attualità, politica italiana

"Una partita a scacchi di 27 giorni", di Marcello Sorgi

La conferma che, d’intesa tra Napolitano, Fini e Schifani, il dibattito nei due rami del Parlamento, al Senato sulla mozione di sostegno al governo, e alla Camera su quella di sfiducia, si svolgerà e si concluderà con i rispettivi voti contemporaneamente, il 13 e il 14 dicembre, non esclude che alla fine il governo si ritrovi con la maggioranza espressa da Pdl e Lega a Palazzo Madama e vada invece sotto, senza i finiani, a Montecitorio.

Berlusconi avrebbe preferito una sfalsatura temporale dei due dibattiti, sia per ottenere prima il voto favorevole del Senato e farlo pesare nella ricerca di una maggioranza anche solo numerica tra i deputati. E sia per presentarsi al Quirinale, al momento delle dimissioni, con solo una mezza sfiducia, o se si preferisce con una fiducia e una sfiducia insieme. Secondo il premier questo dovrebbe bastare al Capo dello Stato ad escludere il tentativo di dar vita a un altro governo, con qualsiasi formula, che si troverebbe sicuramente in minoranza al Senato per l’opposizione dello stesso asse Pdl-Lega che si prepara a sostenere ad ogni costo Berlusconi. Un ragionamento del genere, va da sé, reggerebbe anche se i due voti contrastanti di Camera e Senato fossero espressi nello stesso giorno, e non uno dopo l’altro.

Ma che questo basti a condizionare le scelte di Napolitano e ad imporgli subito lo scioglimento, è da vedere. Non perché il Presidente della Repubblica sia orientato a promuovere la nascita di un nuovo governo anche a dispetto dei santi. Tutt’altro. Napolitano, come ha già fatto in circostanze del genere, si atterrà ai risultati delle consultazioni, e se da un certo numero di partiti verrà la richiesta di fare il tentativo, c’è da attendersi che il Presidente lo farà solo se emergerà la possibilità che un’eventuale nuova maggioranza si possa ritrovare, oltre che in un governo, attorno a un programma chiaro e condiviso.

Tuttavia la semplice espressione del voto a favore di Berlusconi da parte del Senato non è detto che basti al Capo dello Stato per escludere con una ragionevole certezza la possibilità di un nuovo governo. Napolitano in altre parole potrebbe avere la necessità di verificare che tra i senatori che dovrebbero schierarsi a maggioranza con il Cavaliere non esista la disponibilità ad appoggiare successivamente, anche se temporaneamente, un esecutivo diverso, prima di andare ad elezioni. Un tentativo analogo a quello che su praticato dopo la caduta di Prodi, e ovviamente carico di insidie per Berlusconi. Ma che potrebbe rivelarsi indispensabile se dalle consultazioni dovesse venire un’indicazione in questo senso.

La Stampa 17.11.10