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Regolamento sull'abilitazione scientifica nazionale per l'accesso al ruolo dei professori universitari: il nostro no

Oggi, la commissione Cultura della Camera ha espresso parere favorevole allo schema di regolamento sull’abilitazione scientifica nazionale. Il Gruppo del Partito Democratico ha votato contro, presentando un parere alternativo a quello della maggioranza, che contiene le ragioni del nostro dissenso.

Schema di decreto del Presidente della Repubblica recante regolamento per il conferimento dell’abilitazione scientifica nazionale per l’accesso al ruolo dei professori universitari. Atto n. 372
PROPOSTA DI PARERE ALTERNATIVO PRESENTATO DAI DEPUTATI GHIZZONI, NICOLAIS, MAZZARELLA, BACHELET, MELANDRI, COSCIA, DE BIASI, DE PASQUALE, DE TORRE, LEVI, LOLLI, PES, ROSSA, RUSSO, SIRAGUSA, GIULIETTI e ZAZZERA

La VII Commissione, esaminato l’atto del Governo n. 372,
premesso che:
è sempre più avvertita e pressante la necessità di avviare, con immediatezza, procedure per l’accesso ai diversi livelli della docenza universitaria al fine di assicurare funzionalità a strutture ormai depauperate dall’esodo per limiti di età di un elevato numero di professori;
questa circostanza comporta l’impossibilità di organizzare la didattica e la ricerca universitarie secondo una programmazione razionale, in coerenza con le esigenze degli studenti e la vocazione specifica degli atenei; tutto ciò, inoltre, costringe gli atenei a ridurre l’offerta formativa anche nei settori scientifici e disciplinari di rilievo per la maggior parte dei corsi di laurea;
i continui cambiamenti nella normativa dei concorsi hanno di fatto bloccato il processo di selezione e progressione nella carriera universitaria, ormai da oltre tre anni e senza che se ne veda una fine; ciò aggrava il sentimento di frustrazione che già pervade i giovani impegnati da tempo nell’accademia, rendendo sempre più aleatorie le loro opportunità di cimentarsi in una valutazione determinante, non solo per il loro futuro professionale, ma anche per la crescita del patrimonio scientifico e culturale del Paese;
la proposta di regolamento in esame giunge in ritardo all’esame delle Commissioni competenti e sarà emanato ben oltre la scadenza dei 90 giorni previsti dalla legge 240 a causa dei grossolani errori contenuti nel testo, approvato a gennaio dal Consiglio dei Ministri, che hanno suscitato molti rilievi da parte del Consiglio di Stato, costretto ad esercitare – in questo caso – un ruolo improprio di correttore di bozze per eliminare almeno le più evidenti illegittimità formali;
l’eventuale conseguimento dell’abilitazione costituisce soltanto un presupposto e di conseguenza sarà necessario ulteriore tempo per espletare procedure di valutazione a livello di ateneo prima di raggiungere l’accesso al ruolo di professore e la progressione di carriera;
lo schema di regolamento sottoposto a luglio all’esame della Commissione, lungi dal definire compiutamente la procedura prevista e consentire in tempi ragionevoli l’avvio delle sessioni di abilitazione, rinvia, in una sorta di gioco di scatole cinesi, ad altri atti ministeriali, su aspetti di estrema delicatezza giuridica, quali quelli relativi alle modalità di individuazione delle commissioni di valutazione, alla delimitazione dei settori concorsuali e soprattutto ai criteri di selezione dei candidati, cioè alla sostanza del provvedimento;
si definisce in 90 giorni il termine per la conclusione delle suddette procedure, ma tale scadenza non può avere alcuna credibilità poiché viene fissata in un testo che già non ha rispettato il medesimo termine per l’emanazione; è altresì poco credibile la scadenza di 30 giorni, che probabilmente cadrebbe nel prossimo mese di agosto, per la definizione di argomenti complessi come i settori concorsuali e i criteri di valutazione;
le audizioni svolte dalla Commissione hanno posto in evidenza quanto questi argomenti siano determinanti per il futuro assetto delle nostre università e quanto possano incidere sull’evoluzione della produzione scientifica del Paese;
le decisioni su questi argomenti sono rinviate con l’unico scopo di sottrarle al controllo del Parlamento; si rinvia, infatti, a provvedimenti di ordinaria amministrazione che non hanno bisogno di pareri parlamentari a differenza del regolamento in esame;
si procura quindi un ulteriore ritardo nell’applicazione delle legge 240, non già per rendere più efficiente le procedure, ma anzi per renderle meno trasparenti e verificabili nelle sedi istituzionali, sottraendo al Parlamento il controllo sulla sostanza del provvedimento e allo stesso tempo costringendolo a discutere di un testo parziale e senza alcuna attuabilità amministrativa;
prima di avventurarsi nella emanazione di nuove norme sarebbe opportuno attuare quelle già approvate da molto tempo: a tale proposito, si ricorda che l’Anagrafe dei professori e dei ricercatori, istituita con il decreto legge 180 del 2008, non è ancora attivata. Non si comprende, peraltro, per quali motivi il ministero non ne abbia ancora autorizzato il valore amministrativo, pur essendo ormai risolti da tempo i problemi tecnologici e funzionali;
la piena funzionalità dell’Anagrafe semplificherebbe molti problemi segnalati dal Consiglio di Stato in riferimento alla disponibilità delle pubblicazioni – in particolare la privacy e i diritti di autore – e renderebbe non più necessarie molte procedure del presente schema di regolamento, estendendo i benefici a tutte le altre prove di valutazione che seguiranno e non solo in materia concorsuale;
la diffusione degli adempimenti burocratici è forse il problema più grave della vita universitaria e la logica della legge 240 del 2010 rischia addirittura di aggravarlo; almeno in sede attuativa, quindi, si dovrebbero studiare le soluzioni migliori per ridurre il peso delle procedure e comunque non aumentarle. A tale riguardo non si comprende la necessità di un bando annuale per le abilitazioni visto che esse non richiedono comparazioni tra candidati ma soltanto il riconoscimento di un livello determinato della produzione scientifica individuale; si sarebbero potute esperire altre modalità più flessibili, quali ad esempio la domanda per il riconoscimento dei titoli maturati che il candidato può inviare alla commissione in qualsiasi momento. Questa procedura semplificata potrebbe essere operativa a regime, quando cioè saranno stati superati i problemi di ingolfamento iniziale delle domande. Inoltre, merita sicuramente una semplificazione la normativa relativa alla nomina delle commissioni, poiché nella versione attuale dello schema di regolamento risulta allo stesso tempo eccessivamente burocratica e aleatoria negli esiti; infatti, il Consiglio di Stato ha bocciato la pretesa del ministro di valutare i titoli dei candidati commissari che avrebbe costituito una palese invasione politica nei confronti dell’autonomia universitaria. Poiché il ministro non ha risposto all’obiezione del Consiglio di Stato si deve ritenere illegittima su questo punto la formulazione dello schema di regolamento;
i fondi stanziati dalla legge n. 240 del 2010 (comma 9, articolo 29) per i concorsi di professore associato non sono stati ancora ripartiti ai diversi atenei, poiché ad oggi non si è data attuazione alla disposizione della legge di stabilità 2011, la quale prevede che al «31 gennaio di ogni anno sia emanato un decreto interministeriale per l’approvazione di un piano straordinario per la chiamata di professori associati per ciascuno degli anni 2011-2016». A tale proposito, si rileva che il Governo ritarda la risposta all’atto di sindacato ispettivo 5/04670, depositato il 28 di aprile scorso, sull’argomento in parola: evidentemente l’esecutivo non vuole chiarire i motivi di tale ritardo e neppure è in grado di prevedere quando sarà possibile attuare l’impegno. L’inadempienza ministeriale vanifica l’accesso al ruolo anche per i candidati che hanno già ottenuto l’idoneità con le vecchie procedure e smentisce una promessa sbandierato dal ministro durante la discussione parlamentare sulla legge medesima come soluzione per i giovani ricercatori e accolta nel dibattito parlamentare da alcuni gruppi come condizione per l’espressione del voto favorevole sul disegno di legge;
i rinvii e gli errori accumulati dal presente schema – severamente stigmatizzati da una fonte autorevole come il Consiglio di Stato – e in generale le inefficienze nella gestione dei fondi – dai ritardi dei Prin fermi al 2009 a quelli del FFO erogati solo nel 2011 per l’annualità dell’anno precedente, per non parlare della mancata assegnazione dei fondi PON per la ricerca nel Mezzogiorno – dimostrano l’inadeguatezza ministeriale, in particolare a gestire l’enorme carico amministrativo concentrato dalla legge 240;
dalle premesse si evince quanto il parziale provvedimento in esame sia inadeguato ad attivare efficacemente le procedure di abilitazioni e allo stesso tempo sia foriero di ulteriori ritardi;
pertanto, alla luce delle considerazioni in premessa, si esprime,
PARERE CONTRARIO
e si invita il governo a presentare all’esame delle Commissioni parlamentari uno schema di regolamento comprensivo dei criteri di valutazione e dei settori concorsuali e pertanto immediatamente attuativo, senza rinvii a ulteriori provvedimenti. Tale schema deve essere accompagnato da un ulteriore decreto ministeriale per autorizzare la piena funzionalità dell’Anagrafe dei professori e dei ricercatori e dal decreto interministeriale per il riparto tra gli atenei dei fondi relativi ai concorsi per il ruolo di professore associato.