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"Giornata della memoria, l’abisso fra i due presidenti", di Mariantonietta Colimberti

Napolitano esalta i magistrati caduti. Berlusconi: «I pm sono un cancro». Berlusconi ieri al Quirinale non c’era. Mentre il capo dello stato celebrava la giornata della memoria dedicata alle vittime del terrorismo e delle stragi, il premier era a Milano per il processo Mills e ne approfittava per insultare i giudici durante le pause dell’udienza. Quasi contemporaneamente, le due massime cariche dello stato pronunciavano parole e concetti distanti anni luce, come del resto lontani anni luce sono le persone, anche nella percezione dei cittadini.
«Ci sono tentativi reiterati da parte degli stessi pm di eversione. E questo non è un cancro della democrazia?» chiedeva retoricamente il premier ai cronisti che lo attendevano fuori dall’aula del tribunale del capoluogo lombardo.
«Si sfoglino quelle pagine – esortava Giorgio Napolitano a Roma, rievocando le vicende del terrorismo e i magistrati caduti negli anni di piombo ai quali quest’anno la cerimonia era indirizzata – ci si soffermi su quei nomi, quei volti, quelle storie, per poter parlare responsabilmente della magistratura e alla magistratura, nella consapevoleza dell’onore che ad essa deve essere reso come premessa di ogni produttivo appello alla collaborazione necessaria per le riforme necessarie ». Il presidente accennava anche a «qualche dissennato manifesto» affisso «sui muri della Milano di Emilio Alessandrini e Guido Galli».
Un contrasto stridente, quasi straniante da vedere e pensare, ma un balsamo per le toghe vilipese e continuamente aggredite dal presidente del consiglio e anche dal ministro della giustizia, che dovrebbe difenderle. Ieri Angelino Alfano era ad ascoltare il capo dello Stato che parlava e, a differenza del suo quasi vicino di sedia Gaetano Quagliariello – tra loro Rosa Calipari – ha applaudito i passaggi più toccanti dell’intervento.
Le mani del vicepresidente del gruppo del Pdl al senato, invece, sono rimaste ferme mentre Napolitano ricordava i magistrati caduti e il rispetto che a loro si deve. Ha battuto in ritardo e svogliatamente le mani soltanto quando la voce del presidente si è rotta per la commozione («questo giorno della memoria che è entrato ormai nel nostro cuore») e tutta la sala è esplosa in un applauso fragoroso. Napolitano aveva anche disatteso il protocollo andando ad abbracciare i familiari delle vittime, uno ad uno.
L’aveva già fatto nel 2009, quando per la prima volta Licia Pinelli e Gemma Calabresi si erano incontrate nei saloni del Quirinale. Un evento fortemente voluto dal capo dello stato, che nel suo discorso aveva sottolineato la necessità di tributare «rispetto e omaggio per la figura di un innocente, Giuseppe Pinelli, vittima due volte».
Anche in quell’occasione la voce di Napolitano si era incrinata, e la vedova, come scrisse in un bellissimo libro, aveva provato «un tuffo al cuore». Mentre il presidente della repubblica si rivolgeva alle menti e ai cuori, richiamando i vertici delle istituzioni e i suoi servitori, Silvio Berlusconi affermava di non ricordare di aver parlato di «brigatismo giudiziario» ma di non poterlo escludere e tornava a chiedere una commissione d’inchiesta contro i pm milanesi. Daniela Santanchè, nel frattempo, definiva Ilda Boccassini «una metastasi». Poche le voci servizievoli che si sono levate ieri pomeriggio a difendere Berlusconi: è brevemente resuscitato Renato Brunetta per dire che le parole del capo dello stato non erano dirette al premier e che «la magistratura è un ordine» (non un potere, ndr); ha sostenuto l’insostenibile come sempre Ignazio La Russa, per il quale «se c’è qualcuno che parla bene dei magistrati, quello è proprio Berlusconi». Vittorio Feltri da Fede a Retequattro ha invece ammesso di non essere a conoscenza dell’esistenza della giornata della memoria, aggiungendo che è giusto commemorare i magistrati uccisi dalle Brigate Rosse.
In serata, puntuale, è arrivato il comunicato “riparatorio” di palazzo Chigi con “rilancio”: «Rispetto e gratitudine» per le vittime del terrorismo, unità ideale con le «nobili parole» di Napolitano e, infine, «impegno del governo a contribuire ad aprire tutti gli armadi della vergogna perché nessuna strage rimanga avvolta nel mistero».
Chiunque abbia consigliato Berlusconi, che sia Gianni Letta o Giuliano Ferrara, non sarà certo un comunicato a poter colmare l’abisso.

da Europa Quotidiano 10.05.11