ambiente, attualità

"50 gradi nelle tende: l’odissea degli sfollati", di Chiara Affronte

Bologna, Ferrara e Roma le città più calde d’Europa che toccheranno i 40 gradi tra le 12 e le 17 di oggi. Caronte e Scipione sono stati tra gli anticicloni africani più forti di sempre per intensità ed estensione: il bollino rosso del ministero della Salute è per dieci città italiane dove è prevista un’ondata di calore «in grado di avere effetti negativi non solo su anziani, bambini e malati», ma anche su «persone sane e attive». E quest’anno a subire le conseguenze del caldo che soffia dall’Algeria saranno soprattutto gli sfollati delle tendopoli dell’Emilia terremotata. Se all’esterno si registrano 40 gradi, dentro una tenda si possono raggiungere i 50. Da una settimana nelle tendopoli gestite dalla Protezione civile sono arrivati «duemila condizionatori, comprese le strutture sanitarie», riferisce Demetrio Egidi, responsabile della Protezione civile regionale. Sono gli apparecchi che erano stati utilizzati all’Aquila. «Sono stati recuperati e portati qua – spiega Egidi -, ovviamente poi si è provveduto a far arrivare nelle tendopoli ulteriori cavi dell’Enel perché in questi casi c’è bisogno di una tensione elettrica maggiore».

Nonostante i condizionatori, la situazione resta comunque di elevato disagio. Lo ribadisce il sindaco di Novi Luisa Turci: «Anche se dotate di aria condizionata, si tratta pur sempre di tende, e pensare che si possa stare al fresco è impensabile», riferisce il primo cittadino, che ha perso la casa nel sisma così come i suoi concittadini. «La maggior parte delle persone non sta sotto la tenda , se può: durante la settimana vanno a lavorare in molti, e chi invece resta “a casa” si muove, cerca refrigerio nei parchi, utilizza l’auto».

I CAMPI AUTOGESTITI

Più critica è senz’altro la situazione delle tendopoli autogestite. A Fossoli, dove, nella zona del palazzetto dello sport, si sono sistemate 200 persone, di cui una quarantina di bambini, il disagio è fortissimo: «Nelle tende è impossibile stare, e non possiamo installare condi- zionatori perché, non avendo certificazioni, non possiamo rischiare che prendano fuoco – racconta Mohammed -; ci stiamo concentrando soprattutto sui bambini con delle piscinette gonfiabili». Con un cavo elettrico si riesce a fare funzionare alcuni frigoriferi per l’acqua: «Soprattutto quella, in questi casi è la cosa che bisogna avere sempre in grandi quantità. Adesso, stiamo cercando di costruire delle specie di gazebi per fare un po’ di ombra», racconta ancora Mohammed. Nel campo autogestito di Sant’Antonio in Mercadello, le auto restano all’ingresso e magari vengono utilizzate anche per rinfrescarsi un po’, oltre che per spostarsi», racconta il sindaco Turci.

Chi è più a rischio, anche in questo caso, sono i bambini e gli anziani: «Sono quelli che si possono disidratare più facilmente perché bevono di meno», racconta Luisa Zappini della Protezione civile, responsabile del Campo Trento a San Felice sul Panaro. I distributori d’acqua posizionati all’ingresso della tendopoli che ha preso posto nella piazza del mercato funzionano a rotta di collo. «Acqua se ne consuma in quantità industriali – conferma Zappini – e noi passiamo continuamente nelle tende a distribuirne altra, a portare integratori».

Un’altra soluzione adottata da chi resta in tendopoli è quella di trascorrere la maggior parte del tempo negli spazi comuni: «Nelle nostre tendopoli sono stati anche installati degli ombreggianti, nella maggior parte dei casi nei tendoni mensa, che sono i più ventilati». Lì la temperatura scende un po’ di più e si riesce a trovare qualcosa di simile al refrigerio. Episodi di disidratazione o di malori sono stati comunque registrati: «Non cose gravi, ma per fortuna ci sono sempre a disposizione i Pma (Posti medici avanzati, ndr) a cui la gente può rivolgersi in ogni momento», aggiunge Egidi.

La situazione è questa «e non ci è possibile prendere il telecomando e cambiare canale», conclude amara Turci. Che trova pace al pensiero che nel suo comune, delle 3.300 case per le quali è stata fatta richiesta di verifica, «1.700 sono oggi agibili». Praticamente la metà. Avere la casa agibile ancora non significa sempre abitarla davvero, anche se pian piano, ad un mese dal sisma, si cerca di mettersi almeno un po’ la paura dietro le spalle e tentare di ricominciare a vivere normalmente.

l’Unità 01.07.12