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Cgil: "oltre 500 mln di tagli alla scuola spostamenti forzati degli insegnanti", di Corrado Zunino

La Cgil scuola chiama allo sciopero generale a settembre, “contro queste politiche devastanti”. Gli studenti annunciano un nuovo movimento contro il governo, due anni dopo le contestazioni di massa delle riforme Gelmini. La spending review a matrice Monti-Profumo sembra il detonatore per nuove proteste di piazza. E non solo. Il Partito democratico, nei suoi componenti scolastici, ha chiesto forti modifiche al decreto. E prepara emendamenti per il passaggio parlamentare. Tanti e mirati. Nelle pieghe del decreto spending review gli specialisti dei partiti, dei sindacati, degli studenti hanno scoperto tagli non annunciati come tali e spostamenti forzati di personale: o vai lì, anche se quello non è il tuo lavoro, o vai a casa. La Cgil ha appena conteggiato “oltre 500 milioni di euro di tagli” sulla scuola, scuola reduce – va ricordato – dai famosi 8 miliardi del duo Tremonti-Gelmini (2008-2011).

La questione più importante e contestata del pacchetto spending, sulla quale il Pd ha chiesto una forte revisione in Parlamento, sono i diecimila docenti in esubero perché nelle loro classi di concorso da un paio di stagioni non c’è più posto (la riforma Gelmini ha cambiato alcune materie, ha ridotto le ore per altre). Con il decreto spending i diecimila “prof” saranno immessi nelle classi scolastiche a prescindere dalle loro classi di concorso (in cui hanno preso un’abilitazione, ecco). Diecimila specializzati con contratti annuali, quindi, saranno spinti fuori dall’insegnamento.

Alcuni di questi precari hanno accumulato anche dieci anni di anzianità.

Per comprendere meglio, insegnanti di Lettere senza abilitazione in latino potranno insegnare il latino, ingegneri senza abilitazione specifica potranno insegnare materie affini, fisica, matematica. Insegnanti abilitati per le scuole medie, ancora, potranno insegnare alle superiori e viceversa. E torneranno a farlo per un anno intero, togliendo il posto ai supplenti precari. Va detto, l’anno scorso questi diecimila erano pagati anche se non esercitavano.

Su questo punto – potranno insegnare docenti non qualificati, soprattutto non abilitati – , i dirigenti del ministero dell’Istruzione hanno sempre negato, anche a Repubblica, la fattibilità del passaggio. Con la spending review, ecco fatto. Il risparmio solo per questa voce sarà di 268 milioni e il Pd (ma anche l’Idv) ora si oppone allo “scadimento della qualità dell’insegnamento”.

Poi c’è l’articolo 5 sugli “insegnanti inidonei”, che sono quelli colpiti da malattie, in alcuni casi gravi. Sono 3.565 in tutto. Oggi gli “inidonei” continuano a lavorare nell’area della conoscenza, in ruoli per loro possibili. Molti di questi curano le biblioteche scolastiche, per esempio. Bene, il decreto spending li passa ad altro ruolo, a un altro tipo di lavoro. Gli oltre cinquemila bibliotecari diventeranno Ata, ausiliari tecnici amministrativi (seicento avevano accettato volontariamente in precedenza, ora diventa un obbligo per tutti). Saranno sistemati perlopiù nelle segreterie delle scuole, alcuni nella contabilità. Potranno diventare assistenti dei presidi (ma la spending taglia anche ogni bonus extra) o coordinatori dei bidelli. Ecco, 3.565 ex docenti da rottamare. Fa un risparmio di 78 milioni e una probabile condanna all’abbandono delle biblioteche scolastiche. Altri ottocento docenti, oggi, risultano “temporaneamente inidonei” e anche loro diventeranno amministrativi (altri 17,5 milioni di euro per alleggerire i bilanci dell’Economia).

Il decreto prevede ancora il ritiro di 470 insegnanti e amministrativi impegnati nelle scuole italiane all’estero, il 40 per cento del totale. La Francia all’estero ha 6.500 docenti, la Germania quasi duemila.
“La scuola ha già dato anche troppo per il risanamento del Paese, oggi ha bisogno di nuovi investimenti nonostante la crisi”, dice Francesca Puglisi, responsabile Scuola del Pd, “chiediamo con forza al governo di correggere le misure. Da una parte si fanno i tirocini formativi per le abilitazioni e dall’altra le abilitazioni non valgono più nulla”.
Gli studenti della Link segnalano, infine, come il senato accademico dell’università di Bari e quello dell’università di Torino abbiano approvato all’unanimità due mozioni contro l’aumento delle tasse determinato dalla modifica del limite del 20% del rapporto tra rette studentesche e Fondi ordinari (la via d’uscita offerta dalla spending review alle università italiane, che oggi fanno pagare tasse onerose e fuorilegge). “Presenteremo queste mozioni in tutti gli atenei italiani per costringere gli atenei e i rettori a esprimersi contro qualsiasi aumento di contributi agli studenti”, dice Luca Spadon, portavoce della Link. “Il governo vuole compensare la discesa di un miliardo in quattro stagioni dei Fondi di trasferimento alzando le tasse, soprattutto su fuori corso ed extracomunitari, inutilmente discriminati”. Ecco, sono pronte le parole d’ordine per la prossima mobilitazione.

da repubblica.it