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"Avari con la scuola già un secolo fa", di Gian Antonio Stella

«Non è possibile tenere la penna in mano. I ragazzi piangono dal freddo…». È difficile leggere dell’ultima manifestazione dei precari della scuola e delle loro sofferenze senza riandare al diario che teneva un secolo fa il maestro Emilio Alchini di Vallada Agordina, che girò per diversi anni nelle più remote contrade di montagna.
Quel diario, gonfio di afflizione e insieme amore per gli alunni, è una delle chicche di una piccola ma deliziosa mostra aperta fino ai primi di settembre a Caprile, una frazione di Alleghe in provincia di Belluno. Si intitola «Leggere, scrivere, fare di conto», espone un’aula intatta di un’ottantina d’anni fa (i banchi, la cattedra, il calamaio, la lavagna, i ritratti di Mussolini, Pio XI e Vittorio Emanuele III…) e una ricca collezione raccolta da Egidio Guidolin di quaderni, abecedari, carte geografiche, cannucce e mille altre cose utili a ricostruire la storia della scuola dall’Unità d’Italia al secondo dopoguerra.
Da non perdere i sussidiari. Savoiardi, fascisti, colonialisti. Come il rarissimoVerso la vita, un «sillabario fonico» bilingue edito a Tripoli e scritto a quattro mani da Scek Mohammed Kamel El Hammali e Baldassarre Indelicato. Dove ai bambini arabi della Libia italianizzata viene mostrato ad esempio come tenere la bocca per pronunciare la «O» oppure la «E».
Ciò che più colpisce, tuttavia, sono i quaderni degli scolari e i diari dei maestri. Che confermano, insieme con le cartelle di legno, le scarpine chiodate o lo «scalda-mani» da riempire di braci ardenti, come la scuola sia sempre stata lasciata in una situazione di povertà se non di estrema indigenza, come fosse un settore da curare con meno attenzione di tanti altri.
In un secolo e mezzo siamo diventati più ricchi e anche se le angosce di questi ultimi mesi oscurano il resto non va dimenticato che, come ricorda Luca Paolazzi nel saggio Libertà e benessere in Italia, dall’Unità al 2007, prima che scoppiasse la crisi, «il reddito medio degli italiani è salito di otto volte e mezzo (il Pil per abitante è passato dall’equivalente di 2.500 a 21.700 euro, in potere di acquisto del 2000), la vita si è allungata da trenta a ottant’anni, l’analfabetismo in senso stretto è stato sradicato…». Unica costante, nella povertà e nel benessere: la perenne avarizia verso la scuola. La girandola di ministri, che nel 1901 erano già cambiati 33 volte. Le sanatorie dei precari, la prima nel 1859.
L’unica consolazione, per i maestri di oggi, è che almeno non sono più chiamati a eroismi come quelli richiesti alla maestrina Tecla Guadagnin che nel diario esposto a Caprile racconta di come ci mise cinque giorni ad arrivare, a dorso di mulo, alla «sua» misera scuola alle sorgenti dell’Isonzo, oltre Caporetto. Una camera sopra l’ovile, il tetto rotto, «per letto un lurido saccone di fieno con coperta tolta al mulo della guardia di frontiera». E lei che sospirava sul ritornello di una canzone: «O maestrina della montagna / non ci badar se la neve ti bagna / cuore temprato, pieno d’ardor / tu sei del confine il solo bel fior».

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Il Corriere della Sera 18.07.12