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NO alla scuola precaria e povera

L’On. Ghizzoni ha svolto la dichiarazione di voto del PD sul decreto legge cosiddetto “salva precari”: la riportiamo integralmente.

“Sono qua davanti a lei, signor Presidente, e non ho alcuna intenzione di consegnare il mio intervento (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).
Signor Presidente, signora Ministro, signor sottosegretario, un fatto nuovo va registrato: per la prima volta dall’inizio della legislatura l’Aula ha potuto affrontare tutte le fasi dell’esame di un provvedimento che riguarda la scuola italiana – per la prima volta – e ciò è avvenuto alla presenza del Ministro. Non vi sarebbe nulla di strano, se non fosse che diversa sorte è toccata, invece, alla manovra estiva, il decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112, che è il padre di tutti i tagli della scuola, al decreto-legge 1o settembre 2008, n. 137, che ha introdotto il maestro unico, e così è accaduto anche al decreto-legge 10 novembre 2008, n. 180, sull’università.
Di tutti questi provvedimenti di urgenza che ho enumerato, fu interrotto l’esame con l’ingiunzione della questione di fiducia. Per la conversione in legge di questo decreto-legge si è finalmente scelta una strada diversa: la strada giusta, quella del dibattito parlamentare, del costituzionale confronto tra opposizione e maggioranza.
Già in Commissione – ne va dato atto ai presidenti delle Commissioni, Aprea e Moffa, e alla relatrice Pelino – si è un creata una condizione per quell’auspicabile clima di dialogo che andrebbe sempre garantito quando all’attenzione del legislatore – lo dico soprattutto a chi sta rumoreggiando alle mie spalle – vi sono scelte strategiche per il Paese, come quelle che attengono all’educazione e all’istruzione. A tale dialogo il Partito Democratico non si è mai sottratto e ha sempre garantito il proprio apporto di idee e di proposte. Qualche frutto di quella che ci auguriamo essere una stagione non effimera si è potuto cogliere già dall’esame in Commissione, dove è stata ampliata la platea dei beneficiari del comma 2 dell’articolo includendo i docenti che nell’anno passato hanno svolto una supplenza temporanea di centottanta giorni.
Ma tra i risultati conseguiti riteniamo molto significativa la nuova formulazione del comma 1 dell’articolo 1, per intenderci quella che nel testo originario invece sanciva una doppia illegittima discriminazione per tutti i precari della scuola perché, da una parte, impediva la trasformazione dei contratti da tempo determinato a indeterminato e, dall’altra, non consentiva la maturazione degli scatti stipendiali prima dell’immissione in ruolo. Si trattava di una disposizione in contrasto con la normativa europea in materia di divieto di discriminazione precari, che noi italiani abbiamo recepito, e lesiva dei principi di eguaglianza e di ragionevolezza. La norma originaria in me ha evocato il «fine pena: mai» stampigliato sui registri di matricola del carcere per i condannati all’ergastolo. Ecco il comma 1 originario pareva scritto per imporre ai docenti a tempo determinato l’ergastolo della precarietà, senza poter nemmeno contare sugli incrementi stipendiali legati all’anzianità di servizio. Insomma per noi non era una disposizione «salva precari» ma una norma «ammazza precari».
Grazie all’impegno del Partito Democratico, di cui abbiamo dato prova tangibile ieri in aula, è stato quindi sventato un colpo di mano contro i diritti dei precari della scuola. Quella norma è stata profondamente modificata e ora sancisce la possibilità di trasformare i contratti a tempo determinato in indeterminato mediante l’immissione in ruolo, mentre gli scatti stipendiali restano normati dal vigente articolo 53 della legge n. 312 del 1980.
Dunque, tutto bene? Credo proprio di no. Tralascio il problema che il provvedimento si è trasformato in itinere in un piccolo omnibus che trasporta qualche passeggero indesiderato come, ad esempio, la presunzione di colpevolezza per coloro che si avvalgono della legge 5 febbraio 1992, n. 104, o della legge 12 marzo 1999, n. 68.
Tuttavia vado oltre e passo ad alcune questioni più importanti di merito: ad esempio sulla vexata quaestio dell’inserimento in coda o a pettine nell’aggiornamento delle graduatorie ad esaurimento, restano inalterate le nostre critiche circa l’illegittimità e la contrarietà ai principi costituzionali della norma interpretativa proposta del relatore e approvata dalla maggioranza.
L’articolo aggiuntivo che abbiamo votato su questo tema oggi pomeriggio va invece nella direzione giusta, ma noi stigmatizziamo il fatto che lo si preveda soltanto a partire dal prossimo biennio.
Sulle cosiddette graduatorie prioritarie previste dal comma 2 e sui contratti di disponibilità del comma 3, rinvio al dibattito che abbiamo svolto in aula nel corso della giornata. Voglio però sottolineare che il rifiuto opposto dal Governo a qualsiasi modifica non fa che rafforzare le nostre critiche a questi due interventi, che sono destinati ad avere un’efficacia insufficiente rispetto al bisogno, perché non sono state messe in campo risorse aggiuntive, perché non è stato previsto l’accordo quadro con la Conferenza unificata Stato-regioni e perché il meccanismo delle graduatorie penalizzerà pesantemente i docenti e gli altri ATA di terza fascia.
Costoro – lo ricordo – si troveranno a zero ore e zero euro e nei loro confronti non vi è alcun ammortizzatore sociale. Ma vi è dell’altro, molto altro: vi è la politica scolastica di questo Governo, che si regge sui tagli.
Signor Presidente, il decreto-legge in esame è stato definito nel dibattito pubblico in modo rassicurante: salvaprecari. Ma allora forse sarebbe bene chiedersi da che cosa devono essere salvati i precari, da cosa li stiamo salvando. Allora facciamo un po’ di chiarezza e basta farlo richiamando… però Presidente, mi scusi, in questo modo non si può proseguire, mi dispiace…

PRESIDENTE. Credo che abbia ragione. Invito i colleghi che stanno rientrando in Aula a prendere posto, in modo da poter far concludere l’intervento dell’onorevole Ghizzoni, e di togliersi dal banco del Governo.
Prego, onorevole Ghizzoni.

MANUELA GHIZZONI. Signor Presidente, non pretendo che mi ascoltino ma pretenderei un po’ di silenzio.

PRESIDENTE. Questo mi sembra corretto, non è una pretesa. Prego.

MANUELA GHIZZONI. Dicevo che basta avere la memoria sufficiente per risalire al luglio 2008 e quindi al decreto-legge n. 112, che ha imposto al sistema dell’istruzione un taglio di più di 7 miliardi e mezzo di euro, una cura dimagrante così severa imposta solo alla scuola (infatti per salvare l’Alitalia o per sgravare i redditi medio-alti dall’ICI il Governo non ha avuto difficoltà a recuperare risorse), 7 miliardi e mezzo che tradotti in posti di lavoro fanno 130 mila, una cifra impressionante, con costi sociali altissimi. e che per l’anno scolastico appena iniziato ha significato un taglio di 42 mila posti di personale docente e 15 mila di personale ATA. Questo è il vero e solo motivo per cui migliaia di docenti e di ATA precari quest’anno non si sono visti confermare la supplenza ed è nei loro confronti che il Governo si è inventato i contratti di disponibilità.
La maggioranza si rifiuta di definirli «licenziati», perché non sono mai stati assunti a tempo indeterminato. Ma possiamo allora almeno definirli lavoratori espulsi dalla scuola, dopo avervi lavorato per anni? Pensate che questo possa sollevarvi dalla responsabilità di aver fatto mancare loro la terra sotto i piedi e di avere portato la scuola al rischio di implosione? Infatti, badate che questi tagli incidono sulle strutture portanti della scuola pubblica, sul numero delle classi e degli alunni per classe, sulle esperienze didattiche di qualità come il tempo pieno ed il tempo prolungato alle medie, sulle spese di funzionamento e sul personale.
Voglio ricordare ai colleghi che i docenti che hanno pagato il prezzo più alto sull’altare dei tagli sono stati quelli di italiano alle scuole medie, nonostante le agenzie internazionali – lo avete ricordato anche voi – ci dicano che proprio nella lettura e nella comprensione dei testi i nostri ragazzi segnano il passo. Ma si sentiva davvero il bisogno di questo risparmio? Si è trattato di tagli improvvisi ed improvvisati, che non derivano da un progetto organico di riordino degli ordinamenti, né derivano dalla sperimentazione di nuovi modelli didattici né dalla riorganizzazione dei sistemi scolastici territoriali. È avvenuto esattamente il contrario: prima avete cucito l’abito con la minor metratura possibile di stoffa e senza prendere le misure, poi l’avete fatto indossare e ora pretendete anche che cada bene. Così non è possibile. Poi ci venite a raccontare (Commenti)…

PRESIDENTE. Concluda, non riesco a capire questi commenti, lei vada avanti.

MANUELA GHIZZONI. Io vado avanti, e voglio anche recuperare quel tempo che stiamo perdendo a richiamare all’ordine l’Aula. Non è possibile: stiamo parlando del futuro di lavoratori, ma soprattutto stiamo parlando della scuola pubblica italiana e credo che ciò meriti tutta l’attenzione da parte di tutta l’Aula! Non è possibile (Applausi dei deputati dei gruppi Partito Democratico e Italia dei Valori)!

PRESIDENTE. Prego, onorevole Ghizzoni.

MANUELA GHIZZONI. Signor Presidente, tutto ciò a cui ho fatto riferimento sono le ragioni vere che hanno indotto il Governo ad approvare il decreto-legge in esame. Nella discussione generale i colleghi hanno preferito parlare d’altro: hanno parlato dell’emergenza dei 260 mila precari della scuola irresponsabilmente illusi negli anni di potere entrare in ruolo, hanno parlato della scuola come ammortizzatore sociale, la Ministra stessa ha ricordato e ribadito il concetto di pianta organica allargata a dismisura (anche se a me resta il dubbio di capire, negli anni 1994-1996 e 2001-2006 a guida Berlusconi quali siano state le norme dispiegate per affrontare questi fenomeni riprovevoli). Noi non ci siamo mai sottratti a dare una risposta a questo problema, non abbiamo nascosto i precari sotto il tappeto, come si fa con la polvere e come avete fatto voi.
Al contrario, li abbiamo fatti emergere con la legge finanziaria 2007, che immetteva in ruolo 150 mila docenti precari e 30 mila ATA.
Mi avvio a concludere l’intervento, ma devo dire che spiace, pertanto, che gli illustri colleghi della maggioranza, intervenuti durante la discussione, non abbiano avuto l’onestà intellettuale di ricordare quell’impegnativo investimento a favore della stabilizzazione del lavoro nella scuola, della qualità formativa e della continuità didattica, perché è facile comprendere che il lavoro buono rende buona anche la scuola. È per questo motivo che esprimeremo voto contrario sul provvedimento in esame, che precarizza il lavoro e impoverisce la scuola pubblica (Applausi dei deputati dei gruppi Partito Democratico e Italia dei Valori)”.

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