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L'Italia crolla, il governo dorme

La casa dei gladiatori a Pompei si sbriciola e finisce sulle prime pagine di tutti i giornali del mondo. Vicenza e il Veneto sotto un metro e mezzo d’acqua per oltre una settimana con almeno un miliardo di euro di danni e gli imprenditori che minacciano di non pagare più le tasse.
Un paese che crolla, finisce piegato di fronte a emergenze sempre prevedibili ma mai affrontate.
Per questo il crollo della domus dei gladiatori a Pompei “è la metafora del dramma italiano, vogliamo fare i miracoli e non facciamo le cose normali, poi casca tutto” come ha detto il segretario del Pd, Pier Luigi Bersani a ‘In mezz’ora’. Bersani ha criticato la gestione dei beni culturali: “Come è possibile un paese in cui si commissaria tutto, anche Pompei dove invece che mandare archeologi si è affidato tutto alla protezione civile, che ha speso 60 milioni di euro senza fare una gara, e ha destinato solo il 20% per la manutenzione”. Soldi buttati per la valorizzazione invece che per i restauri, errori madornali che dovranno essere pagati. Per questo il PD ha chiesto che il governo venga urgentemente a riferire in Aula su questo vergognoso episodio e sta valutando la mozione di sfiducia nei confronti del ministro della Cultura, Sandro Bondi, come annuncia Dario Franceschini, presidente dei deputati Pd: “Stiamo attendendo la risposta da parte del ministro Bondi ed è evidente che la gravità dei fatti fa ritenere che tra le cose possibili all’esito della Informativa vi sia una mozione di sfiducia che naturalmente valuteremo insieme agli altri gruppi parlamentari.”
Giorgio Napolitano ha definito il crollo una “vergogna per l’Italia”, esigendo spiegazioni da chi ha il dovere di darle, “al più presto e senza ipocrisie”. Nel silenzio degli esponenti della maggioranza, Sandro Bondi rileva la difficoltà di gestire un patrimonio immenso come quello italiano e si appella alla scarsità dei fondi a disposizione. Eppure c’è lui al governo.

Tanta preoccupazione anche per il Veneto, dove Enrico Letta oggi ha incontrato il sindaco di Vicenza, Achille Variati, ed ha tenuto una conferenza stampa per richiamare l’attenzione sulla catastrofe che ha colpito la città e tantissimi comuni.
“L’Italia deve chiedere scusa al Veneto per l’indifferenza e la disattenzione con cui ha seguito la crisi dell’alluvione” ha detto il vicesegretario PD dopo un giro tra le province di Vicenza e Verona. Il Pd presenterà un pacchetto di emendamenti su tre aspetti: 1)sospensione dei tributi e dei pagamenti, 2)esenzione per i comuni dai vincoli del patto di stabilità; 3) risarcimenti per i danni.
“Zaia e Berlusconi fino ad ora sono stati disattenti. Zaia non è ancora nemmeno andato a visitare Vicenza – attacca Letta – Alla Lega si chiedono stavolta fatti e non
parole”.Per il PD si era già recata nei luoghi alluvionati, subito dopo il disastro, la senatrice Maria Pia Garavaglia che raccontava di scene simili allo tsunami: “paesi allagati, infrastrutture distrutte, agricoltura e paesaggio devastati. Il governo stanzi i finanziamenti necessari per evitare che si ripetano annualmente delle catastrofi”.

Il nostro timore è quello di una gestione dell’emergenza di stampo propagandistico come accaduto con il terremoto dell’Aquila e con i rifiuti in Campania, mentre come ha dichiarato Bersani la scorsa settimana,“serve un piano di messa in sicurezza dei territori: un piano complessivo di interventi di riqualificazione e potenziamento del sistema idrogeologico, un impegno prioritario per le nostre comunità e per lo sviluppo del nostro Paese. Il Governo intanto è chiamato a restituire il diritto ad una vita normale alle migliaia di famiglie sfollate in Veneto, a porre rimedio agli ingenti danni che questa Regione ha subito a tutti i livelli e a garantire immediatamente certezze anche a tutti gli artigiani, piccoli imprenditori, commercianti che vedono a rischio le loro attività”.

Alessandra Moretti, il vicesindaco, ci racconta di una mobilitazione straordinaria. Da lunedì scorso sono oltre 2.500 i volontari, per l’80% giovani dai 15 ai 25 anni, con molti immigrati, organizzati con le loro associazioni coordinati dalla Protezione Civile di Vicenza e da un nucleo operativo con tutti gli assessori. “Ognuno di noi aveva una zona da coordinare con tutte le forze: ma i danni sono ingentissimi, 1 metro e 80 d’acqua che ha colpito tutta la zona degli argini. Parliamo di case, imprese, uffici, commercianti e artigiani che hanno perso milioni di euro, magazzini e corte da buttare”. Il vicesindaco spiega le ragioni dello sciopero fiscale minacciato da Confindustria: “Il Veneto garantisce almeno 1,5 miliardi di euro di gettito. Adesso con lo stato di crisi si può sforare il Patto di stabilità ma la quantificazione dei danni è difficilissima, ci sono 9.000 persone alluvionate e 2.000 capannoni industriali a mollo, ma è ancora tutto da quantificare il danno del fermo dell’attività produttiva, specie per aziende con decine e decine di lavoratori. I problemi sono tanti: si stanno smaltendo 700 tonnellate di rifiuti al giorno contro i 90 attuali. Ci stanno mettendo a dura prova, ci siamo rimboccati le maniche ma adesso devono arrivare fondi importanti. Invece ci sono appena 20 milioni dal governo e 2 dalla regione, che serviranno solo a coprire parte delle spese sostenute”.

Gli imprenditori sono infuriati: “Se il sostegno alle imprese e ai cittadini vicentini non ci sarà da parte dello Stato, noi non pagheremo le tasse”. Non usa mezzi termini, a Radio 24, il vicepresidente degli industriali vicentini, Luciano Vescovi, parlando dei danni causati in Veneto dal maltempo: “Una critica voglio farla anche a Zaia – continua Vescovi – che ancora non si è fatto vedere qui a Vicenza. Il manifatturiero è in ginocchio, dobbiamo ricomprare le macchine e la produzione è ferma. Se lo Stato non ci aiuta, con un sostegno serio, verrà colpita una parte sana dell’economia italiana. Il manifatturiero vicentino esporta più della Grecia e tiene su una buona parte dell’economia italiana. Il sostegno per noi è un sostegno per l’economia del paese. Se venendo qui lo Stato vedrà le strade ripulite dal fango e dirà bravi vi siete arrangiati, ebbene noi ci arrangeremo con le tasse. Perché questa volta siamo veramente stufi e questa considerazione che faccio è apolitica e non leghista”.

Al Veneto spiccioli e illusioni.
Lo scriviamo, e oggi lo facciamo anche con una lettera ai ministri veneti perché il Governo dopo aver dichiarato lo stato di emergenza venerdì scorso ha erogato appena 20 milioni. Paola De Micheli responsabile Piccole e medie imprese del PD chiede “un intervento straordinario in difesa delle imprese locali e dell’occupazione. Oltre un miliardo di danni rischiano di mettere in ginocchio per mesi il tessuto produttivo veneto, e i 20 milioni stanziati dal governo sono una cifra ridicola se non offensiva. Serve allentare il patto di stabilità interno consentendo agli enti locali di usare le risorse disponibili per interventi d’urgenza a favore del settore produttivo e infrastrutturale. Serve l’immediato pagamento dei crediti che le imprese locali vantano nei confronti della pubblica amministrazione e una moratoria dei debiti che le imprese colpite dal maltempo hanno nei confronti delle banche. Debiti che sicuramente il sistema imprenditoriale veneto saprà onorare vista la forza e la vitalità che da sempre ne contraddistingue l’azione. Sono interventi d’urgenza a cui devono seguire misure strutturali: è ora che il governo passi ai fatti”.

Chiara Braga, responsabile Politiche per la difesa del territorio del dipartimento Ambiente del PD lancia l’allarme: non si può certo pensare di ricorrere ai fondi stanziati ormai un anno fa e non ancora assegnati (900 milioni di euro) per far fronte ad altre emergenze.
E poi va messo in pratica il “Piano nazionale di messa in sicurezza del territorio, come il PD chiede da tempo, individuando al più presto le risorse necessarie alla sua copertura, perché non ci si ritrovi a breve a dover rincorrere altre nuove emergenze. Insomma il governo, a partire dal ministro dell’Ambiente, dia subito un segnale di netta inversione di tendenza, ripristinando i fondi destinati alla difesa del suolo e falcidiati dalla finanziaria”.
Intanto il governo si appresta a nominare Luca Zaia commissario straordinario per l’emergenza. La presidente del forum Politiche Ambientali PD, Laura Puppato, è lapidaria: “E’ inadatto. Ha condiviso nell’ultimo decennio le scelte scellerate del centrodestra in materia urbanistica e di sgoverno del territorio. È come mettere delle volpi di guardia ai pollai”.

Pompei, non prendetevela con Giove Pluvio.
Il crollo della ‘casa dei gladiatori a Pompei’, verificatosi sabato scorso è un disastro annunciato per il patrimonio artistico e storico italiano. La ‘Schola armaturarum’, l’Armeria dei giovani gladiatori risalente al 62 d.C., si è completamente polverizzata, a causa dello smottamento del terreno per il mal tempo. Due episodi minori si erano già verificati nello scorso giugno e a gennaio di quest’anno, ma evidentemente sono stati ampiamente sottovalutati dai commissari della Protezione civile. Così il governo crolla anche su questo, sepolto dalla cenere della mala gestione. Da oltre due anni infatti Bondi fa a meno della Sovrintendenza e degli archeologi, per affidare la responsabilità esclusiva dell’area alla Protezione Civile, con un commissario. Lo scorso giugno il commissario è scaduto, Bondi già ad aprile aveva annunciato la prossima nascita di una Fondazione per Pompei, ma di questo nuovo ente non si è saputo più nulla ed ora in un area tanto importante c’è un reggente, non titolato a disporre dei fondi economici e i risultati di questa decisione purtroppo sono sotto gli occhi di tutti. Il crollo è l’esito dell’incuria istituzionale ed economica in cui sono abbandonati i beni culturali del Paese, perché le risorse in questo caso c’erano. A Pompei sono stati spesi molti soldi, senza procedure di evidenza pubblica e sotto la direzione della Protezione Civile.
Investimenti da decine di milioni di euro hanno trasformato il sito in una sorta di pacchiana disneyland archeologica, scarsi, invece, gli investimenti per la messa in sicurezza del sito. Perché?
Bondi è riuscito a tenere nel sito archeologico una conferenza stampa quasi esilirante, prendendosela con la pioggia. “In questa vicenda ci sono responsabilità evidenti, non è scaricando la colpa su Giove pluvio che il Governo si salverà la faccia – attacca Matteo Orfini, della Segreteria Pd, Responsabile Cultura e Informazione – la conferenza stampa del ministro Bondi è una puntata speciale de “La Corrida”, un gruppo di dilettanti allo sbaraglio che ha tentato, nell’ilarità generale, di giustificare due anni di fallimenti”. Mario Resca ha spiegato che in Italia non mancano solo le risorse economiche (il cui taglio peraltro è dovuto al governo che lo ha nominato), ma anche le competenze necessarie a operare sul patrimonio. Forse, -ha detto Orfini – gli sarà sfuggita la presenza nel nostro Paese di migliaia di archeologi, restauratori, storici dell’arte plurititolati e stimati nel mondo. Bondi si è nuovamente esibito nella sua performance preferita, quella ‘dell’ incompreso’, chiedendosi perché non trovi sotto al suo ufficio migliaia di persone che lo ringraziano per lo stato di crisi dei musei, delle biblioteche, delle soprintendenze, dello spettacolo dal vivo e del cinema. Ma quello che più colpisce è la difesa fatta dal professor Carandini dello strumento dei commissariamenti come unica soluzione all’incapacità degli umanisti di gestire e amministrare il patrimonio. Una tesi così diversa, lo dico avendo avuto l’onore di seguirlo da studente, da quella che fino a qualche anno fa insegnava a La Sapienza”.
Si è domandato Orfini: “E’ davvero impossibile gestire il nostro patrimonio se non attraverso la Protezione civile? Non sarebbe forse il caso di andare alla radice del problema e commissariare direttamente un ministro palesemente inadeguato? Nei prossimi giorni il Partito Democratico sarà a Pompei e nei tanti luoghi di sofferenza del mondo della cultura per presentare le sue proposte per il settore e per i tanti lavoratori, spesso precari, di cui il governo non si occupa”
La deputata Pd, Luisa Bossa, ex sindaco di Ercolano, denuncia come “la situazione dei siti archeologici e culturali campani è sotto gli occhi di tutti. Basta fare un giro in zona, dai Campi flegrei all’area archeologica di Pompei ed Ercolano, per rendersene conto. A Pompei mancano vigilanza, coordinamento, criteri di gestione. Lo stesso va detto per altri importanti siti archeologici della regione. Da Pozzuoli a Bacoli e fino a Cuma, anfiteatri, templi, necropoli sono chiusi. Il panorama è desolante: ci sono fosse biologiche per i bagni dei cantieri scavate a pochi metri dalle mura antiche, prefabbricati incastrati nei locali che furono le palestre dei gladiatori, colonnati corinzi e archi in reticolato romano che diventano appendiabiti per giacche e giubbotti, magari con qualche chiodo inserito all’occorrenza nelle mura antiche. Tutto questo – ha aggiunto Bossa – lo testimoniano, da mesi, le foto pubblicate dai giornali napoletani. E l’ho denunciato io stessa in diverse interrogazioni urgenti al ministro. E quando abbiamo posto la questione del degrado negli scavi Bondi ha risposto in modo piccato e risentito, difendendo il lavoro dei suoi commissari”. Non si risparmia una battuta la parlamentare: “A questo punto speriamo che il prossimo reperto archeologico a crollare sia proprio il governo di cui fa parte il Ministro Bondi, che pensa che governare significhi raccontare una balla al giorno, così almeno salviamo quel che resta della cultura in questo Paese”.
Purtroppo Pompei è il simbolo di una realtà diffusa, quella del Belpaese maltrattato, per citare un recentissimo libro di Roberto Ippolito. Una delle più ricche risorse dell’Italia, che il governo Berlusconi ignora è il suo patrimonio artistico, ma Ippolito ci ricorda come siamo primi al mondo per il numero di siti inclusi nella lista dell’Unesco dei patrimoni dell’umanità (43 su 878), eppure l’Italia continua ad andare a marcia indietro nel turismo: nel 1970 era in testa alla classifica mondiale per turisti stranieri ospitati, via via ha perso quote di mercato e oggi è solo quinta (superata da Francia, Spagna, Stati Uniti e Cina). L’Italia paga per quello che manca, una strategia complessiva di rilancio del turismo culturale, che punti sui valori e non sul business, che operi un rilancio vero e non di facciata.

A una settimana dalla piena del Bacchiglione del Retrone e di tanti altri corsi d’acqua il Veneto è ancora immerso sotto un metro di fango. I danni sono quantificati in un miliardo di euro e lo stanziamento del governo è di appena 20 milioni di euro. Le imprese sono in ginocchio e gli imprenditori minacciano di non pagare le tasse, l’unico fatto che è riuscito a bucare il muro di gomma dei media sulla catastrofe che ha portato a 4.500 persone evacuate solo nella provincia di Padova.

Ma.Lau. – Anto.Pro
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