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"Allarme rosso per l'editoria. Il governo strangola oltre 90 testate", di Roberto Monforte

Siamo oltre all’allarme rosso. Senza certezze sul finanziamento pubblico, senza una legge di riforma e senza quel regolamento annunciato da oltre due anni, il destino di tante testate di idee, politiche e non profit è segnato: la chiusura. Tutti gli impegni assunti sin qui dal governo sono stati disattesi. Sono oltre 90 quelle che, senza fatti nuovi, rischiano di non superare il prossimo 31 dicembre. E sono 4-5mila i lavoratori, che rischiano il posto di lavoro, con un danno incommensurabile al pluralismo dell’informazione. È un vero e proprio allarme democratico, come per la «legge bavaglio », quello lanciato ieri al Senato dalla Fnsi, da Mediacoop, dall’Associazione Articolo 21, dai cdr dei giornali di idee e politici, dalla Cgil. La situazione si fa veramente critica per testate come Liberazione, Il Manifesto, Europa, la Padania, il Secolo d’Italia, Europa, la stessa Unità.

LA LUNGA SERIE DI TAGLI È stato il presidente onorario di Mediacoop, Lelio Grassucci a richiamare nella sua drammaticità la situazione. Lo scorso31marzo vi è stato l’abolizione delle tariffe postali agevolate. Quindi il taglio del50% al contributo per i giornali italiani all’estero e la cancellazione di quello per l’emittenza locale. L’abolizione del diritto soggettivo e il taglio del 50% al Fondo per l’editoria. Per il 2010 sono disponibili soltanto 195 milioni di euro a fronte dei 414 milioni del consuntivo 2008, che dovranno coprire anche i 50 milioni destinati al contratto di servizio Rai e i 46 milioni di arretrati alle Poste. Il governo è più che inadempiente. Si assuma le proprie responsabilità dando seguito ai numerosi richiami «bipartisan» del Parlamento: lo ha affermato il segretario di Federstampa, Franco Siddi. «L’informazione è sotto tiro da più parti – denuncia -. Ci sono tagli assurdi, ingiustificati e ingiustificabili ». E cita le manovre in atto per le agenzie a partire dall’Ansa: «Con la riduzione delle convenzioni ad annuali, rischiano di finire in mano a chi ha il potere» afferma. Ricorda come la Fnsi abbia chiesto «pulizia e trasparenza» nella gestione dei contributi e «regole certe». Che bisogna intervenire e in fretta lo sottolineano i parlamentari presenti, dal leghista Mura a Lusetti (Udc), a Vita, Lusi e Merlo, tutti del Pd.Chiamano in causa il sottosegretario alla presidenza del Consiglio, Bonaiuti e il neo ministro per lo sviluppo economico, Paolo Romani. «Il nuovo ministro dimostri di non essere solo il ministro della tv e del conflitto d’interesse – incalza il portavoce di Articolo 21 Giulietti -. Dimostri di non essere il guardiano di una sola azienda. Usi anche solo un centesimo della passione usata per la difesa di Retequattro e la questione Sky per difendere l’editoria». Vita chiede al ministro un’asta competitiva per l’assegnazione delle frequenze digitali con cui finanziare il Fondo per l’editoria. Grassucci suggerisce di equiparare l’Iva di tutti i gadget venduti nelle edicole. Fammoni (Cgil) sollecita la convocazione «dal basso» e «prima che sia troppo tardi» di quegli stati generali dell’editoria promessi e sempre rinviati da Bonaiuti.

L’Unità 06.10.10

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“Quello strano silenzio sull’editoria”, di Gabriella Monteleone

Ci si costringe a pensare male. Non c’è alcun settore, come quello dell’editoria, sul quale si registra una pressoché unanime convergenza parlamentare e politica. Ammetterete che di questi tempi è merce rara, ma non sufficiente per evitare che il governo continui ad infierire attuando solo tagli. Mozioni e ordini del giorno approvati all’unanimità nelle commissioni competenti e in aula a sostegno del fondo per l’editoria non sono state rispettate. Sappiamo bene che la crisi economica impone a tutti uno sforzo ma il pluralismo dell’informazione non è un bene “disponibile”. A un bene di interesse pubblico qual è l’informazione non si può applicare una «politica tecnocratica di bilancio».
Soprattutto se alle proposte concrete di risparmio e trasparenza avanzate da parte dei vari rappresentanti di categoria si sono opposti solo silenzi, interrotti qua e là da ripetute promesse puntualmente disattese: che fine ha fatto il regolamento dell’editoria, sottosegretario Bonaiuti? E gli annunciati Stati generali? In compenso per il 2010 è stato soppresso il diritto soggettivo ai contributi così come le tariffe postali agevolate e il fondo all’editoria, per il 2010, in Finanziaria sono destinati solo 195 milioni di euro (meno della metà dei 414 previsti nel 2008). E di questi ben poco resterà per i contributi diretti.
Ma ora l’allarme rosso per l’editoria cooperativa, non profit e di partito è «assoluto» come ha detto ieri il segretario della Fnsi Siddi: entro il 31 dicembre rischiano di chiudere 92 testate, anche storiche, e la conseguente perdita di oltre 4mila posti di lavoro tra giornalisti e poligrafici. Dietro i numeri ci sono persone, famiglie. Ed eventuali costi sociali per gli ammortizzatori che non viene mai calcolato prima. Siamo allo «strangolamento» hanno denunciato ieri Siddi, Articolo 21, Mediacoop, il Comitato per la libertà d’informazione e il pluralismo, Lusi, Vita e Merlo per il Pd; Lusetti per l’Udc, Mura per la Lega (Butti del Pdl ha avuto un contrattempo). Siamo arrivati al redde rationem: per evitare la decimazione del sistema informativo – ed essere così obbligati a pensare male – vanno reperite le risorse necessarie per il prossimo biennio appostando in Finanziaria i 70 milioni di cui all’articolo 56 comma 2 della legge n. 99 del 2009. Il pragmatico Lusi non ci gira intorno e chiama in causa la Lega: la proposta emendativa «che ha capacità finanziaria perché i soldi ci sono» va inserita ora nelle commissioni bilancio o non c’è storia. Mura non si sottrae: «Le istanze del settore editoria avranno tutto il nostro appoggio perché questo non è interesse di parte ma pubblico». Ora aspettiamo i fatti.
Sperando che anche il neoministro dello sviluppo, Romani, batta un colpo e dimostri interesse oltre le televisioni.

da Europa Quotidiano 06.10.10