8 marzo manifestazione a Roma e consegna delle firme raccolte dal Pd per chiedere le dimissioni del premier. Provvedimenti del governo peggiorativi della vita delle donne. Nel corso di una conferenza stampa alla Camera, il Segretario del Pd, Pier Luigi Bersani, il Presidente dell’Assemblea nazionale, Rosy Bindi, e la portavoce della Conferenza Nazionale delle donne Pd, Roberta Agostini, hanno illustrato tutti i provvedimenti che il governo ha preso e che hanno avuto ripercussioni negative sulla vita delle donne e le proposte del Partito Democratico per migliorare la situazione femminile in Italia. Durante l’incontro Bersani e Bindi hanno ricordato che l’8 marzo il Pd farà una manifestazione a Roma e una delegazione del Partito consegnerà simbolicamente a Palazzo Chigi le firme con le quali il Pd chiede le dimissioni del presidente del Consiglio.
Le politiche legislative e le strategie del Governo Berlusconi si sono rilevate estremamente penalizzanti per le donne in questi anni. E’ stato demolito quanto di positivo si era costruito in favore della partecipazione delle donne al mercato del lavoro, del rispetto dei diritti della donna e del suo corpo, del welfare. I dati parlano chiaro: azzeramento dei finanziamenti per gli asili nido, meno fondi per le politiche della famiglia, meno aiuti per giovani e anziani, erosione dei finanziamenti per le Pari Opportunità, nessun finanziamento ai centri antiviolenza.
Occupazione femminile.
Il numero delle donne occupate è fermo al 46,4 % contro il 60 % che si sarebbe dovuto raggiungere ben due anni fa, secondo gli obiettivi stabiliti dall’Unione Europea a Lisbona. Elemento fondamentale per aumentare l’occupazione femminile è l’ampliamento ai servizi per la prima infanzia, il sostegno agli anziani e ai non autosufficienti. Preoccupante anche il numero di donne inattive. Oggi in Italia ci sono nove milioni e 679 mila donne che non lavorano e non studiano avendo rinunciato a cercare un’occupazione.
Per quanto riguarda la condizione sui luoghi di lavoro ci sono grandi disparità: a parità di mansioni con i colleghi uomini le donne guadagnano di media il 25-30 % in meno; la presenza delle donne nei consigli di amministrazione delle società quotate è pari solo al 6, 8 %. Lo squilibrio è ancora più ingiusto se si considera che, per quanto riguarda l’istruzione le ragazze superano di gran lunga i ragazzi (le laureate sono il 60 % del totale degli studenti universitari, arrivano alla laurea prima e con un punteggio in genere più alto di quello dei colleghi maschi.
Sul divario di genere siamo il fanalino di coda, non solo dei paesi della UE ma anche a livello internazionale, che colloca l’Italia al 72esimo posto, addirittura sotto Kazakhistan e Ghana!
Dimissioni in bianco. Uno dei primi atti del Governo Berlusconi è stato quello di sopprimere la legge 17 ottobre 2007, n. 188, sulle dimissioni in bianco, voluta dal Governo Prodi a la tutela delle fasce più deboli del mercato del lavoro, in particolare le donne. Il fenomeno delle dimissioni in bianco è molto diffuso soprattutto tra le piccole e medie imprese, dove, soprattutto alle donne, al momento dell’assunzione vengono fatte firmare le dimissioni, che il datore di lavoro può utilizzare in caso di eventuale maternità della lavoratrice.
Il part time nelle Pubbliche Amministrazioni è stato fortemente penalizzato con una forte riduzione della possibilità di convertire il rapporto di lavoro da tempo pieno a tempo parziale. Il Collegato lavoro (L.183/2010) ha disposto che le P.A., possano sottoporre a nuova valutazione i part-time già concessi; dunque chi ha già il part-time non è detto che lo mantenga in futuro.
La legge finanziaria 2008, del Governo Prodi, aveva previsto uno specifico intervento fiscale in favore delle donne del Mezzogiorno, concedendo ai datori di lavoro che incrementavano il numero dei lavoratori dipendenti con contratto a tempo indeterminato nelle regioni del sud, un credito d’imposta di 333 euro per ciascun lavoratore assunto, che sale a 416 euro per ciascuna lavoratrice. Non un euro è stato previsto per questa importante misura in nessun provvedimento finanziario del Governo Berlusconi.
Normative specifiche sono state varate nel corso della precedente legislatura del Governo Prodi in favore dell’imprenditoria femminile. Il Fondo per la finanza d’impresa specifiche risorse alle iniziative di imprenditoria delle donne non sono mai state rifinanziate dall’attuale governo.
L’art. 21 del Collegato lavoro prevede il vero e proprio smantellamento dei Comitati per le pari opportunità nei luoghi di lavoro, che vengono sostituiti da generici “Comitato unico di garanzia per le pari opportunità, la valorizzazione del benessere di chi lavora e contro le discriminazioni”, che accumuna le pari opportunità ai problemi di mobbing ecc… ad oggi, peraltro, i decreti delegati necessari a dar vita ai nuovi organismi non sono ancora stati emanati e CPO esistenti, per effetto della norma, sono scaduti.
L’ultima legge finanziaria (Stabilità 2011), prevede l’innalzamento dell’età pensionabile per le donne dipendenti della Pubblica Amministrazione da 60 a 65 anni, che poi diventano 66, con l’introduzione della cosiddetta finestra scorrevole. Una disposizione che non ha nulla di egualitario se si pensa la totale mancanza di politiche di conciliazione tra i tempi di lavoro e i tempi di cura che grava sulle spalle delle donne.
La precarietà è donna. Questo è la drammatica dimensione delle lavoratrici del nostro secolo. Secondo gli ultimi dati Istat la permanenza delle donne nei contratti atipici ha effetti devastanti sia sui salari che sulle tutele nel campo del lavoro. La “maggiore flessibilità delle donne”, di cui parla il Ministro Sacconi significa che spesso le lavoratrici sono costrette a passare da un contrato atipico all’altro, anche in soli 3 mesi di lavoro. Tutto ciò rappresenta un passo indietro nel lento cammino verso la conquista della parità di genere nel mondo del lavoro, totalmente ignorato dal Governo in carica.
l’art. 9 della legge 53/2000 per il sostegno alla maternità e paternità è stata una grande conquista: forme flessibili di orario, banca delle ore, telelavoro ecc.. la legge prevede che siano erogati dei contributi ai datori di lavoro proprio per incentivare la conciliazione tra tempi di lavoro e i tempi di vita. Anche in questo caso il Governo Berlusconi, nonostante le molte richieste del gruppo del PD, non ha stanziato un euro per sviluppare e diffondere queste importanti misure.
La presenza delle donne nei Consigli di amministrazione delle imprese italiane è appena il 7 %. Una partecipazione davvero esigua se si pensa che in Norvegia la presenza delle donne è del 37,9 %, Svezia 28,2, Finlandia 25 e Gran Bretagna 13 per cento.
A questo quadro bisognerà aggiungere anche la quota di lavoro sommerso, dove le donne rappresentano comunque la maggioranza, e che con la pesante crisi economica che attraversa il nostro Paese, rischia di accrescersi a dismisura.
Violenza sulle donne, cultura delle prevenzione, assistenza alle vittime.
Nel mondo 1 donna su 3 è stata, o è destinata ad essere, vittima di violenza fisica, sessuale o psicologica mentre il 70 % delle donne assassinate muore per mano di parenti. L’Italia non fa eccezione.
Sul territorio molto centri antiviolenza, sono costretti alla chiusura per mancanza di fondi: la riduzione dei trasferimenti a Comuni, Province e Regioni, a seguito delle rigide misure del Ministro Tremonti, colpisce in primo luogo l’intervento nel sociale e per la prevenzione. La legge di Stabilità 2011 non prevede alcun finanziamento per il Fondo antiviolenza.
I tagli al welfare
La spesa in Italia per il welfare sfiora 1,2% del Pil contro il 2,4 % della media europea. L’obiettivo della UE è arrivare a coprire almeno il 30 % del fabbisogno di asili nido a livello nazionale, ma il nostro paese è fermo all’11 %. Il Governo Prodi aveva stanziato, con la finanziaria 2007, ben 727 milioni di euro in 3 anni per la costruzione di muovi asili nido; nel 2009 il Fondo si è ridotto a 100 milioni mentre nel 2010 e ancora, per quest’anno, il governo Berlusconi non ha previsto neanche un euro per i servizi all’infanzia.
Il Fondo per le politiche sociali, può contare quest’anno solo su 273 milioni contro i 929 del 2008, per non parlare delle politiche per la famiglia i cui stanziamenti sono ridotti a 52 milioni contri i 346 di tre anni fa. Zero euro quest’anno per i non autosufficienti che solo l’anno scorso potevano contare su 400 milioni, mentre le politiche giovanili sono passate a 94 milioni del 2008 ai 32 per il 2011.
Le proposte del Partito Democratico
Gli studi più recenti degli organismi internazionali rilevano che il sostegno alla partecipazione al lavoro delle donne è fondamentale non solo per lo sviluppo economico e la competitività, ma anche per la crescita civile e democratica dei Paesi. Risulta che oggi nei paesi avanzati, a differenza di quanto avveniva in passato, se le donne hanno meno opportunità di occupazione fanno meno figli.
Partito democratico ha presentato diverse Proposte di legge per estendere gli ammortizzatori sociali anche al personale precario, così come il diritto alla maternità e ai congedi parentali. Tutte iniziative bocciate dal Governo che si è limitato soltanto a misure una tantum e per una platea ristretta di lavoratori.
Le politiche fiscali specificamente mirate a favorire l’occupazione delle donne si esercitano su due fronti:
a) Misure finalizzate a sostenere il reddito delle lavoratrici:
b) Misure incentivanti rivolte alle imprese
Misure finalizzate a sostenere il reddito delle lavoratrici
Il Collegato lavoro, all’art. 24, ridefinisce il diritto ad usufruire dei permessi retribuiti, previsti dalla legge 104 del 1992. Ancora una volta i diritti – in questo caso proprio dei più deboli – vengono visti come un vincolo e un costo da eliminare. L’opposizione del nostro gruppo è stata fortissima al punto che si è riusciti a limitare l’intervento del Governo, prevedendo, che i genitori di figli disabili possano, alternativamente, usufruire dei permessi, permettendo dunque che padre e madre possano alternarsi nella cura del figlio.
Il sostegno alla maternità è un pilastro fondamentale delle politiche del Pd per l’occupazione femminile: il riconoscimento dell’indennità di maternità come diritto di cittadinanza, con copertura pari al 100% della retribuzione, relativo finanziamento a carico della fiscalità generale ed estensione a tutte le forme di lavoro.
Ad esso si affiancano:
introduzione di una detrazione fiscale per il reddito da lavoro delle donne in nuclei famigliari con figli minori;
l’incentivazione fiscale e sostegno della flessibilità oraria e del part time (reversibile e volontario);
la copertura con contributi figurativi dei periodi di interruzione del lavoro correlati ad impegni di cura;
l’assegno universale per i figli (3.000 euro per figli da 0 a 3 anni in sede di prima applicazione, riproporzionato al reddito) e il potenziamento della rete di servizi per l’infanzia;
l’incremento dell’indennità per il congedo parentale facoltativo, incentivato per gli uomini, e il congedo di paternità obbligatorio favoriscono la conciliazione della scelta di maternità con il mantenimento dell’occupazione;
il sostegno pubblico all’assistenza ai non autosufficienti sostiene la famiglia in compiti di cura gravosi che oggi ricadono soprattutto sulle donne.
Misure incentivanti rivolte alle imprese
Le misure di riforma fiscale mirate a sostenere i redditi da lavoro più bassi (1° aliquota IRPEF 20%) favoriscono in primo luogo, oltre ai giovani, le lavoratrici e, per il loro tramite, le famiglie: le sacche di povertà maggiori si annidano, infatti, nei nuclei monogenitoriali e nelle famiglie numerose con un solo reddito (quello maschile) disponibile. In particolare abbiamo proposto:
Credito di imposta per le imprese che assumono donne nelle aree del mezzogiorno.
Incentivi ai datori di lavoro (fiscalizzazione per 1 anno degli oneri sociali) che assumono donne che riprendano l’attività lavorativa dopo periodi dedicati alla cura.
Riqualificazione e rifinanziamento del Fondo nazionale per l’imprenditoria femminile e potenziamento della formazione professionale delle lavoratrici autonome.
Azioni di facilitazione e sostegno al credito ed alla capitalizzazione per le nuove imprese femminili.
La nostra proposta di legge di promuovere l’eguaglianza di genere all’interno degli organi di amministrazione e di controllo delle società quotate e delle società a prevalente partecipazione pubblica è stata prima accolta favorevolmente alla Camera poi purtroppo però al Senato il Governo, ha presentato degli emendamenti che spostano l’effettiva applicazione di una quota riservata per legge alle donne al 2021!!
Ma più in generale, il Pd propone una cultura della prevenzione e dell’assistenza. Perché parlare di diritti umani, significa soprattutto parlare di diritti delle donne. L’approvazione della legge sullo stalking, promossa dal PD, rappresenta un indiscutibile passo in avanti, ma rimane del tutto insufficiente se a questo non si accompagna una cultura della prevenzione e dell’assistenza.
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