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"Non lavoriamo per l'industria bellica" il gran rifiuto dell'azienda in crisi, di Maurizio Bologni

A maggioranza hanno deliberato di non accettare la commessa della Waas (Whitehead Alenia Sistemi Subacquei), gruppo Finmeccanica, che offriva alla piccola impresa artigiana toscana di realizzare un impianto per refrigerare la grande vasca dove testare i siluri militari. Un lavoro da 30.000 euro, ossigeno ad azienda e lavoratori in difficoltà, ma il «no pacifista» alla fornitura ha un costo sociale che i lavoratori accettano di pagare a testa alta. «Ho 39 anni, moglie, un mutuo sulla testa, però a 18 anni ho fatto obiezione di coscienza al servizio militare e figuriamoci se vent’anni dopo mi metto a contribuire alla costruzione di strumenti bellici», dice per esempio uno dei cassintegrati in riduzione di orario, Stefano Mammini, schierato accanto al suo datore di lavoro, Valerio Morellato, nel votare contro la commessa. «Troveremo altre strade per uscire dalla crisi, devono esserci altre strade» aggiunge.
La Morellato Termotecnica — che si occupa di idraulica, climatizzazione e, da fine anni Ottanta, ha precorso l’impiantistica solare — è una storica azienda artigiana del Pisano, fondata nel 1965. Valerio Morellato, laureato in ingegneria dell’automazione all’università di Pisa e già borsista del Cnr, 32 anni, padre di una bambina di 22 mesi, ne ha ereditato la guida dal babbo, un anno fa, ma già nel 2004 aveva fondato la Morellato Energia Etica e
Ambiente, che si occupa si installazione di pannelli fotovoltaici e nella ragione sociale indica i valori che ispirano l’imprenditore. Che naviga col vento in poppa fino al 2010, quando fatturati e occupazione delle sue imprese artigiane raggiungono il top superando i due milioni di giro d’affari e i venti addetti. Poi, però, arriva la crisi e gli ultimi due conti energia del governo spezzano le gambe all’industria del fotovoltaico, dimezzando il fatturato delle ditte di Morellato e costringendolo a “tagliare” personale e ad attuare la cassa integrazione con riduzione di orario. È in questo contesto che l’imprenditore riceve l’invito di Waas a fare un’offerta per fornire l’impianto di refrigerazione della vasca. Una proposta che pone il giovane ingegnere di fronte al dilemma: tenere fede ai propri principi, o pensare agli operai cassintegrati e alle loro famiglie?
«In realtà — spiega Morellato — grazie a un nostro ingegnere, Valentina Bonetti, solo dopo un sopralluogo nella località in provincia di Massa dove il serbatoio verrà istallato ci
siamo resi conto che avremmo realizzato un impianto al servizio della fabbricazione di siluri ». E allora Morellato riunisce i lavoratori in assemblea. Ma non tutti la pensano come lui. «Sono di un’altra generazione — spiega l’installatore Flavio Battistini — ho 50 anni, moglie e due figli a carico: a me hanno insegnato a pensare prima di ogni altra cosa a lavorare e a portare i soldi a casa, ma sono democratico, rispetto le maggioranza e il coraggio di Morellato ».
Perché la maggioranza, in azienda, decide di rifiutare la commessa. C’è anche il sostegno di Officina e Distretto di economia solidale AltroTirreno, rete di imprese etiche e solidali che è in espansione nel Pisano e a cui Morellato aderisce.
«Quando ancora ero studente — spiega l’imprenditore — ho scoperto che il consumo etico e sostenibile può influenzare le scelte delle multinazionali, e ora, da imprenditore, penso di dover fare molto di più per dare un piccolo contributo a cambiare le cose nel mondo». Così Morellato ha fatto partire la mail del gran rifiuto, diretta a un dirigente di Waas. «Le scrivo
per comunicarle una decisione che è maturata in questi giorni all’interno dell’azienda Morellato — vi si legge — La richiesta che ci avete rivolto ha dato vita a un complesso e sentito confronto tra noi, particolarmente difficile in questo periodo di crisi economica diffusa. Alla fine abbiamo deciso che non presenteremo la nostra offerta per l’impianto da installare. Siamo consapevoli che il nostro contributo alla realizzazione della struttura militare sarebbe stato marginale e certamente ci sarà un’altra azienda che ci sostituirà, ma non ce la sentiamo di mettere le nostre competenze al servizio di un’opera che potrà sviluppare tecnologia bellica».

La Repubblica 15.07.12