Il Consiglio dei ministri ha dato il via libero definitivo alla manovra Brunetta, ultimo di una serie di provvedimenti che insegue l’obiettivo di una maggiore efficienza e qualità nella pubblica amministrazione anche attraverso la lotta ai fannulloni che, va da sé, non può che essere condivisa.
Per il premier Berlusconi e per il ministro Brunetta che l’hanno presentata, «è una rivoluzione » (l’ennesima) che renderà il paese più «moderno».
Mobilità territoriale obbligatoria per i dipendenti, sanzioni anche penali per i fannulloni, licenziamento per gli assenteisti.
Per i critici, la Cgil in primis, è però un’occasione persa visto che riconsegna gli uffici pubblici ai politici di ogni ordine e grado, cui si concede ampia discrezionalità nel fare e disfare, mentre alcune misure riguardano una platea ristretta di dipendenti.
RESTAURAZIONE
Un esempio: il merito. È un perno della “rivoluzione”, incentivarlo significa più produttività individuale. Il meccanismo che si introduce è questo: non più di un quarto dei dipendenti di ogni amministrazione potrà beneficiare del trattamento accessorio nella misura del 50%. Ovviamente chi non viene giudicato meritevole, non prende premi. Gli obiettivi da raggiungere sono definiti dai politici e viene istituita un’Authority nazionale che valuterà l’operato delle amministrazioni, costo stimato 8 milioni.
Ancora: ogni amministrazione avrà il “suo” organismo di valutazione di dirigenti e dipendenti. «Ma questa operazione di incentivi al merito distribuiti secondo fasce, riguarda un numero limitato di persone – spiega Michele Gentile, responsabile del dipartimento Settori pubblici della Cgil-. Si tratta di meno di 500mila lavoratori, per lo più dei ministeri, degli enti pubblici non economici e delle agenzie fiscali».
Un altro rilievo riguarda il sistema della contrattazione e la democrazia nei luoghi di lavoro. Il decreto blocca infatti il voto per il rinnovo delle Rsu, le rappresentanze sindacali nei luoghi di lavoro, prorogando quelle in essere. Se si considera che nel comparto scuola le elezioni erano già state indette, si capisce che non è un bell’esercizio di democrazia. Ma in questo caso, il ministro Brunetta si sarebbe limitato – così spiega in una nota – ad accogliere la richiesta di molte sigle sindacali, a cominciare da Cisl e Uil. Contraria al blocco è la Cgil che, elezione dopo elezione, vede rafforzato il proprio consenso e che, data la sua azione sindacale contro i provvedimenti del governo, certo avrebbe fatto incetta di voti alle prossime elezioni nella scuola. È per questo che non si vota? La Flc-Cgil annuncia che ignorerà la decisione, «già dal 13 ottobre – spiega il segretario Mimmo Pantaleo – presenteremo migliaia di liste elettorali».
PRIMA DI TANGENTOPOLI
Ma l’attacco forse più forte, la manovra- Brunetta lo porta alla contrattazione. Gentile denuncia un «ritorno al primato della politica». La “rivoluzione” infatti, restaura: pone il principio di inderogabilità della legge. In pratica si torna alla situazione pre-Tangentopoli. «Dopo gli scandali venne abbandonata la definizione del rapporto di lavoro fatta con legge e leggine – spiega Gentile – e si dette peso ai contratti. Ora si torna indietro». Con qualcosa di nuovo: le leggi, anche regionali, e gli statuti e i regolamenti degli enti locali possono definire trattamenti economici e normativi per persone e gruppi di persone. E i contratti collettivi non possono intervenire. In un paese con più di 8mila comuni, 109 province e 20 regioni è facile immaginare che cosa può accadere a ogni vigilia elettorale «tanto in fatto di clientele, privilegi, lobby, quanto in termini di aumento di spesa». Il maggiore sindacato annuncia che metterà in piedi ogni iniziativa per fermare l’affossamento del «sistema della rappresentatività introdotto con la legge dovuta a Massimo D’Antona: il rinvio del voto per le Rsu è una iniziativa politica e di dubbia legittimità costituzionale». Così come contrasterà «il contenuto nella legge e nel decreto anche in sede di rinnovo dei contratti collettivi e di contrattazione di secondo livello». Pronto a dare battaglia anche il sindacato di base Rdb, mentre a Cisl, Uil il decreto piace e rivendicano i miglioramenti apportati grazie al loro contributo.
da l’Unità