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«Milano 2015, odissea nell´Expo viaggio nel grande sacco dei privati», di Alessia Gallione e Andrea Montanari

Dopo il 2015 su quelle aree una speculazione immobiliare da 400 milioni di euro. Fondazione Fiera e Cabassi cedono in comodato d´uso i terreni su cui si terrà l´evento

MILANO – La foto di gruppo è quella del 31 marzo del 2008 e Letizia Moratti la conserva ancora nel suo ufficio a Palazzo Marino. Tutti sorridenti, in quell´istantanea che immortala la vittoria di “squadra” bipartisan di Milano sulla rivale Smirne: il sindaco, Roberto Formigoni, l´allora presidente della Provincia del Pd Filippo Penati, il premier Romano Prodi. Un´era geologica fa. Perché da allora sono passati 927 giorni. Il “grande evento” del 2015 aspetta ancora di partire e dopo mesi di scontri e impasse, soltanto ieri è stato sciolto quello che avrebbe dovuto essere il primo dei nodi: la disponibilità dei terreni (privati) su cui sorgeranno i padiglioni di Expo. Un accordo in extremis raggiunto a cinque giorni dall´esame – martedì 19 – di fronte al Bureau International di Parigi, che aveva dettato un ultimatum in vista della registrazione ufficiale. Ma a cui tutti, a cominciare dai protagonisti del centrodestra, sono arrivati divisi.
La strada è segnata: i proprietari di quei terreni, Fondazione Fiera e gruppo Cabassi, hanno risposto positivamente alla richiesta della Moratti che, per presentarsi con qualcosa in mano a Parigi aveva chiesto «l´immediata e incondizionata disponibilità delle aree». «Un accordo un po´ sofferto, ma sulla scelta più idonea – ha commentato il presidente di Fondazione Fiera Gianpiero Cantoni – Non siamo né speculatori né interessati a operare se non in grandissima trasparenza».
Ma in quel gran gioco dell´oca che è diventato Expo, siamo tornati alla casella di partenza: il destino di quel milione di metri quadrati alla periferia Nord-Ovest della città era già stato scritto nel 2007. Un pezzo di niente, sulla carta terra agricola o con destinazioni industriali o artigianali, su cui caleranno però investimenti pubblici per più di un miliardo (oltre ai 10 per strade e metropolitane) rendendo appetibile quel triangolo stretto tra autostrade e ferrovie. È allora che fu abbozzato con Fondazione Fiera (proprietaria di 520mila metri quadrati) e il gruppo Cabassi (260mila) l´accordo finalmente approvato ieri: un comodato d´uso con diritto di superficie. Con la possibilità di costruire, 18 mesi dopo l´Expo, oltre 400mila metri quadrati di nuove case, uffici e negozi concentrati su metà dell´area (340mila metri quadrati), mentre l´altra metà resterà pubblica. L´indice di edificabilità è dello 0,52, in realtà raddoppia visto che si dovranno concentrare le volumetrie, facendo nascere palazzi da 14-18 piani. Un nuovo quartiere da 15mila abitanti, accusa il centrosinistra, un´operazione immobiliare da 400 milioni di euro.
Un tesoro conteso fino all´ultimo, perché è attorno a quelle plusvalenze che si è giocata la partita. Nonostante i privati siano chiamati oggi a pagare, oltre agli oneri di urbanizzazione, anche parte delle infrastrutture: il modo per garantire l´interesse pubblico. Attacca Penati: «Quello della Moratti è un regalo ai privati. La partita dell´Expo è politica ed è tutta giocata nel Pdl». Stefano Boeri, candidato sindaco alle primarie di centrosinistra, è uno degli architetti che ha disegnato il progetto del 2015: campi da coltivare con tutti i sapori del mondo al posto dei tradizionali padiglioni. Un orto planetario che questo accordo «sbagliato», dice, cancellerà con «una colata di cemento». Secondo i suoi calcoli, tra opere Expo e residenze future si arriverà a oltre 700mila metri quadrati: l´equivalente di 25 Pirelloni.
L´evento che avrebbe dovuto rilanciare la Capitale del Nord, finora è stato soltanto il palcoscenico di uno scontro di potere interno al centrodestra, per stabilire chi gestirà le leve di comando e i futuri appalti e cantieri. È così che se ne sono andati 927 giorni. In un braccio di ferro tra Letizia Moratti, il sindaco-commissario a cui il governo ha appena affidato altri poteri da “Bertolaso del Nord” per velocizzare i lavori a colpi di deroghe, e Roberto Formigoni, il governatore del “ventennio” di dominazione in Lombardia. Una battaglia di personalismi, una contesa tra l´anima laica del Pdl e quella cattolico-ciellina. Non a caso l´area scelta per i futuri padiglioni sorge vicino al nuovo polo fieristico di Rho-Pero e, per la maggior parte, è in mano alla Fiera, feudo ciellino e formigoniano fino all´avvento alla presidenza di Cantoni, fedelissimo del Cavaliere.
Gli ultimi mesi sono stati contrassegnati dall´indecisionismo del sindaco, che ha sempre propugnato la scelta del comodato d´uso con i privati, e dai veti del presidente della Regione che ha difeso fino all´ultimo la strada di una “newco” pubblica per acquistare i terreni. A comprare le aree ci aveva provato anche la società di gestione guidata allora da Lucio Stanca, l´ex ministro chiamato da Berlusconi alla guida: l´offerta arrivò a 180 milioni, ma finì in nulla. Formigoni iniziò così la sua partita a scacchi deflagrata in uno scontro aperto tra istituzioni: lo scorso luglio il Pirellone propose di comprare il milione di metri quadrati.
Per il governatore, che è arrivato a ventilare l´ipotesi dell´esproprio, era la via migliore e più trasparente per garantire «l´interesse pubblico». Per i detrattori, una mossa per mettere le mani su Expo tagliando fuori l´alleata-nemica Moratti e gestire attraverso Infrastrutture lombarde – il braccio operativo di Regione Lombardia – i lavori. Non solo. Chi possederà le aree deciderà anche cosa vi sorgerà. Per ora, in mano pubblica rimarrà un parco tematico che ruoterà attorno alle serre con tutte le colture del mondo, un auditorium, le case del villaggio Expo e tre padiglioni destinati al centro di produzione Rai. Ma il resto è tutto da inventare e anche qui il mondo dell´edilizia milanese vorrà pesare. Chi si contenderà quei lavori? E poi ci sono gli interessi di chi, oggi, non è della partita, come Salvatore Ligresti (che pure possiede gran parte di un´area dismessa non lontana dal sito Expo, che il Comune ha in programma di trasformare in una nuova Défence), ma che osserva con aria nient´affatto disinteressata quel che accade intorno a Rho-Pero. Nella peggiore delle ipotesi, perché sul mercato asfittico di questi anni si riverseranno altre migliaia di metri quadrati costruiti e da vendere, e la concorrenza dà sempre fastidio. Nella migliore, l´affare sarà così grande che forse anche gli esclusi di oggi troveranno un posto a tavola.

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«Il pacco regalo di Letizia», di Roberto Rho

Ci sono voluti 927 giorni – due anni e mezzo – di litigi e di veleni, ma alla fine il super-commissario dell´Expo, Letizia Moratti, è riuscita a mettere il fiocco sul pacco regalo per gli immobiliaristi e i costruttori (tutti naturalmente privati) che oggi possiedono i terreni sui quali Milano ospiterà, tra quattro anni e mezzo, i 20 milioni di visitatori dell´Expo e su cui all´indomani del 2015, con una colata di cemento senza precedenti, nascerà una cittadella da 400mila metri quadrati e circa 15mila abitanti. Sì perché, per la prima volta nella storia dei grandi eventi, una manifestazione che durerà cinque mesi e si rivolgerà ad un pubblico (auspicabilmente) internazionale, con arrivi dagli aeroporti di tutto il mondo, si terrà su terreni privati.
Sarebbe bastato il buonsenso di una massaia per capire che l´acquisizione della disponibilità di quelle aree era il problema da sciogliere prima di ogni altro. E invece la Moratti si è imbarcata prima in una planetaria operazione diplomatica per garantirsi – attraverso scambi di favori e sostegni economici – i voti sufficienti per battere la concorrenza di Smirne, poi ha speso il primo anno a difendere la sua leadership solitaria (che pretendeva l´imposizione di un manager di sua esclusiva fiducia, Paolo Glisenti). Ha sprecato il secondo in un estenuante balletto con il ministro Tremonti (di fondi statali ne sono fin qui arrivati con il contagocce) e con il manager voluto da Silvio Berlusconi in persona, il parlamentare Lucio Stanca, vittima della sua inefficienza e della pretesa di mantenere doppio incarico e doppio stipendio. Infine, nel terzo anno, è venuto in superficie lo scontro di potere e di interessi che fino a quel momento aveva attraversato sotto traccia tutta la vicenda dell´Expo. Una guerra tutta interna al centrodestra, nella quale la sostanza della questione (meglio il comodato d´uso o l´acquisto dei terreni?) è diventata anche il pretesto per ribadire – o conquistare – il ruolo di king maker nella più grande partita politico-affaristica milanese del decennio, e per governare l´ingente flusso di denaro che scorrerà intorno a Rho-Pero.
Tra la Moratti e Formigoni, oggi, è la prima ad avere il pallino in mano. Ma resta la colossale anomalia dell´evento pubblico sui terreni privati. E la soluzione da ieri ufficiale, quella del comodato d´uso (i terreni sono “in prestito” all´Expo per sei anni, poi torneranno ai privati con annesso il cambio di destinazione d´uso, da agricoli a edificabili, e con il servizio di tutte le infrastrutture costruite per il 2015: dunque il loro valore si sarà moltiplicato), non solo non garantisce la tutela dell´interesse pubblico, ma è anzi un regalo da diverse centinaia di milioni ai privati. Formigoni, per il momento, sorride sornione. Ha l´aria di chi sa che, così com´è spudoratamente congegnata, l´operazione potrebbe non reggere all´urto delle critiche (e magari all´esame di qualche giudice, contabile o peggio). E assapora il gusto della rivincita.

da www.repubblica.it