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“Il santo protettore”, di Mattia Feltri

A Ceppaloni, quando c’è da festeggiare una ricorrenza, tutto il paese scende in piazza in un tripudio di regimental.

Equando va male la indossano cugini di secondo grado. Elencano l’albero genealogico con geometrica precisione e salta sempre fuori che zia de mammà era cognata de zia de Mastella. Il legame di sangue è soltanto un cappottino su un bel vestito: Clemente, l’ex sindaco, l’ex ministro, è comunque il figlio del popolo, quello che ce l’ha fatta. Lo precede, in questi bagordi a cielo aperto, di frittelle e panini alla salsiccia, la moglie Sandra che arriva raggiante e saluta tutti, e chiama tutti per nome, e tutti bacia di qui e di là, non le sfugge una guancia, e nell’estasi le capita di baciare persino i cronisti.

Poi sbarca lui, Mastella, e i popolani, i giovani e i vecchi, si mettono in fila per la stretta di mano e la breve illustrazione del bisognuccio; Mastella ascolta – ascolta per davvero – e garantisce l’intercessione, e quando s’è fatto troppo tardi promette audizione su in villa, la famosa villa della piscina, che prendessero appuntamento. La chiamano politica feudale. Potrebbe avere mille nomi ma, come i nobili di altri tempi, il succo è che Mastella si circonda di questuanti, gli arrivano al cancello, li riceve, distribuisce le prebende. «Ho segnalato povera gente che era in difficoltà. Quando sarò in tribunale le porterò con me e farò vedere se sono ricche o povere le persone che ho segnalato», ha detto ieri in conferenza stampa.

La raccomandazione elevata a sistema, ma non è questo un Mastella che casca dal pero. La raccomandazione è sistema, dicono le carte della procura e l’esperienza. Raccomandano quelli del Pd, quelli dell’Italia dei Valori, raccomanda il figlio di Di Pietro, raccomandano i Verdi. Raccomandano lì e raccomandano in tutto il Sud e raccomandano anche al Nord, se soltanto ci si dà un’occhiata o si fa esercizio di memoria: per esempio, qualcuno ricorda i criteri con cui, a Milano, la Cariplo distribuiva gli appartamenti a equo canone? E’ che Mastella non se ne dispiace, e si dispiace semmai «per altra povera gente con le stesse difficoltà » per la quale non ha potuto nulla.

La raccomandazione – la “segnalazione”, come dice lui – è il gesto munifico del signorotto, «se uno viene direttamente da te, hai il dovere di farlo, di farlo in coscienza». Lo dice nelle interviste, lo dice nei comizi: lui negli anni Settanta entrò in Rai per la raccomandazione di Ciriaco De Mita, e alla redazione scandalizzata obiettava: «Fatemi capire, chi di voi è entrato per concorso?».

E in questi tempi di preteso calvinismo, predicato e non praticato, in altre famiglie si sarebbe evitato di acquistare (o di ricevere in omaggio) una Porsche Cayenne, come è capitato al figlio Pellegrino, ma questa è la famiglia che per il matrimonio dello stesso Pellegrino organizzò un party da Sunset Boulevard, con le piramidi di pesche, il carrello delle granite, Katia Ricciarelli che canta dal vivo, i sacerdoti del centrosinistra incravattati per benino. E’ Mastella con la sua mastellitudine, una sfacciataggine gioiosa, perché Silvio Berlusconi si porta il mondo al mare, Mastella si porta il salotto in paese, patrocina la sagra del fusillo al pecorino, patrocina la Porziuncola, fiera di sbandieratori, e patrocina anche Ceppaloni-Jazz, e ci porta pure Roberto Benigni e Claudio Baglioni, ed è sempre lui l’eroe: il paese ha il santo protettore.

Sarà forse soltanto un piccolo disgustoso mondo antico, dove raccomandare è un imperativo categorico e dove il raccomandato bacia le mani, ma è un piccolo mondo non confinabile nel beneventano, ci si fa raccomandare per il posto di lavoro senza limiti di latitudine, si fanno raccomandare i grandi professionisti per il posto in Parlamento e si fanno raccomandare i galeotti per cambiare carcere e stare più vicino alla famiglia, e chiunque sarà grato, e a buon rendere. E’ clientelismo? E’ corruzione? E’ voto di scambio? Qui il lavoro dei magistrati si fa particolarmente difficile, forse senza sbocco, sebbene il codice penale abbia ora un reato in più: la mastellazione aggravata.

La Stampa, 23 ottobre 2009