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Acqua, in Italia cresce il consumo ma quasi la metà si perde per strada

Il rapporto dell’Istituto di statistica per la Giornata mondiale dedicata all’oro blu. In alcune regioni del Mezzogiorno, per assicurare una fornitura di 100 litri bisogna immetterne 180: la differenza va sprecata per le condizioni disastrate delle condotte. Con 152 metri cubi “prelevati” pro capite nel 2008 e un consumo per abitante di 92,5 metri cubi, l’Italia è uno dei campioni europei nel consumo di acqua a uso potabile. Negli ultimi dieci anni, prelievi e uso sono cresciuti dell’1,2%, soprattutto nelle regioni del Nord (Trentino, Alto Adige e Valle d’Aosta in testa), mentre il consumo cala al Sud con la Puglia che ha il valore più basso d’acqua erogata per abitante. Sono i dati forniti dall’Istat in occasione della Giornata mondiale dell’acqua istituita dall’Onu e celebrata il 22 marzo.

Considerando i consumi pro capite nei 27 Paesi dell’Unione europea per il periodo 1996-2007, l’Italia presenta valori superiori alla media europea (92,5 metri cubi pro capite annuo contro 85). In particolare, i consumi medi in Italia sono inferiori rispetto a Spagna (100) e Regno Unito (110), ma superiori a Paesi Bassi (73) e Germania (57). Sul territorio nazionale la distribuzione è molto eterogenea. Con 107,1 metri cubi per abitante, il nord-ovest si piazza al primo posto per consumi con circa 15 metri cubi in più rispetto al dato nazionale. I valori regionali più alti sono quelli della provincia autonoma di Trento (127,4 metri cubi per abitante) e della Valle d’Aosta (121,9). Il Centro presenta un valore di 96 metri cubi per abitante, con valori regionali compresi tra i 68,5 per abitante dell’Umbria e i 111,3 del Lazio.

Il Mezzogiorno è invece l’area geografica con la minore erogazione d’acqua potabile: il volume annuo per abitante è
pari a 80,6 e risente, anche in questo caso, di una forte variabilità regionale, con un valore massimo di 99,2 in Calabria e uno minimo di 63,5 in Puglia.

Dove viene potabilizzata – Rispetto al 1999, è aumenta la quantità di fornitura sottoposta a trattamenti di potabilizzazione: si è passati dal 26,3% al 32,2% con un aumento del 5,9%. Questo tipo di intervento dipende molto dalle caratteristiche idrogeologiche dei territori, delle fonti e dalla presenza o meno di acque sotterranee; le acque superficiali, infatti, devono essere sottoposte a trattamenti di potabilizzazione nella quasi totalità dei casi. Sardegna (89,2%) e Basilicata (80,5) sono le regioni dove viene potabilizzata la quota maggiore di acqua, mentre Lazio (2,9) e Molise (8,9) presentano i livelli più bassi. L’89,4% dell’acqua prelevata a uso potabile – circa 8,1 milioni di metri cubi – viene immesso nelle reti comunali di distribuzione.

Le reti colabrodo – Il problema principale in Italia rimane lo spreco. Secondo il rapporto dell’Istat, nel 2008 il 47% dell’acqua potabile è andata persa per garantire la continuità d’afflusso nelle condutture o per effettive perdite delle condutture stesse. Le maggiori dispersioni di rete, secondo l’Istat, sono in Puglia, Sardegna, Molise e Abruzzo dove, per ogni 100 litri d’acqua erogata, se ne immettono in rete circa 80 litri in più. Quelle più basse si riscontrano invece in Lombardia e nelle province autonome di Trento e Bolzano.

Meno sprechi in casa – A questo ‘spreco’ generalizzato corrisponde comunque un uso più attento della risorsa acqua fatto dai cittadini. Nel 2009 il consumo pro capite per uso domestico, dato dalla media dei 115 capoluogo di provincia, è stato pari a 68 metri cubi per abitante (186,6 litri al giorno), in calo dello 0,7% rispetto al 2008. In tutti i capoluogo di provincia con una popolazione superiore a 250mila abitanti c’è stata una diminuzione del consumo per uso domestico rispetto all’anno precedente, a eccezione di Milano dove si registra un incremento dell’1,5%. La contrazione dei consumi (secondo l’Istat ininterrotta a partire dal 2001) testimonia una maggiore attenzione all’uso della risorsa idrica su gran parte del territorio nazionale.

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