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"Acqua, rifiuti ed energia sogniamo città verdi", di Antonio Pascale

Il punto di gravità del mondo si è spostato, dalla campagna alla città. Per dire, alla fine del Seicento tre su quattro abitavano e lavoravano in campagna. Poi è cambiato tutto. Nel XX secolo la popolazione complessiva delle città è cresciuta da 250 milioni a 2,8 miliardi di persone. Nel 2050 i residenti in città saranno 6 miliardi. Immaginiamo le città del futuro come isole verdi: edifici ad alta efficienza energetica, solo auto a idrogeno o elettriche, cibo prodotto da fattorie biologiche costruite nelle vicinanze, elettricità generata dalla brezza marina, treni sotto vuoto, biciclette intelligenti. Io ci tengo: è lo slogan coniato per festeggiare la giornata mondiale della terra, quest’anno dedicata al tram e alle città verdi. Il punto di gravità del mondo si è spostato, dalla campagna alla città. Prima della rivoluzione neolitica la terra ospitava quasi dieci milioni di nostri simili che però avevano altre abitudini. Praticavano caccia e raccolta, mangiavano più di 180 specie diverse e pare che non se la passassero nemmeno male. Dopo la rivoluzione del neolitico le cose sono parecchio cambiate. Ci siamo cibati con 4 specie di cereali, e poi vita sedentaria. È calata l’altezza, sono arrivate le carie, l’osteoporosi, insomma il nostro sistema metabolico ancora non si è ripreso dall’insana idea di coltivare un pezzo di terra. Oltre all’incresciosa abitudine di cominciare a vivere tutti insieme, in città villaggio. Ci siamo presi un sacco di malattie.
Certo nei millenni il rapporto tra campagna e città era sbilanciato, tanto per dire, alla fine del Seicento tre su quattro abitavano e lavoravano in campagna. Poi è cambiato tutto. Conviene dare alcuni numeri. Nel XX secolo la popolazione complessiva delle città è cresciuta da 250 milioni a 2,8 miliardi di persone. Nel 2050 i residenti in città saranno 6 miliardi. Se prima tanti osservatori del fenomeno dell’urbanizzazione erano critici e vedevano nella città povertà, sottosviluppo, crimine e malattie a iosa, ora si è capito una fondamentale verità: anche una periferia degradata e povera offre benefici che i villaggi e le campagne non possono dare.
Spostarsi dalla campagna alla città è vantaggioso soprattutto per le donne. Come ha detto Kavita N. Ramdas del Global Fund for Women «in un villaggio, tutto quello che può fare una donna è obbedire al marito e ai parenti, macinare miglio e cantare. In città invece può trovare un lavoro, cominciare un’attività e dare istruzione ai figli».

IL Corriere della Sera 22.04.14