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"Via l´Irap, addizionali Irpef più alte così il federalismo rivoluziona le tasse", di Roberto Petrini

Rinvio sulla “fetta” di Irpef che l´Erario cederà. Niente maggiorazioni sui redditi bassi. Sanità, più morbidi del previsto i criteri per calcolare il fabbisogno standard.
Costi standard per le prestazioni sanitarie, ampia autonomia fiscale alle Regioni che potranno arrivare ad azzerare l´Irap (l´imposta sulle attività produttive che oggi pesa il 3,95 per cento) ma avranno anche in mano la possibilità di aumentare le micidiali addizionali Irpef con una scalettatura che va dallo 0,5 per cento nel 2013 al 2,1 nel 2015 (comunque meno del testo entrato nei giorni scorsi che fissava il tetto massimo al 3 per cento). Tra le altre novità: un parte dell´accisa sulla benzina che passa alle Province e un fondo di solidarietà tra Regioni povere e ricche, finanziato con l´Iva, che garantirà trasporti e assistenza.
La «grandissima riforma a bassa tensione» annunciata ieri da Tremonti segna una decisa accelerazione del federalismo fiscale che potrebbe arrivare al traguardo entro marzo 2011. Oggi il consiglio dei ministri varerà un solo provvedimento che comprende fisco regionale, costi sanitari standard e federalismo provinciale. L´accordo con le Regioni prevedeva il varo di tre decreti separati e l´improvviso colpo di gas ha provocato la protesta del presidente della Conferenza delle Regioni Vasco Errani, esponente del Pd: «La corsa contro il tempo può provocare danni, il federalismo che vogliamo è una cosa seria che non possiamo realizzare attraverso forzature». Critico anche Roberto Formigoni, governatore della Lombardia ed esponente del Pdl: «Sui costi standard non c´è stato nessun confronto e questo crea certamente una difficoltà».
Il provvedimento è già frutto di limature e ritocchi rispetto alle precedenti versioni più radicali di impronta leghista. I fabbisogni standard (cioè i tetti di spesa per le prestazioni sanitarie) non saranno più desunti dalla media della spesa delle tre regioni con bilancio sanitario in pareggio. Il metodo sarà più morbido: si dovranno valutare anche «qualità» (ad esempio la soddisfazione dei cittadini), «l´efficienza» (il costo medio dei ricoveri) e l´appropriatezza (ovvero l´efficacia delle cure, dimostrata, ad esempio, dalla scarsa presenza di ripetuti ricoveri dello stesso paziente). Inoltre a far media saranno tre regioni scelte «politicamente» tra le cinque migliori: si parla di Lombardia, Toscana, Marche, Veneto ed Emilia Romagna, ma non è escluso che entri una regione del Sud come la Basilicata.
Anche sul fisco regionale sono da registrare un paio di marce indietro: la più importante è la rinuncia ad indicare la quota di partecipazione Irpef che sarà devoluta alle Regioni. Oggi la fonte di finanziamento principale delle Regioni è il 44,7 per cento dell´Iva, ci si aspettava (anche in base alle richieste di Bossi) che scendesse al 25 e venisse compensata con un più ampio gettito Irpef. Il testo invece rimanda a successive decisioni.
Si riduce anche la temibile addizionale Irpef del 3 per cento che lo Stato avrebbe consegnato subito alle Regioni: i governatori potranno mettere mano a questi aggravi solo in modo graduale con un tetto dello 0,5 nel 2013, dell´1,1 per cento nel 2014 e del 2,1 nel 2015. Attenzione, però, per evitare squilibri è prevista una norma per cui chi aumenta l´Irpef più dello 0,5 per cento non può ridurre l´Irap, né tantomeno azzerarla. Nessun governatore potrà ingraziarsi imprenditori e professionisti a scapito del lavoro dipendente. Dagli aumenti delle addizionali saranno esentati i primi due scaglioni di reddito, i più bassi.
Il cammino del federalismo è tuttavia appeso ai difficili equilibri parlamentari. Nella commissione bicamerale per il federalismo fiscale, dove devono passare tutti i decreti, il finiano Mario Baldassarri è determinante (sui 15 componenti di maggioranza è l´unico di Fli e l´opposizione conta su 15 membri). Ieri Baldassarri ha rilasciato una polemica intervista al Mattino denunciando la confusione e la poca omogeneità dei bilanci comunali e chiedendo di fatto tempi più lunghi.

La Repubblica 07.10.10