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"È un raggio di luce sull’oscurità", di Margherita Hack

I fisici delle particelle stavano cercando il Bosone di Higgs da parecchi mesi, ora sembra proprio che l’abbiano trovato. Si tratta di una bella conferma della teoria chiamata Modello Standard. Il Modello Standard spiega concretamente vari comportamenti delle particelle elementari, ma, per fare questo, ipotizza che ci sia una particella più grossa del protone, il Bosone di Higgs appunto, che spiegherebbe come si formano tutte le altre particelle che conosciamo. Sarebbe questo Bosone, infatti, a dare a tutte le altre particelle la massa. Il Bosone di Hoggs sarebbe, quindi, un po’ come il babbo e la mamma di tutte le particelle elementari. Io lo chiamo addirittura dio. Se dio infatti ha fatto tutto quello che vediamo, allora la particella che spiega come si forma la materia delle altre particelle dalle quali poi deriva tutto le stelle, gli elementi che abbiamo sulla Terra, compresi quelli che compongono gli esseri umani è veramente dio.
Questa particella però non era mai stata trovata. Come l’hanno cercata? Noi sappiamo che esiste un’eguaglianza tra massa ed energia, da questa conoscenza possiamo dedurre che se c’è sufficiente energia, si può creare una particella. Large Hadron Collider (Lhc), l’acceleratore di Ginevra, avrebbe potuto trovare questa particella perché è il più potente, quello che raggiunge livelli di energia mai raggiunti finora in laboratorio. Così Lhc ha cominciato a funzionare alla massima energia nella speranza di trovare il Bosone di Higgs. Sembra ci sia riuscito. Ora si comincia a capire concretamente la struttura della materia.
Qual è il prossimo passo? Dal punto di vista della fisica delle particelle non saprei dirlo, però so che noi astrofisici cerchiamo di capire cosa siano la materia oscura, che costituirebbe la maggior parte della materia dell’universo e sarebbe fatta da particelle elementari ancora sconosciute, e l’energia oscura. Non so se il Bosone di Higgs ci possa dare un aiuto in questa direzione, ma è possibile. Poi bisogna cercare di capire perchè l’universo è fatto di materia e non di antimateria. Oggi l’astrofisica riesce a vedere direttamente come era fatto l’universo 400mila anni dopo l’inizio dell’espansione. Dalle temperature e dalla densità della materia in quel momento, come i fisici, anche noi possiamo risalire ai valori di temperatura e densità della materia che si trovavano frazioni infinitesimali di secondo dopo il Big Bang.

l’Unità 05.07.12

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“Fabiola e Peter, l’abbraccio della scienza”, di Emanuele Perugini

Coronate dall’emozione di ieri, due storie che si incrociano: quella di un grande fisico ormai in odor di Nobel e di una giovane «eccellenza italiana. Da una parte Fabiola Gianotti, con la sua polo rossa, i capelli raccolti dietro l’orecchio, e le mani che si nascondevano nelle enormi tasche dei pantaloni color cachi. Dall’altra, Peter Higgs, con i suoi pochi capelli bianchi e gli enormi occhiali da vista. Entrambi ieri mattina nell’emiciclo della sala conferenze del Centro di ricerche nucleari (Cern) di Ginevra, si sono scambiati spesso gli sguardi. Era infatti dai dati che Fabiola Giannotti stava illustrando al mondo intero, che l’anziano ricercatore aspettava la conferma attesa per una vita intera che la sua intuizione, era esatta.
Era infatti nel lontano 1964, mentre camminava sulle colline scozzesi, che la sua mente partorì il bosone che poi sarebbe stato chiamato «di Higgs. Come spesso accade, l’idea arrivò all’improvviso al punto che Higgs fuggì lasciando tutta la compagnia di stucco, perché aveva avuto una «big idea e aveva bisogno di doverla fissare. Ieri mattina, quella sua Big Idea, che avrebbe potuto mettere insieme una teoria che riuscisse a spiegare almeno in parte il funzionamento dell’Universo, veniva snocciolata, da una donna italiana di 48 anni, che sul grande schermo non faceva che rovesciare dati, numeri e grafici in sequenza impressionante.
Da un lato il vecchio professore delle Highlands e dall’altro una ricercatrice, figlia dell’Unità d’Italia nata a Torino da padre piemontese e di professione geologo e madre siciliana amante delle lettere, Fabiola Gianotti ha vissuto e studiato a Milano. L’Europa è anche questo.
L’EMOZIONE
Per l’ormai ottantetrenne scienziato britannico i circa 40 minuti della presentazione di Fabiola devono essere sembrati davvero interminabili, anche perché dalla bocca della fisica italiana non è mai uscita la frase «abbiamo scoperto il bosone di Higgs. Gianotti è infatti stata sempre molto prudente e non ha mai tradito l’emozione. «Ci sono forti indicazioni della presenza di una nuova particella attorno alla regione di massa di 126 GeV, ha detto. «È il bosone più pesante mai trovato, ha aggiunto. «Siamo dinanzi a risultati preliminari sottolinea e prima di sbilanciarci troppo è necessario ancora un po’ di tempo. Ma quando una scienziata dice «abbiamo osservato chiaramente una nuova particella, con probabilità di 5 sigma, significa che c’è una probabilità di errore dello 0,000028%. Così mentre tutto il mondo aspettava che venisse pronunciata quella frase, solo la platea dei fisici che era lì a Ginevra riusciva a cogliere il significato: anzi, loro direbbero, «la consistenza di tutti quei dati.
Lì in prima fila, tra gli altri grandi della fisica italiana ed europea, proprio Peter Higgs, che quando la Gianotti ha concluso la sua presentazione, non è riuscito a trattenere le lacrime della commozione. Mentre tutti in sala applaudivano, e urlavano e gioivano per il grande risultato raggiunto e per la grande fatica che è stata necessaria per raggiungerlo. «È la cosa più incredibile che sia successa nella mia vita. Sono le sole parole che Peter Higgs è riuscito a dire mentre tutti lo guardavano con affetto e mentre Fabiola Gianotti gli si è avvicinato e lo ha abbracciato.
Ora per il fisico, ne sono sicuri in molti, si tratterà solo di aspettare novembre, quando verrà annunciato il premio Nobel. Mentre per Fabiola Gianotti, l’altra grande protagonista della giornata, si aprono ancora di più le frontiere della ricerca, a cui, lei stessa con il suo lavoro, ha contribuito non poco ad allargare l’orizzonte. «Non avrei mai scommesso che la mia vita sarebbe andata così, confessa. «Spero che la mia esperienza sia da stimolo a tutte le giovani donne a intraprendere questa strada. Una strada ricca di ostacoli ma ineguagliabile come emozioni e soddisfazioni. Ora l’avventura di Gianotti si fa sempre più affascinante. «Non so dove i nostri risultati ci porteranno conclude ma sarà fantastico avere l’opportunità di fare ricerca su campi ancora inesplorati.

L’Unità 05.07.12

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La scoperta dell’ultimo tassello apre la strada a «nuovi mondi»
a cura di Giovanni Caprara

1 Che cosa è il bosone di Higgs?
Il bosone noto anche come «particella di Dio» era l’ultimo tassello del Modello Standard, la teoria quantistica che spiega l’architettura di base della natura costruita con particelle elementari, come l’elettrone e il protone, e tre delle quattro forze fondamentali (interazione forte, debole ed elettromagnetica). Alcune teorie avevano immaginato l’esistenza di una famiglia di cinque tipi di bosoni e quello individuato sarebbe il più leggero secondo quell’idea. Ma non è detto che esistano gli altri. La sua presenza stabilisce la massa delle altre particelle e di se stesso.
Per dare una raffigurazione del bosone di Higgs possiamo immaginare un lago con la sua superficie tranquilla. Questo è il campo di Higgs. Soffia una leggera brezza e si creano delle increspature, delle onde. Le onde sono i bosoni di Higgs e quando il vento cessa scompaiono. Altrettanto i bosoni che decadono in altre particelle (fotoni, ecc).
2 Che cosa hanno scoperto esattamente al Cern?
Innanzitutto si è visto che il bosone di Higgs esiste davvero e che ha una massa di 126 GeV (miliardi di elettronvolt) equivalente a 126 volte la massa del protone (il quale è nel nucleo di un atomo assieme al neutrone).
Scoprendolo «si è raggiunta una pietra miliare nella conoscenza della natura», come sottolinea il direttore del Cern Rolf Heuer perché se non ci fosse non avrebbero massa le stelle, i pianeti, le cose in genere e neanche noi stessi. Il bosone era nato assieme alle altre particelle nel primo millesimo di miliardesimo di secondo dopo il Big Bang da cui ha avuto origine l’Universo. Ed è in questo frammento di tempo primordiale che gli strumenti di Lhc riescono a guardare. Ora gli scienziati del Cern presenteranno la loro scoperta in Australia, a Melbourne, ad un convegno dedicato all’argomento e iniziato ieri.
3 Si è trovato veramente ciò che si cercava?
In parte sì e in parte no. Il bosone quando si manifesta decade in tre tipi di altre particelle. Quindi si è constatato che genera più fotoni e meno particelle quark e tau rispetto a ciò che si era previsto. Invece produce una quantità normale di particelle W-Zzero (scoperte da Carlo Rubbia). Adesso si dovranno misurare bene queste «anomalie» per capire di che cosa si tratta e che cosa significano. Potrebbero essere l’anello di congiunzione tra la fisica nota e la nuova.
4 Quali possibilità si aprono dopo questa scoperta?
Notevoli, varie e fantascientifiche per certi aspetti. Proprio le «anomalie» emerse, infatti, potrebbero essere il segno di una fisica nuova portandoci a trovare le particelle della materia e dell’energia oscura che riempiono il 96 per cento del cosmo. La materia visibile costituita da stelle e pianeti e galassie rappresenta solo il 4 per cento. Il bosone ha provocato la rottura della simmetria iniziale esistente immediatamente dopo il Big Bang consentendo quindi la formazione dei corpi celesti. Inoltre si apre la possibilità di scoprire la supersimmetria la quale dice che in natura esisterebbero, oltre alle particelle note come elettrone, quark e neutrino, altre particelle perfettamente simmetriche ma con una caratteristica diversa legata allo spin, come la chiamano i ricercatori. E queste particelle sarebbero selettrone, squark, sneutrino. Un altro mondo insomma. Inoltre si potrebbero scoprire nuove dimensioni oltre alle quattro in cui viviamo (altezza, larghezza, profondità e tempo). La teoria delle stringhe ne immagina una decina, ma anche quella non è mai stata dimostrata finora.
5 E il superacceleratore potrà aiutare a indagare la nuova fisica?
Anzi è stato costruito apposta. Ora si continueranno a prendere, ancora per tre mesi, ulteriori misure del bosone e poi verso la fine dell’anno Lhc sarà spento per un periodo di manutenzione di due anni nei quali si estrarranno molti degli aspetti enigmatici contenuti nei dati disponibili e ottenuti con scontri fra nuvole di protoni ad un’energia massima di 8 TeV. Quando la macchina verrà riaccesa sarà spinta a funzionare alla sua massima capacità e allora negli scontri tra protoni si arriverà a 14 GeV.
6 Ma il Modello Standard ora completato dal bosone mancante spiega tutto?
No. Ci sono aspetti fondamentali ancora non considerati da questa teoria. Ad esempio non vengono per nulla trattate la materia oscura e la forza di gravità, due elementi importanti e determinanti nella descrizione dell’universo. Quindi il Modello Standard non è ritenuto completo per decifrare la natura.

Il corriere della Sera 05.07.12

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“La scienza e la sapienza”, di Vito Mancuso

A QUANTO pare Stephen Hawking ha perso la partita con Peter Higgs, visto che aveva scommesso sulla non esistenza della particella subatomica oggi mondialmente nota come “bosone di Higgs”. Ma il richiamarlo ora ha un altro motivo, cioè il fatto che il suo libro più noto, Dal Big Bang ai buchi neri (1988) si conclude così: “Se riusciremo a trovare la risposta a questa domanda decreteremo il trionfo definitivo della ragione umana: giacché allora conosceremmo la mente di Dio”.
Hawking ha affermato che è stata questa frase finale a fare del suo libro un bestseller mondiale, e non a caso la medesima trovata è presente in molti altri libri di divulgazione scientifica, tra cui Paul Davies, La mente di Dio (1992) ; Riccardo Chiaberge, La variabile Dio ( 2008) ; Margherita Hack Il mio infinito. Dio, la vita e l’universo (2011) ; Edoardo Boncinelli, La scienza non ha bisogno di Dio (2012). La logica che ha condotto a denominare il bosone di Higgs “particella di Dio” è la medesima che muove l’industria editoriale.
Ma perché la connessione tra religione e argomenti scientifici risulta così efficace? Per due motivi a mio avviso. Il primo è la capacità pressoché immediata del termine “Dio” di far comprendere l’importanza della posta in gioco quando si tratta degli ambiti fondamentali della scienza come l’origine dell’universo, della materia e di quella particolare materia dotata di movimento e di intelligenza che è la vita. Parlando della particella responsabile della massa, o dell’unificazione delle quattro forze fondamentali, o dell’unificazione tra relatività e meccanica quantistica perseguita dalla teoria delle stringhe, si toccano territori primordiali, di rilievo non solo fisico ma anche filosofico per l’importanza sul senso complessivo del nostro essere qui. E il termine Dio con solo tre lettere ha questa capacità evocativa. Era esattamente per questo che, volendo far comprendere la razionalità ordinata dell’universo, Einstein ripeteva: “Dio non gioca a dadi”.
Il secondo motivo è il bisogno primordiale della nostra mente di conciliare scienza e sapienza. Noi avvertiamo infatti l’esigenza non solo di conoscere dati e ricevere informazioni, ma anche di valutare il loro significato per l’esistenza e per i criteri con cui pensiamo la giustizia, la bellezza,
il bene e il male. Le civiltà del passato erano in grado di conciliare scienza e sapienza, si pensi al titolo posto da Newton al suo capolavoro, Elementi matematici di filosofia naturale, che indica il fatto che per Newton essere scienziato ed essere filosofo (ed essere biblista vista la sua passione per la Sacra Scrittura) erano la medesima cosa. Oggi però tale conciliazione è infranta e il risultato è l’attuale separazione tra discipline scientifiche e umanistiche, simbolo di una più complessa lacerazione interiore. Per questo, quando si prefigura la possibilità di ritornare all’antica visione unitaria, la mente umana si fa attenta e partecipe, si tratti di un’invisibile particella subatomica o di libri ben in vista in vetrina.

La Repubblica 05.07.12