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"Tra retorica e pragmatismo, meglio i valori", intervista a Pierluigi Bersani di Donatella Coccoli

Sarà perché l’occasione era il congresso nazionale dell’Arci, fatto sta che a Chianciano il 15 aprile di fronte ad un popolo estremamente vivace come quello dei delegati della più grande associazione di promozione sociale, la parola cultura circolava molto. I tre anni di ricostruzione di una forza di opposizione sono davanti, pieni di incognite, mentre nelle stesse ore da Roma giungevano le notizie dello scontro Fini-Berlusconi. Il segretario del Pd Bersani, tra i temi toccati nel suo discorso accenna a problemi culturali, analizzando quel sistema di pensiero che è l’ideologia di Berlusconi che viene prima dei fatti, prima delle leggi. Un sistema fatto di populismo, del “fa come vuoi, come puoi”, di disprezzo delle regole. “Tiriamo su anche la nostra di ideologia”, sprona Bersani con quel suo cauto pragmatismo emiliano che forse, chissà, nella ricerca di «un qualcosa di marmoreo fatto di idee», così ha detto nel suo discorso, potrebbe rappresentare una novità. Il tutto mentre gli eredi della Dc e del Pci litigano (Franceschini e D’Alema) e mentre altri, come Veltroni, si rifugia in una fondazione (Democratica), aumentando la lista di “pensatoi” a sinistra che per il momento, come Italianieuropei di D’Alema, non hanno prodotto grandi sistemi teorici. E’ quindi sulla reazione culturale, e insieme politica, della sinistra che leftpone alcune domande a Pier Luigi Bersani.

Segretario, lei ha parlato di un sistema di pensiero berlusconiano che precede i fatti. Un sistema di pensiero di sinistra da dove parte? Dalla laicità, da pensatori del passato, da radici lontane? Da dove?

Intanto, il principio di eguaglianza è un principio ineliminabile per un concetto di sinistra; senza scomodare Norberto Bobbio, ripeto, è ineliminabile. Se non pensassimo all’eguale libertà e dignità di tutti gli uomini e di tutte le donne, non faremmo politica, non avremmo fatto politica. Questo è un crinale di differenza con gli altri, è il punto di base. E significa un certo numero di politiche concrete che devono essere sempre illuminate da questi valori. Non è che possiamo parlare tecnicamente di fiscalità di redditi bassi, senza dire che è una vergogna che ci sia gente miliardaria che non paga le tasse e che ci sono poveracci che non sbarcano il lunario.

E la libertà?

La libertà è intrinseca al concetto di uguaglianza. Non è solo libertà dai bisogni materiali: libertà è anche un moto dello spirito, è la libertà spirituale, è la capacità, la possibilità di muoversi, di agire, secondo quel che si pensa, secondo la propria individualità. Però l’esercizio di questa libertà è sempre legata ad una condizione concreta e quindi una libertà in astratto non è una libertà di sinistra.

Ripartire a livello culturale, ma come?

Intanto c’è un compito per chi agisce nel prepolitico e quindi stiamo parlando di funzioni che devono essere svolte da una pluralità di soggetti che sono soggetti associativi, culturali, intellettualità, che devono riprendere voce. Devono girare un insieme di pensieri buoni e non è che un partito è sempre organizzato in prima battuta sui problemi buoni; in genere un partito, a partire dai pensieri buoni, deve organizzare il progetto e il programma.

E allora le faccio l’esempio del Lazio. Lei ha definito subito Emma Bonino come una “fuoriclasse”. Potrebbe accadere che il Pd prenda qualcosa da quel patrimonio di democrazia social-liberale dei Radicali magari depurato dalle derive liberiste?

Io ho sempre pensato che un incrocio sociale liberale sia il luogo nel quale mettere a frutto quel concetto di uguaglianza e di libertà dei tempi moderni. Cioè, noi dobbiamo avere un occhio assolutamente prioritario e attento alla grande questione sociale e innervarlo sul tema dei diritti civili, sul tema dello spazio democratico, sui temi dell’individuo; credo quindi che ci voglia un matrimonio ben congegnato tra queste culture e queste realtà. Anche per questo dico che la Bonino è una fuoriclasse; anche se ha perso resta comunque una fuoriclasse.

Ha vinto politicamente ha scritto Sandro Medici, esponente di spicco della sinistra radicale romana.

Non ho dubbi, ci ho creduto, si poteva fare di meglio. E poi ho sempre pensato che è bello avere persone che hanno idee molto precise e che poi riescono a raffigurare nelle esperienze di governo senza mai tradirle, avendo anche la capacità di mettersi a disposizione di altre idee. Alla fine per governare la macchina non può bastare solo la tua idea, devi ragionare anche con la testa degli altri, avendo sempre in testa la tua idea. E la Bonino è una che ha sempre dimostrato questa caratteristica. Quindi diciamo valori, idealità, che poi devono diventare un po’ fatti, sennò non hanno le gambe per camminare. Quindi azione di governo, ma anche azione nobile. Non deve essere un’azione pragmatica, è un’azione che deve avere nei fatti qualche valore riconoscibile e questo è un punto che dobbiamo recuperare, perché la sinistra oscilla spesso tra affermazioni retoriche e un pragmatismo che la rende uguale agli altri.

A proposito di valori, parliamo di laicità. Il popolo della sinistra ha esultato quando la Binetti se n’è andata dal Pd. Nella nuova opposizione quale spazio alla laicità?

Su questo ho un’idea molto precisa. Intanto, lo stato laico è quello che prevede la nostra costituzione. Dopo di che, laicità per me significa autonomia della politica; non significa rinuncia anche al magistero, alla prospettazione ideale di luoghi filosofici, religiosi. Io non sono per annacquare il vino, ognuno deve dare il suo vino schietto. Ma quando si passa ad una cosa che si chiama politica – che non è mica obbligatoria – il politico deve, con in testa dei valori schietti, prendersi la responsabilità di districarli nella vita reale, e dare una risposta – transitoria, fallibile fin che si vuole – al bene comune. Quindi a me va benissimo che la chiesa sia nell’agorà, dica la sua, ritengo però che un politico cattolico debba ragionare per i cittadini. Questo è il punto, e quindi è un punto di autonomia. Quando invece si arriva a fare il politico con la bandiera del non negoziabile in politica, si sbaglia mestiere, perché la politica è il luogo del negoziabile.

Nel passato, su certe questioni, mi riferisco alla legge 40, solo per fare un esempio, il Pd è stato confuso.

Sì, sì, infatti, perché non abbiamo sbrogliato del tutto questo problema.

E adesso è sbrogliato?

Un passo avanti.

La scuola, tema delicatissimo che riguarda la formazione delle future generazioni.

La scuola in questo momento è un disastro. Io credo che di tutti i guai che ha fatto questo governo il principale è questo. Noi siamo in presenza di una riduzione dell’offerta formativa in qualità e in quantità. Mi dispiace dirlo, ma questa riforma è impotabile. Se tocca noi stare al governo, fra tre anni, bisogna assolutamente rimettere le mani al sistema scolastico. Dico una cosa fra tutte, il fatto di ridurre l’età dell’obbligo scolastico è in controtendenza cosmica, non c’è nessuno al mondo che fa una cosa del genere.
Quindi in questi tre anni il Pd darà battaglia sulla scuola?
Assolutamente sì, scuola e università.

da Left del 23 aprile 2010