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“Bertolaso e i rifiuti «spariti» Terzigno e la bomba a tempo”, di Massimiliano Amato

«Ma davvero Bertolaso ha portato i giornalisti a Terzigno? E che ha detto?». Che la discarica è stata realizzata a norma di legge, professore. «Può essere anche se non ne sono tanto convinto. Di una cosa, però, sono certo: quella discarica è una bomba ad orologeria ». Franco Ortolani, geologo, direttore del Dipartimento di Pianificazione e Scienza del territorio dell’Università di Napoli “Federico II”, si fa raccontare lo “Spazzatour” promosso dal capo della Protezione Civile, giro nei luoghi sottratti all’emergenza monnezza con soste a Terzigno nel cuore del Parco Nazionale del Vesuvio, e al termovalorizzatore di Acerra. Poi smonta punto per punto l’operazione propagandistica del sottosegretario. «Il buco di Terzigno è un pessimo lascito ai campani del futuro: non solo sorge in area protetta e vulcanica, quindi sulla carta superprotetta, ma è un cono di settanta metri che si riempirà progressivamente rendendo inutili, a lungo termine, gli interventi di impermeabilizzazione effettuati e materialmente impossibili, da qui a venti- trent’anni, eventuali operazioni di svuotamento e bonifica. Sa che cosa si creerà, là sotto? Un nuovo giacimento geologico fatto di sostanze che inquineranno irreversibilmente le falde acquifere ».

L’IMMONDEZZAIO DI STATO
Eppure, Bertolaso i giornalisti li porta proprio a Terzigno. Non a Chiaiano, dove l’invaso osteggiato per mesi dalla popolazione e aperto con la forza si è già riempito di un terzo e, raccontano i residenti, di sera bisogna tapparsi in casa perché l’aria diventa irrespirabile. Non a Ferrandelle, nel Casertano, dove una cava gigantesca è diventata un enorme immondezzaio di Stato nella campagna un tempo coltivata a mele annurche e ora paradiso per stormi di gabbiani che cancellano la linea dell’orizzonte. No: a Terzigno, dove i patti erano che si sarebbe sversato un composto di qualità, e invece la spazzatura depositata assomiglia molto al famigerato “tal quale”, smaltito così come è stato prelevato dai cassonetti. ATerzigno, appunto, dove Bertolaso, che la Procura di Napoli vuole processare per gestione illecita dei rifiuti, denuncia: «Abbiamo dovuto contrastare attività,ma anche sabotaggi e boicottaggi che avevano come unico obiettivo quello di far fallire il piano per uscire dall’emergenza. La gestione dei rifiuti – attacca il sottosegretario – è stata patrimonio per anni della camorra e non mi pare che ne siamo usciti del tutto, come dimostrano i racconti dei pentiti anche in questi giorni». Poi, indicando l’invaso ai piedi del vulcano, sbotta: «Se questo è un abuso di Stato, cosa dobbiamo dire delle altre migliaia di discariche a cielo aperto abusive in Campania e nel resto dell’Italia?». «Tutto quello che è stato fatto – garantisce il sottosegretario – garantirà almeno quattro anni di gestione tranquilla ».

UNA SITUAZIONE ESPLOSIVA
Dice proprio così: «gestione tranquilla ». Ma la situazione, denunciano i tanti comitati che ancora resistono a ogni tentativo di normalizzazione è esplosiva. Non ci sono solo Terzigno, Ferrandelle e Chiaiano a ricordare che il superamento dell’emergenza ha comportato costi ambientali pesantissimi. C’è, soprattutto, il mostro di Acerra a togliere il sonno ai campani i quali, secondo Luc Montagnier, Nobel per la Medicina nel 2008, starebbero pagando perfino con l’influenza A decenni di esposizione a ogni sorta di veleni: fino a un certo punto ci ha pensato la camorra, oggi ad appestare l’aria, denunciano i comitati, concorrono gli impianti utilizzati per superare l’emergenza. La spazzatura sarà anche scomparsa dalle strade, ma il prezzo pagato – sottolinea il Coordinamento Regionale Rifiuti della Campania, che il 23 ottobre aveva organizzato il proprio “Spazzatour” e ieri ha chiesto inutilmente un confronto con il sottosegretario – non è ancora chiaro. Il mostro è la seconda tappa. Assistito dai dirigenti della Fisia Italimpianti, Bertolaso, che i rumors danno prossimo al pas d’adieu, snocciola dati e cifre.E ripete spesso una frase: emissioni zero. Ma il Coordinamento Regionale sbandiera uno studio dell’epidemiologo Ernesto Burgio, secondo il quale le particelle disperse di diossina che escono dai tre fumaioli dell’impianto si riaggregano subito con le basse temperature.
L’Unità 19 novembre 2009