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"Al Pd quasi un Consenso su due da chi votava altro", di Nunzio Paglioncelli

Chi aveva scelto il centrodestra nel 2013 per il 59% preferisce Forza Italia mentre l’8% va al partito di Alfano di

Le elezioni dello scorso anno sono risultate un vero e proprio terremoto politico. Secondo il Cise del professor D’Alimonte si è registrato il più elevato tasso di volatilità di sempre, ossia la percentuale di elettori che hanno modificato il proprio comportamento di voto rispetto alla tornata elettorale precedente. Ebbene, nel 2013 quasi due elettori su cinque (39,1%) hanno cambiato la scelta del 2008, tradendo il partito votato allora. È un dato che risulta ancor più eclatante se si considera il confronto internazionale: infatti analizzando le 279 elezioni legislative che si sono tenute in 16 paesi europei dal 1945 al 2013, il dato italiano dello scorso anno si colloca al terzo posto. L’emorragia di voti dei principali partiti è stata davvero impressionante: il Pdl, che aveva trionfato nel 2008, ha perso 6,3 milioni di elettori; il Pd ne ha persi 3,5 milioni, la Lega Nord ha più che dimezzato il proprio elettorato perdendo 1,6 milioni di voti, e così via.
Il calo di voti dei principali partiti ha determinato anche una sorta di sconvolgimento nel profilo degli elettorati, facendo perder loro i tradizionali riferimenti sociali e mettendoli in forte difficoltà nell’individuare domande e aspettative e nell’elaborare nuove proposte. Il Movimento 5 stelle, al debutto nazionale, si è affermato come primo partito ottenendo circa 8,7 milioni di voti. L’analisi dei flussi elettorali, che consente di stimare gli spostamenti di voto da un partito ad un altro, ha messo in evidenza la straordinaria trasversalità del movimento di Grillo che lo scorso anno è stato capace di intercettare quasi in egual misura gli elettori delusi dai partiti di centrosinistra e di centrodestra e di richiamare al voto elettori che nel 2008 non avevano votato. A poco più di un anno da quel terremoto è interessante verificare le dinamiche elettorali attuali, per capire se siamo in presenza di un perdurante «sciame sismico» oppure se le «scosse di assestamento» abbiano lasciato spazio a un nuovo equilibrio. Dall’analisi, effettuata su più campioni per aumentare l’affidabilità delle stime, emerge un livello di fedeltà ai partiti decisamente più elevato rispetto a quanto registrato lo scorso anno. In particolare circa due terzi degli elettori del Pd e della Lega Nord appaiono propensi a confermare il proprio voto e il 59% degli elettori del M5S risulta fedele alla scelta del 2013. Tra coloro che avevano votato il Pdl il 59% intenderebbe votare Forza Italia, l’8% Ncd e il 7% Pd. Quest’ultimo è un dato davvero inedito, tenuto conto della tradizionale impermeabilità tra il partito di Berlusconi e il principale partito antagonista. D’altra parte si è più volte sottolineato il grande appeal di Matteo Renzi presso l’elettorato di centrodestra e quello centrista. Gli indecisi e gli astensionisti sono più numerosi tra le fila della sinistra (Sel e Rc 39%), di Fratelli d’Italia (27%), di Udc e Fli (26%) e del Pd (26%), a conferma del fatto che il nuovo corso renziano attrae sì nuovi elettori ma determina anche delusione in una parte di elettorato più tradizionale del Pd che al momento preferirebbe astenersi anziché scegliere altri partiti. I flussi di provenienza del voto di ciascun partito evidenziano infatti che tra quanti oggi voterebbero il Pd solo la metà (54%) aveva votato per lo stesso partito lo scorso anno: più bassa è questa percentuale e più elevata risulta la capacità di attrazione di nuovi elettori che, nel caso del Pd, si stima provengano soprattutto da M5S (13%), da Scelta civica (12%), dal Pdl (5%) ma anche da chi si era astenuto lo scorso anno (8%). Il movimento di Grillo ha una fortissima componente di elettori del 2013 (80%) e attrae in misura uguale elettori Pd e Pdl (4%). Fi ha un elettorato concentrato tra gli ex elettori del Pdl (77%) e fatica ad attrarne di nuovi. La Lega dopo il severo risultato dello scorso anno appare in crescita, attirando voti dal Pdl (15%) da Scelta civica (12%) e dal M5S. Da ultimo, Ncd e Fdi, due partiti molto trasversali: il partito di Alfano al momento avrebbe un elettorato proveniente per quasi la metà dal bacino originario (31% da elettori Pdl e 15% da elettori Udc e Fli), per il 20% da Scelta civica, per l’8% dal M5S, per il 6% da Fdi e per l’8% da chi nel 2013 si era astenuto. Tra gli elettori del partito di Giorgia Meloni solo un quarto proviene da elettori che avevano votato per Fdi nel 2013 mentre il 23% proviene da elettori Pdl, il 15% dal M5S, il 7% dalla Lega e ben 11% da astensionisti. E analizzando le intenzioni di voto rilevate dopo le festività pasquali l’unica novità di rilievo è costituita dalla lieve crescita del consenso per Fdi che al momento si collocherebbe al di sopra della soglia del 4%. Gli altri partiti presentano scostamenti minimi rispetto alla scorsa settimana: d’altra parte, è difficile immaginare spostamenti di voto di centinaia di migliaia di elettori in poco tempo. E, ancora una volta, è opportuno ricordare che non si tratta della previsione dell’esito finale delle europee ma di stime: va tenuto in debito conto l’elevata incertezza che ancora permane, l’incognita dell’astensione e il fatto che le campagne elettorali servono a «smentire» le stime dei sondaggi, dato che ogni partito investe tempo, energie e denaro per mobilitare elettori e aumentare il proprio consenso, contraddicendo quanto i sondaggi fotografano nel corso della competizione.

da Il Corriere della Sera