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"Ecco i magnifici ragazzi del bosone i cervelli italiani che brillano al Cern", di Elena Dusi

«La scoperta del bosone di Higgs ha dato grande lustro all’Italia e onora il prestigio della scuola di fisica italiana che ci ha reso famosi nel mondo». Da Roma a Ginevra, il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano manda i suoi complimenti agli scienziati italiani che lavorano al Cern e li invita al Quirinale a settembre. Nella città della fisica di Ginevra mercoledì è stata annunciata la scoperta dell’ultima particella elementare che sfuggiva alle osservazioni: il bosone di Higgs.
Se il Cern con i suoi 10mila scienziati da 113 paesi è uno specchio del mondo, l’Italia ha un colore particolarmente brillante nella mappa. Brillante come la passione di Fabiola Gianotti, che mercoledì ha annunciato al mondo la scoperta del bosone di Higgs con il collega americano Joe Incandela. Gianotti, diplomata anche in pianoforte, da quasi tre anni guida Atlas. Questo grande occhio da 42 metri e 7mila tonnellate ha il compito di scrutare le particelle di dimensione infinitesima che sono le tracce del bosone di Higgs, con un lavoro che impegna 3mila fisici di tutto il mondo. «Siamo in un luogo in cui vigono le regole della natura e del libero pensiero e non posso impormi con gli ordini » spiega lei. «Devo cercare il consenso, incanalare la passione e la curiosità di tutti».
In questa “repubblica dei fisici” in cui i capi degli esperimenti sono eletti democraticamente e chiamati solo “portavoce”, tre dei quattro “occhi” di Lhc – l’acceleratore di particelle più grande del mondo – sono diretti da italiani. Oltre a Gianotti, Paolo Giubellino guida l’esperimento Alice che studia lo stato della materia un istante dopo il Big Bang e Pierluigi Campana è a capo di LhcB, il rivelatore che interroga la natura sul perché materia e antimateria hanno una simmetria imperfetta. Fino a dicembre il poker era completato da Guido Tonelli, portavoce del l’esperimento fratello di Atlas: Cms. Tonelli ha lasciato il posto a Incandela, ma è sotto la sua guida che i
dettagli del bosone di Higgs hanno iniziato a prendere forma l’anno scorso.
Gli italiani a Ginevra sono oggi 700, divisi a metà fra scienziati affermati e studenti. A coordinarli è l’Istituto nazionale di fisica nucleare (Infn), che con 100 milioni all’anno contribuisce al 18% del budget del Centro di Ginevra. Italiano fu uno dei fondatori, Edoardo Amaldi, che con il Cern nel 1954 diede all’Europa uno dei primi nuclei di aggregazione.
Qui Carlo Rubbia fece le scoperte che nel 1984 gli valsero il Nobel. E come lui, anche Luciano Maiani ricoprì la carica di direttore generale. «Dalle nostre aziende arriva circa la metà dei magneti superconduttori di Lhc» spiega Lucio Rossi, che del grande acceleratore ha costruito “il motore” e ora sta progettando la versione “turbo”. Le aziende italiane dalla costruzione dell’acceleratore hanno guadagnato 400 milioni. «Io vivo a Ginevra – dice Rossi – ma a mia figlia ho consigliato di studiare fisica in Italia». Per Gian Francesco Giudice, uno dei teorici senior: «Per un fisico lavorare al Cern è come per un bambino trovarsi in un parco divertimenti dove si gioca e si mangia Nutella tutto il giorno».
Il timore però è che questo non
duri. «La scienza è una maratona e noi stiamo perdendo troppo terreno. L’Italia non può permettersi di trattare così male i suoi giovani ricercatori» dice Sergio Bertolucci, che a Ginevra ricopre il ruolo cruciale di direttore della ricerca e al quale Napolitano ieri ha indirizzato la sua lettera. «Stiamo vivendo – aggiunge Rossi – l’onda lunga della tradizione della fisica italiana. Godiamo dei frutti della preveggenza dei nostri padri. Ma cosa trasmettiamo alla generazione successiva?». Nel giorno della spending review, al presidente dell’Infn Fernando Ferroni è affidato il commento più amaro: «Mi sento preso in giro. Tagliare il 10% dell’organico vuol dire uccidere il futuro della ricerca in Italia».

La Repubblica 07.07.12