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“Dario Franceschini: «La linea è decisa, basta sbandare in politica non si cambia per paura»”, di Goffredo De Marchis

“Abbiamo discusso, abbiamo votato, abbiamo deciso. E da segretario dico che un partito non può sbandare continuamente. Chiti e Rutelli chiedono di ripensare il sostegno al referendum? Capisco tutto, anche lo spirito costruttivo con cui mi rivolgono questo appello, ma la mia riposta è no”.
Dario Franceschini parla al telefono dal treno con cui attraversa la Basilicata e la Puglia.
“Siamo impegnati in una campagna elettorale d’ascolto. Cerchiamo di entrare in contatto con l’Italia che non si vede in televisione, vogliamo accendere i riflettori sui problemi tenuti nascosti dal governo. Un grande partito riformista può fare il bene del proprio Paese anche stando all’opposizione. Abbiamo il dovere di seguire questa strada, non di riaprire un dibattito che si è già risolto nella direzione, dopo tanti approfondimenti, con più di 100 voti a favore del Sì e 5 contrari”.

Ma lei sa che la richiesta di una marcia indietro cresce per via del pronunciamento di Silvio Berlusconi. Il timore è che il premier approfitti di un successo del referendum per tornare al voto e conquistare, da solo, la maggioranza assoluta.
“Che partito sarebbe un partito che cambia idea, ripeto: dopo aver a lungo discusso, solo perché il premier distrattamente ha detto a Varsavia che sosterrà il Sì. La domanda alla quale gli italiani devono rispondere il 21 giugno è la seguente: volete abrogare la legge porcata, quella che sottrae agli elettori il diritto di scegliersi non solo i partiti ma anche le persone da mandare in Parlamento? Togliendo di mezzo la politologia, chi ha contrastato con durezza quella norma non può che rispondere Sì. Poi ci saranno 4 anni, qualunque sia l’esito referendario, per fare una buona legge elettorale”.

Non bisogna tenere conto delle parole di autorevoli dirigenti del Pdl che hanno già detto: nessuna riforma, se passano i quesiti si applica la norma uscita dalle urne?
“Ricordo al Pdl e a coloro che si mostrano impauriti per le dichiarazioni di Cicchitto e Gasparri che il partito di Berlusconi ha 271 deputati su 630. Tutti gli altri sono più che sufficienti per varare un nuovo sistema di voto. E a chi mi chiede di ascoltare la Lega e il suo appello contro il referendum, rispondo: se vincono le astensioni o il No la stessa Lega dirà che il voto degli italiani conferma la legge Calderoli. Capisce cosa significa? Ce la dovremo tenere a vita. Sarebbe un pessimo risultato per chi l’ha sempre contrastata, non crede?”.

Resta il pericolo di un Berlusconi piglia-tutto se il premio di maggioranza va al partito maggiore.
“Chi crede, o finge di credere, alla presunta minaccia di Berlusconi, sciolgo le Camere e riporto il Paese alle urne, dovrebbe riflettere su un dato molto semplice: non c’è bisogno di alcun referendum per dare seguito a questo progetto. Il Cavaliere può cavalcarlo anche con la legge attuale: va da solo e se arriva primo si prende la maggioranza dei seggi. Questa paura dunque è insensata. E quando in politica vince la paura si commettono errori fatali”.

Oggi però le voci di dissenso dentro il Pd sono molte. Tre disegni di legge in campo per altrettanti modelli elettorali, comitati per l’astensione, alleati schierati con il No. Dopo le elezioni europee, il Pd potrebbe riesaminare la sua scelta?
“Ho preso un impegno con l’assemblea costituente che mi ha eletto e finché sono il segretario intendo mantenerlo. L’impegno è questo: ci si chiude nelle sale riunioni, si discute, se capita si litiga ma non sui giornali o in pubblico. Poi, democraticamente si decide e tutti insieme si sostiene la stessa linea. È esattamente ciò che abbiamo fatto sul referendum. Perciò sono convinto che queste mie parole chiudano definitamente il dibattito”.

Intanto Di Pietro approfitta delle vostre divisioni, cambia idea e annuncia una battaglia contro il referendum che consegna l’Italia a Berlusconi. I distinguo del Pd ricominciano a fare danni?
“Io so che la nostra posizione è giusta e l’abbiamo decisa a larghissima maggioranza. Quanto a Di Pietro, mi sono impegnato a non fare polemiche con i “colleghi” dell’opposizione. Abbiamo tutti un avversario più grande: la destra. Ma se uno cambia idea come riflesso condizionato per le parole di Berlusconi dopo aver raccolto con entusiasmo le firme per i quesiti, come ha fatto proprio Di Pietro mica noi, beh c’è un problema irrisolto con la politica. Sa una cosa? Sono veramente preoccupato all’idea di vedere Di Pietro su un palco accanto a Bossi e Calderoli che gridano insieme: “Votate no”. Proponendo cioè all’Italia di tenersi la legge porcata…”.

Rutelli spiega che la tattica del Pd non ha funzionato: inutile far finta che il referendum non esista sperando che fallisca il quorum. Chiti raccoglie firme sotto il suo disegno di legge con l’Udc prefigurando nuove possibili alleanze. È già cominciato lo scontro per il congresso del Pd?
“Non è possibile vedere dietro ogni critica chissà quale retroscena. E io stimo sia Rutelli sia Chiti. Ma da segretario, finché sono al mio posto, dico: il Partito democratico ha discusso e deciso. Adesso concentriamoci sui problemi veri degli italiani”.

La Repubblica, 12 maggio 2009