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Crisi, l´allarme di Draghi: "Paese indietro di nove anni", di Elena Polidori

Il governatore: disoccupati all´11%, ripresa a rischio “Per lo sviluppo economico del Paese è necessario il contributo della domanda interna”. La ripresa mondiale è a rischio, l´economia italiana è tornata indietro di nove anni, i disoccupati sono a quota 11%. Il governatore della Banca d´Italia, Mario Draghi, lancia l´allarme. Parlando davanti al Gotha bancario, riunito per la giornata mondiale del risparmio, spiega che se le banche nazionali hanno resistito meglio di altre alla crisi, «la recessione che ne è conseguita ha investito con forza la nostra economia riportandone indietro il prodotto annuo, nel 2009, sui volumi di 9 anni fa». Come se non bastasse, le prospettive per la crescita del Pil, quest´anno e il prossimo, «non si discostano di molto dall´1%». Nel primo semestre c´è stato un beneficio grazie all´export, ma ora anche questa voce sta rallentando. Avverte: «Allo sviluppo economico serve il contributo della domanda interna: quel circolo virtuoso che da consumi evoluti e investimenti lungimiranti porta a redditi alti e diffusi e ancora a consumi e benessere».
Dall´osservatorio di via Nazionale, Draghi vede una Italia dove i consumi ristagnano perché i redditi delle famiglie non progrediscono e «vi è una diffusa incertezza sul futuro». Dai suoi conteggi emerge un mercato del lavoro sofferente: nel biennio 2008-2009 il numero degli occupati si è ridotto di 560 mila persone, «in gran parte appartenenti a quell´area che include i contratti di lavoro a tempo determinato e parziale e il lavoro autonomo con caratteristiche di lavoro dipendente occulto». Nei primi sei mesi di quest´anno si è notata una «debole ripresa» con 40 mila occupati in più. Ma da settembre 2008 allo scorso agosto c´è stato un boom delle ore di Cassa integrazione autorizzate: ben 1.800.000, «che equivalgono al lavoro di circa mezzo milione di occupati dipendenti a tempo pieno ogni anno».
Il governatore ricorda che ovunque in Europa e dunque anche in Italia le conseguenze della recessione sono state attenuate appunto dal ricorso a strumenti di riduzione dell´orario di lavoro. Ma ci tiene a ribadire un numero-brivido sui disoccupati che tanto aveva irritato il governo. Scandisce: il tasso di disoccupazione, includendo anche i lavoratori assistiti dalla Cig e quelli che hanno rinunciato a cercare lavoro perché disperano di trovarne uno – gli «scoraggiati» – schizza a quota 11%, come in Francia e più che nel Regno Unito e in Germania. Il tema del lavoro è «centrale»; va analizzato guardando «a tutti gli indicatori e a tutte le buone fonti disponibili».
Draghi legge d´un fiato le 14 cartelle scritte per l´occasione. Al suo fianco c´è il ministro Tremonti. In sala, tra gli altri, siede il sottosegretario Gianni Letta. E dunque: riconosce che la reazione alla crisi «è stata prudente»; che la ripercussione sui conti pubblici è stata «minore» rispetto ai partner «anche per l´assenza di salvataggi bancari». Poi aggiunge: «L´integrale realizzazione delle misure della manovra triennale, contenendo gli esborsi correnti e contrastando l´evasione fiscale potrà ricondurre l´incidenza del debito su un sentiero di riduzione».
Per aiutare i paesi Ue più deboli Draghi chiede «regole europee quasi automatiche». Reclama «norme comuni» per promuovere una crescita armonica e sostenuta. «Questo è il fronte su cui va saggiata la coesione dell´Unione». Molto è stato fatto per il controllo dei bilanci ma «il pilastro su cui si fonda la stabilità finanziaria è la crescita economica senza la quale non si ripagano i debiti».

La Repubblica 29.10.10