attualità, politica italiana

"Quel che Tremonti non ha detto", di Sergio Romano

I pagamenti in nero sono il male oscuro dell’economia nazionale. Quanti italiani possono affermare di non avere mai ceduto alla tentazione, magari per spese modeste e cose di poco conto? Quanti possono lanciare la prima pietra senza peccare d’ipocrisia? Ma la colpa è molto più grave se attribuita a persone che hanno l’obbligo istituzionale di esigere correttezza fiscale, di fissare le regole e di punire coloro che non le osservano. Temo che il caso del ministro dell’Economia, se i sospetti delle scorse ore sui pagamenti effettuati per l’affitto del suo appartamento romano avessero qualche fondamento, apparterrebbe a questa categoria. Giulio Tremonti è stato in questi anni il custode dei conti pubblici, il cane mastino della finanza nazionale. Ha esercitato le sue funzioni con un rigore e una tenacia che hanno suscitato l’approvazione di Bruxelles e contribuito alla credibilità dell’Italia nelle maggiori istituzioni internazionali. Alcuni colleghi di governo lo accusano di averlo fatto con criteri automatici (i «tagli lineari» ) che non tengono alcun conto delle differenze che certamente esistono fra i diversi contribuenti e i diversi organi pubblici colpiti dalla stretta fiscale. Ma chiunque abbia la benché minima familiarità con le abitudini politiche nazionali sa che cosa accade quando un progetto di legge finanziaria diventa materia di negoziati estenuanti e di ritocchi progressivi. Può darsi che Tremonti abbia messo nell’operazione alcuni tratti del suo «cattivo carattere» e una certa dose di narcisismo intellettuale. Ma nessun osservatore in buona fede può dimenticare quali sarebbero in questo momento le condizioni della finanza italiana sui mercati internazionali se la sua volontà non avesse prevalso. Il suo stile, tuttavia, gli ha creato nemici a cui non spiacerà sostenere, nei prossimi giorni, che anche il cerbero dei conti pubblici ha il suo tallone d’Achille. Il caso del ministro che paga in nero per un appartamento forse addirittura al centro di un’imbrogliata vicenda di favori e appalti rischia di diventare l’arma preferita dei suoi avversari. Qualcuno potrebbe persino sostenere che Tremonti è il nostro Murdoch. Se il magnate della stampa anglo-americana pretende di censurare i governi dall’alto della sua cattedra, ma compra le notizie corrompendo la polizia e intercettando le telefonate della gente, che cosa dire di un ministro dell’Economia e delle Finanze che pretende di tassare i suoi connazionali, ma accorda a se stesso un trattamento di favore? Tremonti dovrebbe rompere la spirale dei sospetti e parlare con franchezza ai suoi connazionali. Non deve permettere che questa infelice vicenda diventi l’ennesimo scandalo della vita pubblica nazionale e contribuisca ad accrescere la sfiducia del Paese per la sua classe politica. Ci dica che cosa è realmente accaduto e, se ha commesso un errore di giudizio o un peccato di distrazione, non tema di scusarsi pubblicamente. Lo faccia per se stesso e nell’interesse di un Paese che, soprattutto in questo momento, ha bisogno di un ministro dell’Economia serio e credibile.

Il Corriere della Sera 28.07.11

******

“A Milanese 10 mila euro al mese per pagare la casa di Tremonti”, di CARLO BONINI e MARIA ELENA VINCENZI

Le rivelazioni dell´imprenditore Di Lernia nell´inchiesta Enav. Cola mi disse che Milanese parlava così: “Proietti mi dà solo 10 mila euro al mese per pagare l´affitto a Tremonti”. Tremonti voleva Cattaneo a Finmeccanica. Ma Cola gli mostrò le sue porcate e fu confermato Guarguaglini. Dal carcere, dove è precipitato con l´accusa di corruzione nell´inchiesta sugli appalti Enav e finanziamento illecito per aver acquistato lo yacht da 24 piedi di Marco Milanese, un uomo racconta a verbale una «verità de relato» capace, se riscontrata, di travolgere il ministro dell´Economia Giulio Tremonti. L´uomo è Tommaso Di Lernia (nel giro, lo chiamano “er cowboy”). È un ex muratore che si è fatto imprenditore edile e che si trova al crocevia di tre vicende annodate tra loro: Finmeccanica, gli appalti Enav, i rapporti incestuosi tra l´ex consigliere politico del ministro e imprenditori corrotti. Il suo racconto svela tre circostanze. La prima: l´affitto della casa abitata dal ministro in via di Campo Marzio, era pagato non da Marco Milanese ma da un imprenditore, Angelo Proietti, che in cambio avrebbe ricevuto subappalti in Enav. Lo stesso che quella casa aveva ristrutturato gratuitamente e che è oggi accusato di corruzione per gli appalti ottenuti dalla sua impresa, la “Edilars”, con Sogei (società pubblica partecipata al 100 per cento dal Tesoro). La seconda: Tremonti venne ricattato da Lorenzo Cola, uomo del Presidente di Finmeccanica, perché fosse costretto a riconfermare Pierfrancesco Guarguaglini al vertice della holding e la pressione decisiva fu il “dossier” che Cola aveva sulla compravendita della barca di Milanese, sull´affitto della casa, e «sulle sue altre porcate». La terza: Di Lernia chiese a Milanese una pressione sull´Agenzia delle Entrate perché ammorbidisse la verifica sulla sua società “Print Sistem”.
«Ho deciso di parlare»
Il verbale, dunque. È l´11 luglio e alle 13 e 10, nel carcere di Regina Coeli, Di Lernia compare di fronte al gip Anna Maria Fattori per il suo interrogatorio di garanzia. Di Lernia è accusato di corruzione e frode fiscale nell´inchiesta condotta dai pm Paolo Ielo e Giancarlo Capaldo sugli appalti Enav. Nella ricostruzione dell´accusa, la sua società, la “Print sistem” è infatti lo snodo cruciale del Sistema di appalti e corruzione con cui, attraverso un gioco di sovrafatturazioni, la “Selex Sistemi integrati” (Finmeccanica) di Marina Grossi, per la quale Di Lernia lavora in subappalto, è riuscita a creare fondi neri necessari a corrompere il management dell´Ente e i suoi referenti politici. Ma l´11 luglio, Di Lernia ha un nuovo problema. Una seconda ordinanza di custodia cautelare, chiesta e ottenuta dal pm Ielo, lo accusa di aver acquistato nel 2010 lo yacht di Marco Milanese a condizioni capestro che ne svelano le vere ragioni. Convincere l´allora consigliere politico di Tremonti a pilotare la nomina di Fabrizio Testa al vertice di Technosky (società di Enav). È una nuova mazzata che convince Di Lernia a uscire dal suo silenzio. A scrivere e consegnare al magistrato che lo interroga un memoriale (che gli guadagnerà, di lì a qualche giorno, gli arresti domiciliari). «L´indagato – annota il gip – acconsente a rispondere alle domande, consultando degli appunti che vengono sottoscritti e allegati al presente verbale».
«Milanese, Proietti,
la casa di Tremonti»
Di Lernia conferma di aver acquistato lo yacht di Milanese. Le ragioni per cui l´operazione si fece: risolvere un problema al consigliere del ministro, piazzare Testa in “Technosky”. Ma, spiega, la sua non fu una scelta, ma l´obbedienza dovuta a un uomo cui doveva tutto: Lorenzo Cola, il “facilitatore” di Pierfrancesco Guarguaglini, che, per conto di Finmeccanica, governa appalti e subappalti in Enav. «Cola – dice Di Lernia – non mi volle dire chi era il proprietario della barca. Mi disse solo che l´ordine era arrivato dal Palazzo, intendendo Finmeccanica nella persona del Presidente, e dunque che non mi sarei potuto sottrarre. A Cola non si poteva dire di no, e quindi gli chiesi dove avrei dovuto prendere il milione e mezzo di euro per l´acquisto della barca. Lui mi rispose: “Tirali fuori dagli utili che hai dal lavoro che ti diamo”». Quando Di Lernia scopre che il venditore è Marco Milanese, il nome non gli dice nulla. «Confesso la mia stupidità. Poi, tempo dopo, di Milanese mi parlò Cola. Mi disse che era uno che “capiva poco” e “mangiava tanto”. Che era “un problema per Tremonti”, una sorta di inconveniente imbarazzante». Di Lernia impara a conoscere Milanese, ma, soprattutto ne afferra un segreto. «Sentii parlare di Milanese da Guido Pugliesi, amministratore delegato di Enav. Mi disse che era stanco delle pressioni di Milanese per Testa a “Technosky”, ma mi chiese contestualmente di dare lavoro a un certo Angelo Proietti per i subappalti all´aeroporto di Palermo, un lavoro per il quale Cola aveva già deciso che l´affidamento fosse dato alla “Electron”, del gruppo Finmeccanica, e al sottoscritto».
Perché far lavorare questo Angelo Proietti e la sua “Edilars” nei subappalti Enav? Di Lernia non se lo spiega. Ne chiede conto a Cola. «Mi disse che di Proietti gli aveva parlato Milanese, descrivendolo con queste parole: “È il tipo che mi dà solo 10 mila euro al mese per pagare l´affitto a Tremonti”. Aggiunse di dire a Pugliesi di stare tranquillo perché lo avrebbe fatto chiamare da Milanese e comunque aggiunse che, in un immediato futuro, Selex avrebbe dato a Proietti dei lavori a Milano».
Il ricatto a Tremonti. «Un blitz
per ricordargli le porcate»
A giugno del 2010, accade dell´altro. «Mi chiamò Cola e mi spiegò di essere dispiaciuto per avermi fatto acquistare la barca. Mi disse: “Quel verme di Milanese sta sostenendo la candidatura di Flavio Cattaneo a Finmeccanica, invece di Guarguaglini. In più, ho saputo che ha fatto delle estorsioni a delle persone a Napoli. E Tremonti non risponde al telefono a Guarguaglini”». A Di Lernia, Cola confida qualcosa di più, che è pronto a usare anche la storia della “barca” e della casa per vincere la partita su Finmeccanica: «Cola aggiunse che questa storia non la mandava giù e dunque avrebbe organizzato un blitz dal ministro (Tremonti) per mostrargli l´evidenza e la portata delle porcate commesse da lui e dai suoi consiglieri. Che di sicuro avrebbe cambiato idea sui vertici di Finmeccanica. Tanto è vero che poco tempo dopo, Milanese mi fece sapere per il tramite di Testa che Guarguaglini sarebbe stato riconfermato. E fu Cola, poi, a dirmi che il blitz era andato a segno».
«Ammorbidire
l´accertamento fiscale».
Di Lernia incontra Proietti nell´estate 2010 perché, dopo l´arresto di Cola (8 luglio), è diventato lui il suo “canale” con Milanese. Una prima volta lo incrocia in Enav, nell´ufficio di Pugliesi, che lo convoca per sollecitarlo «a chiudere l´acquisto della barca». Una seconda volta, in piazza del Parlamento, per risolvere un suo “problema”. «Portai a Proietti un incartamento riguardante un accertamento dell´Agenzia delle Entrate per il 2005. Gli dissi che volevo “una parola buona” con l´Agenzia, di cui temevo l´accanimento. Tre giorni dopo, Proietti mi diede appuntamento in piazza del Parlamento e mi disse di stare tranquillo perché Milanese aveva interceduto con Attilio Befera (direttore dell´Agenzia)». Ma, a dire di Di Lernia, in senso opposto. «Mi hanno fatto una multa di 18 milioni di euro. Roba carnevalesca. Milanese deve essere intervenuto al contrario, proprio per dimostrare che non esistevano connessioni».

La Repubblica 28.07.11