scuola | formazione

Prof supplenti, tutti contro tutti così si è arrivati al pasticcio precari", di Salvo Intravaia

Dalle scelte dei governi democristiani alla riorganizzazione che si credeva definitiva del ministro Fioroni. Poi la Gelmini blocca tutto e i tagli della manovra Tremonti fanno il resto. Così tutti i protagonisti in attesa di un posto si sentono defraudati, partono i ricorsi e le sentenze di annullamento dei provvedimenti. E ora il governo tenta di varare un difficile compromesso. Il pasticcio del governo sulle graduatorie dei supplenti ha scatenato la guerra di tutti contro tutti. Migliaia di ricorsi e intervento dei giudici amministrativi, prima, e costituzionali, dopo. Sindacati contro sindacati, supplenti contro supplenti e politici a difesa dei propri elettorati, a prescindere dai partiti di appartenenza. E adesso si spettano le ultime mosse del governo, che non mancheranno di suscitare altre polemiche. Qualsiasi intervento scontenterà comunque una parte. Ma come si è arrivati a questa guerra senza esclusione di colpi?

Il precariato della scuola “moderno” ha una quarantina d’anni. Fu il democristiano Franco Maria Malfatti, nel 1974, a varare il decreto che istituì il cosiddetto “doppio canale”. A palazzo Chigi, per la quinta volta, era salito Mariano Rumor. Il decreto 416 stabiliva che per accedere al ruolo, oltre che attraverso il concorso a cattedre, si poteva partecipare anche al concorso per soli titoli. Il requisito essenziale, oltre al diploma o alla laurea e all’abilitazione all’insegnamento, per accedere alla graduatoria provinciale era quello di avere insegnato nella scuola statale per almeno due anni scolastici, che successivamente diventarono 360 giorni.

Era dunque sufficiente avere prestato servizio un paio d’anni da precario per accedere ad una graduatoria che garantiva il ruolo, bastava sapere aspettare qualche anno. Ma le graduatorie del concorso per soli titoli duravano fino all’indizione della selezione successiva. E nel 1999, l’allora ministro della Pubblica istruzione,
Luigi Berlinguer, le trasformò in graduatorie “permanenti”.

Coaì nel 2007, accompagnato da un piano di 150 mila immissioni in ruolo, l’allora ministro Fioroni trasforma le graduatorie permanenti in graduatorie ad esaurimento, consentendo per l’ultima volta – nell’aggiornamento per gli anni il 2007/2009 – il trasferimento di provincia. Fu allora che migliaia di precari meridionali, con punteggi record, decisero di trasferirsi, dalle graduatorie delle regioni settentrionali, nuovamente al Sud. Il piano di immissioni in ruolo varato dal governo Prodi garantiva anche i precari delle affollate liste del meridione. Ma una parte decise comunque di rimanere al Nord: sarebbero entrati di ruolo prima con i punteggi accumulati in quegli anni.

Quando a viale Trastevere si trasferì Mariastella Gelmini, nel 2008, il mega-piano di assunzioni venne bloccato così come, nell’aggiornamento delle graduatorie per gli anni 2009/2011, il trasferimento di provincia. Di conseguenza, le graduatorie di merito del Sud rimasero ingolfate e quelle del Nord semivuote. E per evitare che rimanessero centinaia di cattedre vuote vennero inventate le graduatorie “di coda”: ogni precario poté scegliere altre tre province dove essere inserito in coda.

Nel frattempo – nel triennio 2009/2011 – la scuola è stata oggetto della cura Tremonti-Gelmini che ha fatto sparire 87 mila cattedre, il 53 per cento delle quali nelle 8 regioni meridionali, accentuando il divario Nord-Sud in termini di possibilità di lavorare. E due mesi fa, dopo migliaia di ricorsi al Tar Lazio, la Corte costituzionale ha dichiarato illegittime le graduatorie di coda, un provvedimento che ha scatenato la guerra tra precari. I supplenti meridionali rimasti al Nord per “scelta di vita”, con punteggi ormai adeguati all’immissione in ruolo, in caso di riapertura delle graduatorie, temono di essere scavalcati dai colleghi meridionali che decidessero di ritornare al Nord. Mentre i colleghi settentrionali, con punteggi molto bassi, hanno la certezza di non vedere un posto per i prossimi anni.

Anche il sindacato si è spaccato: l’Anief, la neonata organizzazione che ha promosso i ricorsi al Tar Lazio e determinato il terremoto causato dal pronunciamento dei giudici della Consulta, canta vittoria. Mentre tutti gli altri sindacati, più cauti perché consapevoli della complessità del fenomeno, per allentare la tensione chiedono immissioni in ruolo su tutti i posti vacanti: 30 mila circa. Ma anche un tavolo di confronto col governo per affrontare in maniera definitiva il problema del precariato della scuola.

Intanto, per evitare di aggirare la sentenza della Corte, l’unica via possibile per l’aggiornamento 2011/2013 sembra quella di consentire nuovamente lo spostamento di provincia: una sola a scelta del supplente. E a questo punto, entra in campo anche la politica, con posizioni diverse e non sempre legate alle coalizioni del momento. Per il Pd e l’Italia dei valori, anche con l’inserimento in graduatoria “a pettine” prospettato dall’esecutivo, il problema del precariato “resta irrisolto”. Mentre un gruppo bipartisan di 61 deputati – quasi tutti meridionali – decide di muoversi in maniera autonoma e intima al ministro Gelmini di investire il Parlamento della vicenda. Così la Lega, che caldeggia l’idea di un blocco delle graduatorie, rimane isolata. Un vero pasticcio all’italiana.

www.repubblica.it