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Una vera riforma dell’Università: gli errori del governo, le proposte del PD

L’università italiana ha bisogno di norme e risorse che la rendano più moderna e capace di favorire una crescita sociale e dell’economia fondate sulla conoscenza, sull’innovazione e la mobilità sociale degli studenti.
Un sistema universitario di qualità, con docenti motivati e selezionati in base al merito; con Atenei autonomi, responsabili, valutati in base ai loro risultati.
Il DDL Gelmini non corrisponde a nessuno di questi obiettivi: questa è la ragione della nostra opposizione. Non stiamo affrontando il confronto parlamentare con la logica del “tanto peggio tanto meglio”, ma con le nostre proposte, che hanno un obiettivo chiaro: consentire all’università italiana di fare un deciso passo in avanti, mentre il progetto del governo vorrebbe certificare definitivamente il suo impoverimento e il suo arretramento, riportandola indietro di decenni ad una gestione centralistica della burocrazia ministeriale, del tutto inefficace e fuori dalla storia.

In questi mesi il tema della riforma dell’università è passato sottotraccia nel dibattito pubblico, con la colpevole complicità di molti: crediamo che la parte più coraggiosa del mondo accademico, a partire dai ricercatori strutturati e precari, abbia avuto il grande merito di porre un problema che non riguarda il destino di una specifica categoria, ma la qualità della nostra università. Ora spetta al Parlamento non perdere questa opportunità e cambiare radicalmente il provvedimento.

Le nostre proposte

1. Un sistema universitario più efficiente
Gli Atenei devono essere autonomi e responsabili delle loro scelte, attraverso la valutazione. Il sistema universitario deve essere governato da regole chiare per l’attribuzione delle risorse e per la coesione territoriale.
Il DDL Gelmini fa il contrario: centralismo ministeriale in tutte le scelte degli Atenei, arbitrio del governo nell’attribuzione delle risorse e nella concessione di deroghe alle regole.
Il PD propone:
· Almeno il 50% delle risorse agli Atenei assegnato con la valutazione di ricerca e didattica, in base alle scelte degli studenti e alle conoscenze acquisite nel corso degli studi
· Fondi pubblici per la ricerca assegnati in modo trasparente e meritocratico attraverso il criterio della valutazione tra pari (grazie a una proposta del PD già approvata)
· Semplificazione delle norme e libertà di organizzazione per gli atenei
· Criteri trasparenti e programmazione per gli accordi di programma tra Ministero e Atenei

2. Ricercatori e docenti
L’università italiana ha bisogno di più ricercatori, e di consentire a molti più giovani di laurearsi. Selezionare docenti di qualità è fondamentale per la ricerca e per la trasmissione del sapere: per questo è necessario che i percorsi di accesso siano fondati su regole chiare, e che la carriera sia fondata sul merito.
Il DDL Gelmini fa il contrario: diminuisce il numero dei docenti di ruolo, aumenta il precariato, affidando l’ingresso nella carriera accademica a un percorso lunghissimo e incerto. Così i più bravi non resteranno nell’università, con una perdita di un enorme capitale umano.
Il PD propone:
· Per il pre-ruolo: NO al precariato, SI’ al Contratto Unico Formativo di Ricerca per tutti i rapporti di lavoro, che sostituisce tutte le figure non di ruolo della ricerca (borsisti, assegnisti, post-doc, co.co.co., etc.), con durata massima complessiva di 4 anni, compenso e tutele sociali e previdenziali certe
· Per i ricercatori a tempo determinato in percorso di ruolo (tenure track), tre anni rinnovabili una sola volta, con accantonamento del budget per la chiamata fin dalla stipula del primo contratto triennale
· Ruolo unico dei docenti universitari articolato in due livelli (tre nel periodo transitorio di sei anni), con eguali diritti e doveri accademici, ad eccezione della possibilità di elezione a rettore, riservata ai professori del primo livello
· Forte ricambio generazionale nelle università: età di pensionamento negli standard europei (65 anni, con permanenza in ruolo fino ai 40 anni di anzianità contributiva); per gli over-65 comunque possibilità di svolgere attività didattica e di ricerca; tutte le risorse dovranno essere impiegate integralmente per l’assunzione di nuovi docenti
· Piano straordinario di investimenti per consentire l’attivazione di oltre 15.000 posizioni di professore (nei prossimi 6 anni), accesso con procedure di selezione fondate sul merito, con quote riservate per gli attuali ricercatori e spazi per i non strutturati.
· Eliminazione dei vincoli del 50% al turn-over, con spazi per nuovi ricercatori a tempo determinato e professori.

3. Le risorse per l’università e gli studenti
L’Italia è al fanalino di coda tra i paesi europei per investimenti in università, per i quali spende poco più della metà della media (0,9% del PIL prima dei tagli del 2008, contro una media OCSE dell’1,5%). I principali paesi europei, dalla Francia alla Germania, per uscire dalla crisi hanno programmato nuovi investimenti per miliardi di euro.
IL DDL Gelmini fa il contrario: rende definitivi i tagli del 2008, che sottraggono all’università il 20% delle sue risorse. La conseguenza è inevitabile: un sistema universitario più asfittico e l’abbandono degli investimenti in ricerca da parte del nostro Paese.
Il PD propone:
· Ripristino, nella legge di riforma dell’università, delle risorse tagliate dal 2008 ad oggi e investimenti per raggiungere, entro il 2020, la media europea
· Finanziamento del Fondo per il merito degli studenti, che il DDL Gelmini lascia incredibilmente privo di risorse, con 10.000 Borse nazionali di merito all’anno da 10.000 euro ciascuna per il sostegno agli studenti meno abbienti e meritevoli

da www.partitodemocratico.it