economia

"Un mondo di sommerso", di Giuliano Rosciarelli

Il presidente dell’Istat Giovannini, in occasione di un’indagine conoscitiva avviata in Commissione alla Camera, rivela che il 12,2 per cento delle forze lavoro ha movimentato un’economia a “nero”. Specie al Sud.
Tre milioni di persone in Italia nel 2009 hanno lavorato “a nero”, senza tutele e molto spesso sotto pagati. Un esercito di invisibili pari a circa il 12,2 per cento del totale delle unità di lavoro impiegate nel paese che ha movimentato una economia sommersa nel 2006 (ultimo anno di pubblicazione delle stime) pari al 6,4% del pil. Le stime sono state indicate dal presidente dell’Istat, Enrico Giovannini, in occasione di una indagine conoscitiva presso la Commissione Lavoro della Camera.

Ad avvantaggiarsi di più del lavoro non regolare, secondo una ricerca della Svimez, l’Associazione per lo sviluppo dell’industria nel Mezzogiorno. che sarà pubblicata sul prossimo numero della Rivista Economica del Mezzogiorno, sono state le imprese meridionali e in particolare quelle di piccole dimensioni, cresciute di più in numero di addetti, fatturato, propensione all’export e spesa in ricerca rispetto ai grandi aggregati industriali del sud.

L’analisi si basa su un campione di oltre 5mila aziende manifatturiere con un numero di addetti compreso tra 11 e 250, osservate per il triennio 2004-2006; periodo nel quale le imprese meridionali hanno visto aumentare il numero di addetti in misura più pronunciata rispetto al triennio precedente: da – 0,8% a + 2,6%. Il recupero però ha interessato, come detto, soprattutto le piccole e medie aziende con 11-20 addetti, passate dal -11,3% al +3,4% rispetto al triennio precedente.

In crescita anche il fatturato delle pmi meridionali, che passa, per il complesso delle imprese del campione, dal +7% del triennio 2001-2003 al +10,3% del 2004-2006. In valori assoluti, gli oltre 9 milioni di euro di fatturato medio per azienda del 2004 diventano più di 10 nel 2006. Ancora una volta sono le piccole imprese (11-20 addetti) a segnare il maggior progresso, con un aumento di oltre 12 punti percentuali nel tasso di crescita (da – 0,4% del 2001-2003 al 12% nel 2004-2006).

Situazione invece più complessa per quanto riguarda l’export. Qui per effetto della crisi dei primi anni 2000 le piccole imprese meridionali esportatrici (11-20) si sono ridotte notevolmente, passando dal 49,5% sul totale delle piccole imprese del campione nel 2003, al 30,9% nel 2006. Ma chi ha resistito è stato premiato con un vero e proprio boom del fatturato esportato, in crescita di quasi 14 punti, dal 26,2% sul proprio fatturato complessivo del 2003 al 39,9% del 2006. Anche in relazione alla produttività, le piccole imprese meridionali registrano un segno positivo: +3,4% di crescita, quasi un raddoppio del +1,8% del triennio precedente. Situazione opposta per le classi 21-50 e 51-250, rispettivamente – 5,4% (dal +14,8%del 2001-2003) e – 0,1% (contro il -2,2%).

Per la Svimez, nonostante i limiti della struttura industriale meridionale, nel periodo in questione le aziende del Sud della classe 11-20 addetti hanno quindi dimostrato una maggiore tenuta e capacità di reazione rispetto alle grandi ma segnando però un «successo legato – evidenzia il rapporto – ad una maggiore commistione con l’economia sommersa».
Da Terra News 16.04.10