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"Il Governo del “non fare niente” per l’edilizia scolastica", di Manuela Ghizzoni

Il 17 novembre 2010 il sottosegretario Viceconte ha risposto ad una nostra interrogazione presentata in Settima Commissione della Camera. Il testo della medesima risposta corrispondeva sostanzialmente a quello di un comunicato del MIUR emesso il 12 dello stesso mese. Al di là di questioni formali voglio esaminare la sostanza di quelle dichiarazioni.

Noi ricordavamo che l’art. 7-bis. della legge 169/09 prevedeva che al piano straordinario per la messa in sicurezza degli edifici scolastici, formulato ai sensi dell’articolo 80, comma 21, della legge 27 dicembre 2002, n. 289, e successive modificazioni, venisse destinato un importo non inferiore al 5 per cento delle risorse stanziate per il programma delle infrastrutture strategiche in cui il piano stesso era ricompreso.

Ricordavamo che il citato comma 21 dell’art.80 prevedeva che nell’ambito del programma di infrastrutture strategiche di cui alla legge 21 dicembre 2001, n. 443, si attuasse un piano straordinario di messa in sicurezza degli edifici scolastici con particolare riguardo a quelli che insistono sul territorio delle zone soggette a rischio sismico. Il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, di concerto con il Ministro dell’istruzione, dell’Università e della ricerca, avrebbe dovuto presentare il predetto piano straordinario al CIPE(inizia in quell’occasione un processo di espropriazione delle competenze regionali che, arrivato all’appuntamento del federalismo, produce le fughe verso l’ipotesi di una Scuola SPA a cui assegnare la proprietà degli edifici e i relativi compiti di costruzione di manutenzione).
Ricordavamo che, in attuazione di tali disposizioni, un primo piano stralcio – comprendente 738 interventi a livello regionale per circa 194 milioni di euro – fu approvato dal CIPE e pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale dell’11 agosto 2005 e che un secondo piano stralcio di oltre 300 milioni per circa 900 interventi, era stato adottato con le stesse modalità e pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale del 10 aprile 2007, n. 83;
Il Sottosegretario ha sostenuto che l’atto di indirizzo di cui all’art.2 comma 239 della legge n.191 del 23 dicembre 2009 che avrebbe dovuto individuare gli interventi di immediata realizzabilità fino all’importo complessivo di 300 milioni di euro, con la relativa ripartizione degli importi tra gli enti territoriali interessati, non si colloca, come detta tale norma di legge, nell’ambito delle misure e con le modalità previste ai sensi dell’articolo 7-bis. del decreto-legge 1° settembre 2008, n. 137, convertito, con modificazioni, dalla legge 30 ottobre 2008, n. 169, ma bensì si riferisce al completamento dei suddetti piani stralcio nati con la legge finanziaria del 2003.
Il sottosegretario ha spiegato che, dopo nove mesi dalla scadenza inizialmente prevista dalla legge, il governo ha chiesto di ridimensionare l’atto di indirizzo entro lo stanziamento di 115 milioni di euro in quanto, conseguentemente alla delibera del Comitato interministeriale per la programmazione economica (CIPE) n. 114 del 18 dicembre 2008, (pubblicata nella Gazzetta Ufficiale del 14 maggio 2009), il Governo ha accantonato per la prosecuzione del piano in oggetto ulteriori 10,5 milioni di euro per quindici anni pari, ai tassi di interesse vigenti, a circa 115 milioni di euro.

Chiedevamo inoltre di conoscere lo stato di attuazione degli altri interventi previsti dal sopracitato art.7bis ma non abbiamo avuto al riguardo alcuna risposta.

Segnalavamo come fosse del tutto evidente che per individuare il 5% della somma destinata al Piano per le infrastrutture sarebbe stato necessario conoscere l’ammontare attuale del medesimo. Il sottosegretario ha sostenuto in modo non troppo esplicito( perché avrebbe segnalato l’esistenza di un Piano per le infrastrutture di soli 20 miliardi) che l’ammontare di quella quota percentuale deve identificarsi nei mille milioni previsti dalla delibera del CIPE del 6 marzo 2009, n. 3 (Gazzetta Ufficiale n. 129/2009), con la quale é stata disposta l’assegnazione di 5.000 milioni di euro dei FAS a favore del fondo infrastrutture di cui all’art. 18, lettera b), del decreto legge n. 185/2008, per interventi di competenza del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, con una destinazione di 200 milioni di euro al finanziamento di interventi di edilizia carceraria e di 1.000 milioni di euro, appunto, al finanziamento di interventi per la messa in sicurezza delle scuole.
Nell’ambito di tali 1.000 milioni di euro è stato successivamente operato lo stralcio di 358,4 milioni di euro di cui alla Deliberazione n. 32/2010) (GU n. 215 del 14-9-2010 – s.o. n.216.)
Tale delibera peraltro non stabilisce termini perentori per la stipula delle Convenzioni tra enti Locali destinatari degli interventi e il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti.

Il ogni caso dalla risposta del Sottosegretario si ricava che del miliardo di euro prelevato dai FAS già destinati al MIUR, 226 milioni sono stati destinati alla ricostruzione delle scuole in Abruzzo e di essi non è noto quanti siano stati impiegati per l’allestimento dei prefabbricati che come è tristemente noto da quelle parti è cosa ben diversa dalla ricostruzione. Altri 358,4 milioni, dopo un tortuosa procedura iniziata nel marzo 2009 con una prima delibera del CIPE, sono ancora in corso di allocazione dal Ministero dello sviluppo economico a quello delle infrastrutture. Intanto le Convenzioni fra Enti locali e quest’ultimo Ministero, previste per la realizzazione dei 1700 interventi, sono ancora ferme al palo. Nessun cantiere è stato ancora aperto e ciò è tanto più grave se si ha presente che nel maggio scorso le Regioni sono state espropriate delle loro competenze programmatorie proprio in ragione dell’urgenza che veniva attribuita a tale programma. Ovviamente per l’iter relativo all’utilizzo dei residui 426 milioni, da destinare prevalentemente alle regioni dell’Obiettivo 1 non vi è alcuna certezza temporale essendo subordinato alle autonome scelte di utilizzo dei Fas da parte del ministro dell’economia. La stessa comunicazione ministeriale sul completamento dei lavori per l’allestimento dell’anagrafe per l’edilizia scolastica desta molte perplessità, circa la sua reale veridicità, non essendo ancora state comunicate ai suoi principali utilizzatori, Enti locali e Regioni, le modalità di una sua utilizzazione e del suo aggiornamento.

In ogni caso, dalla risposta alla interrogazione risulta che il Governo non è ancora in grado di chiarire una serie di questioni posta alla sua attenzione, quali quella riguardanti:
– i risultati dei più recenti monitoraggi sullo stato di avanzamento dei piani che risalgono alla legge finanziaria del 2003;
– le risultanze del piano triennale di circa 900 milioni di euro attivato, tramite una specifica intesa tra Ministero, Regioni ed enti locali, in attuazione della legge finanziaria 2007;
– il numero delle Convenzioni stipulate, in ogni regione, dopo la pubblicazione della delibera CIPE n. 32/10;
– la reale entità degli stanziamenti, riferiti ai 358,4 milioni di euro della suddetta delibera, effettivamente disponibili ed erogabili per l’anno 2010 e la loro disponibilità per gli anni successivi;
– e infine quale sia lo stato di attuazione degli obiettivi indicati ai commi da 2 a 7 dell’art. 7bis. del decreto-legge 1° settembre 2008, n. 137, convertito, con modificazioni, dalla legge 30 ottobre 2008, n. 169(il recupero di somme stanziate in materia nel passato a favore delle Regioni e per vari motivi non spese e le 100 manutenzioni di altrettanti edifici scolastici da effettuare con una procedura straordinaria);

In questo quadro di carenze ed omissioni assume un particolare rilievo la totale confusione e indeterminatezza con cui viene trattato il tema dell’edilizia scolastica nei primi provvedimenti sul federalismo fiscale: la materia è definita, giustamente, nella legge delega come una funzione fondamentale dei Comuni e delle Province, ma per tali enti – in assenza di trasferimenti loro destinati nel bilancio dello Stato – si profila l’impossibilità di una qualsivoglia fiscalizzazione delle risorse da mettere a disposizione del soddisfacimento dei fabbisogni standard, una volta individuati nel quadro dei livelli essenziali delle prestazioni che caratterizzano tale materia. Il solo trasferimento individuato dallo Stato, peraltro per le Regioni, è quello che, nel 2008, fu previsto dal Governo Prodi nell’ambito del piano triennale conseguente al patto per la sicurezza, con una disponibilità di 100 milioni di euro.
Il governo del “fare” per l’edilizia scolastica si è dunque finora caratterizzato come il peggior governo del “fare solo chiacchiere”.

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