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“In arrivo una leggina per tagliare la prescrizione del caso Mills”, di Liana Milella

ROMA – Al tappeto dopo il micidiale knock out della Consulta sul lodo Alfano il team giuridico del Cavaliere sbanda, si divide, ma già è al lavoro su nuove sorprese ad personam. Una su tutte: intervenire di nuovo sui tempi di prescrizione, dopo il pesante intervento della Cirielli, nel disperato tentativo di far “morire” subito il processo Mills. Niccolò Ghedini e Angelino Alfano escono azzoppati dalla partita sullo scudo congela-processi, ma ancora a loro due si è rivolto il Cavaliere per esigere, in tempi brevi, una legge che spunti le armi dei magistrati milanesi. «Non voglio governare con l’incubo delle udienze, datevi da fare» gli ha detto liquidandoli. Tacchi indietro, i due si sono messi al lavoro. E adesso, in queste ore, nello studio di Ghedini e nelle stanze di via Arenula, comincia a prendere forma un disegno di legge “leggero” in cui mettere al primo posto i nuovi limiti della prescrizione e poi altre tre “creature” ghediniane, poteri potenziati delle difese a scapito dei giudici, ricusazione più facile delle toghe, stretta nell’utilizzo delle sentenze passate in giudicato. Tutto questo ha un solo norme: una nuova legge tagliata su misura per Berlusconi. Smilza, pochi articoli, di facile gestione parlamentare, con una corsia preferenziale garantita tra Camera e Senato. Da approvare per febbraio, marzo. In grado di chiudere subito il processo Mills, quello più pericoloso per Berlusconi, che con le regole di oggi è prescritto a metà del 2012.

Avrebbe voluto un decreto il premier. Ma, assai contriti, sono stati costretti a dirgli che sarebbe difficile spiegare a Napolitano quali sono le ragioni di necessità e urgenza per cambiare le regole della prescrizione e costringere i giudici ad ancorarla in modo meccanico. Un nuovo braccio di ferro con il Colle è meglio evitarlo. Dunque si vada a un ddl che anticipa, da quello sul processo penale in sonno al Senato, le norme già scritte da Ghedini per Berlusconi a febbraio. Lungimirante il Ghedini: alla fine del 2008, con il lodo Alfano appena applicato al processo Mills, l’avvocato di Padova era consapevole della sua inconsistenza e sfornava nuove norme per proteggere Berlusconi. Vediamole.

La prescrizione in primis. Che hanno fatto i pm di Milano? Hanno ancorato la decorrenza alla data in cui, era febbraio 2000, l’avvocato di Londra entrò in possesso dei 600mila dollari, regalo del premier per la sua versione addomesticata sui fondi neri, e non al 1998 quando quei soldi furono versati. Una scelta che Ghedini, da avvocato, ha sempre criticato. Adesso appresta lo strumento legislativo per togliere ai pm questa libertà mettendo dei paletti rigidi. Il reato fu commesso quando i soldi partirono e non quando furono utilizzati. Quindi la data è il ‘98. La norma, più favorevole all’imputato rispetto a quella attuale, dovrà essere applicata anche al processo Mills che, a quel punto, dovrà subito chiudere i battenti perché i dieci anni in cui si prescrive il reato risulteranno scaduti. Non basta. Per garantirsi che comunque, nel processo contro Berlusconi, non possa essere utilizzata la sentenza del troncone Mills, quando sarà definitiva, Ghedini cambia le regole e cancella la possibilità di usarla in un altro processo come invece avviene oggi.

Messo a posto il caso Mills restano gli altri processi, come quello sui diritti tv che si prescrive nel 2012. E lì non rimane che guadagnare la prescrizione allungando a dismisura i tempi del processo e scandagliando nella vita dei giudici con l’obiettivo di trovare una pecca e ricusarli. Per questo Ghedini ha già scritto da mesi due norme ad hoc: la prima stabilisce che «l’imputato ha diritto, nelle stesse condizioni del pm, di ottenere l’acquisizione di ogni altro mezzo di prova a suo favore. Il giudice, a pena di nullità, le ammette». Diventa un esecutore in mano alle difese. Quanto alle toghe si potranno ricusare «anche se esprimono giudizi fuori dall’esercizio della funzione giudiziaria» tanto da compromettere la loro imparzialità. Per capirci, basta che un magistrato intervenga in un’assemblea dell’Anm e esprima un giudizio negativo su una legge ed è fuori dal processo. Il lodo Alfano congelava i processi, queste norme li cancellano.

La Repubblica, 9 ottobre 2009

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