Aprile segna la fine di una guerra civile, vale a dire la conclusione di una vicenda in cui parole come patria e onore hanno avuto per molti italiani significati diversi. Sappiamo che i fascisti di Salò sbagliarono, ma non possiamo ignorare che erano anch’essi italiani e che molti fecero la loro scelta in buona fede. Era difficile immaginare che il 25 Aprile potesse venire festeggiato con lo stesso entusiasmo e la stessa partecipazione da chi aveva militato in campi diversi. In secondo luogo il Partito comunista si attribuì il merito della vittoria e divenne il maggiore e più interessato regista delle celebrazioni. Eravamo — è bene ricordarlo — negli anni della guerra fredda, quando il Pci, pur essendo alquanto diverso da quello dell’Urss, ne era pur sempre il «fratello » e …

"Il 25 aprile è Festa della Liberazione e della riunificazione d’Italia". Il discorso del Presidente Giorgio Napolitano

Signora Sindaco, Signor Presidente della Provincia, Signor Presidente della Regione, Signori rappresentanti del Comitato Antifascista e di tutte le associazioni partigiane e combattentistiche, Signor Presidente del Consiglio, Onorevoli parlamentari, Autorità, cittadini di Milano, si può facilmente comprendere con quale animo io abbia accolto l’invito a celebrare a Milano il 65° anniversario della Liberazione. Con animo grato, per la speciale occasione che mi veniva offerta, con viva emozione e con grande rispetto per quel che Milano ha rappresentato in una stagione drammatica, in una fase cruciale della storia d’Italia. E tanto più forte è l’emozione nel rivolgere questo mio discorso al paese dal palcoscenico del glorioso Teatro La Scala, che seppe risollevarsi dai colpi distruttivi della guerra per divenire espressione e simbolo, nel mondo intero, della grande tradizione musicale e culturale italiana. Si, viva e sincera è la mia emozione perché fu Milano che assunse la guida politica e militare della Resistenza. Nel gennaio del 1944, il Comitato di Liberazione Nazionale lombardo venne investito dal CLN di Roma – nella prospettiva di una non lontana liberazione …

"La memoria si è fermata a Fossoli", di Maria Grazia Gerina

E all’alba i fili spinati erano pieni di biancheria infantile stesa al vento ad asciugare». Fossoli 22 febbraio 1944 data l’istantanea dell’orrore scattata da Primo Levi, un attimo prima di salire con gli altri 600 internati sul convoglio che li porterà ad Auschwitz. Sembra di vederli ancora quei pannicelli chiari che sventolano per la campagna emiliana trasformata in universo concentrazionario. Mentre si spegne il lamento che le donne tripoline avevano intonato per l’intera notte. C’era voluta la bonifica, subito dopo la Grande guerra, per strappare quelle zolle alle paludi, evento celebrato nel giugno del ’22 con tanto di visita del re. Ma, dopo la nascita della Repubblica di Salò, nel giro di poche settimane quel fazzoletto di terra nel modenese era diventato il principale campo di transito per ebrei, partigiani, prigionieri politici, operai da deportare negli altri campi di concentramento e di sterminio del Reich. Scelto per la posizione isolata e per la ferrovia che dalla vicina cittadina di Carpi puntava verso il Brennero. «Ecco che superiamo Verona, Trento, Bolzano. Ecco il Brennero: noi guardiamo …

«Ciao 'Bella Ciao'!», di Manuela Ghizzoni*

«Una mattina mi son svegliato e ho trovato l’invasor. O partigiano, portami via, ché mi sento di morir. E se io muoio da partigiano, tu mi devi seppellir. E seppellire lassù in montagna, sotto l’ombra di un bel fior. E le genti che passeranno mi diranno «Che bel fior!» «È questo il fiore del partigiano morto per la libertà!» O bella, ciao! bella, ciao! bella, ciao, ciao, ciao!»   “Bella ciao” è l’inno più celebre della Resistenza. Un testo tanto semplice quanto potente, che parla di dignità e di libertà dall’oppressore, non invoca odio e tantomeno menvedetta e, forse, è per questo motivo che qualche Sindaco ritiene non possa essere cantato e suonato nel giorno della Festa della Liberazione. Da tempo assistiamo a provocazioni di questo tipo che ci indignano e che offendono la memoria delle vittime del nazifascismo, perché banalizzano la data del 25 aprile, in quanto la considerano priva di significato o, nel peggiore dei casi, la ritengono patrimonio esclusivo di una sola parte politica, così da delegittimarne la Costituzione che ne è …