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"Tagli per 26 miliardi fino al 2014", di Roberto Giovannini

È un’operazione che vale 26 miliardi di qui al 2014. «Non sono tagli lineari», assicura il presidente del Consiglio Mario Monti, «sarebbe stata una via più semplice ma abbiamo preferito intervenire nella struttura della spesa della Pubblica Amministrazione». Il day after il varo notturno del decreto legge della spending review – già firmato da Giorgio Napolitano – vede le prime (pesanti e negative) reazioni da parte di quell’ampia parte del lavoro pubblico e quelle categorie che si ritiene penalizzato dal giro di vite varato dal governo. La Cgil, con Susanna Camusso, parla di «manovra recessiva che distrugge lavoro», ma vista la posizione molto più morbida di Raffaele Bonanni e della Cisl l’impressione è che proteste ci saranno, ma che non si arriverà allo sciopero generale. La patata bollente se la ritrova il leader del Pd Bersani, che boccia i tagli sulla sanità, ma dovrà appoggiare un provvedimento che colpisce molti degli interessi che il suo partito rappresenta.

Risparmi e nuove spese Il decreto legge vale 4,5 miliardi per il 2012, 10,5 per il 2013 e 11 per il 2014. Risorse che servono ad evitare il rincaro di due punti dell’Iva per il 2012 e a congelarlo almeno fino al luglio del 2013; a «salvaguardare» dagli effetti della riforma pensionistica Fornero altri 55.000 lavoratori «esodati» entro il dicembre 2011 (con una spesa di 1,2 miliardi dal 2014); a reperire infine 500 milioni già quest’anno (1 miliardo rispettivamente nel 2013 e 2014) per le aree colpite dal recente terremoto in Emilia.

Statali nel mirino A pagare dazio sono soprattutto i lavoratori pubblici con il taglio agli organici (-10% i dipendenti, -20% i dirigenti, -10% i militari), il taglio dei ticket restaurant, e in più arriverà una specie di «pagella» per gli impiegati, che saranno quindi valutati anche «individualmente». E una volta andati in pensione, peraltro, i «pubblici» non potranno più fare da consulenti nel settore pubblico. Nel mirino ci sono le Province, che saranno drasticamente dimezzate (ma nascono 10 Città metropolitane) e la sanità, con 18.000 posti letto in ospedale che dovranno sparire entro novembre (anche se si sono salvati i piccoli nosocomi). Un’operazione questa dei nuovi parametri per i posti letto che avrebbe il risultato, secondo i calcoli della Cgil, di mettere a rischio di far saltare circa 1000 reparti ospedalieri e altrettanti primari. Cala la mannaia sui trasferimenti a Comuni, Province e Regioni, che saranno sforbiciati per oltre 7 miliardi.

Le ultime novità Tra le novità dell’ultima versione del decreto (lievitato da 17 a 23 articoli) una stretta sulla spesa (non sul numero) delle intercettazioni, l’arrivo della pagella solo on line mentre i bidelli si salvano dal taglio. Si salvano gli enti di ricerca, mentre verranno fuse le authority previdenziali Covip e Isvap.

La Difesa tira la cinghia Per la Difesa arrivano tagli di un miliardo di euro complessivi nel biennio 2013-2014, mezzo miliardo per anno, più i risparmi derivanti dalla cessione di tutti gli immobili della Difesa al fondo del demanio e dalla decurtazione del 10% del personale. Da registrare che nel corso dei mesi precedenti sono state spedite dai cittadini ben 135.000 segnalazioni su possibili sprechi e inefficienze. Le Regioni che hanno il primato delle segnalazioni sono Lombardia, Lazio, Campania e Sicilia. L’argomento più trattato (37%) sono le amministrazioni locali, seguito con il 14% dalle spese sanitarie.

Sindacati in ordine sparso Mentre la maggioranza sembra già in difficoltà, col Pd in allarme, Udc e Pdl che plaudono al decreto, duro è il giudizio del segretario Cgil Susanna Camusso. «Ci pare che sia in corso nei fatti un’altra manovra di carattere recessivo, nei fatti, che taglia molto lavoro più di quello che non dichiari, un taglio lineare del welfare ai cittadini». Assolutamente più cauto il suo collega Cisl Raffaele Bonanni, che limita le critiche al capitolo lavoro pubblico: «Ci mobiliteremo sicuramente nei prossimi giorni ma per avere una riorganizzazione trasparente del pubblico impiego e per dare serenità ai lavoratori che continuano ad essere insultati». Già pronti allo sciopero di categoria invece sono i sindacati di settore di Cgil e Uil. «Mi sta bene come primo passo – afferma il presidente di Confindustria Giorgio Squinzi – però bisogna andare avanti con maggiore decisione, con più determinazione e far seguire i passi successivi».

Sul piede di guerra pure Federfarma, che contesta i tagli all’aggio per i titolari di farmacie, i medici ospedalieri dell’Anaao Assomed, ma anche gli avvocati.

La Stampa 07.07.12