attualità, politica italiana

"L'obiettivo è dividere gli Udc dai futuristi", di Marcello Sorgi

Qualche giorno fa Umberto Bossi aveva consigliato pubblicamente a Berlusconi di non accontentarsi di ottenere la maggioranza nelle prossime votazioni sulla fiducia, ma nel caso in cui il vantaggio in termini di voti sull’opposizione fosse risicato, di recarsi ugualmente Quirinale per dimettersi e chiedere le elezioni, come fece Fanfani un bel po’ di anni fa.

Nella conferenza stampa tenuta ieri a Palazzo Chigi con la ministra dei giovani Giorgia Meloni il Cavaliere a sorpresa ha sposato in pieno la strategia del Senatur, confermando di non aver dubbi sul fatto di ritrovare la maggioranza e di ottenere la fiducia in entrambe le Camere il 14 dicembre. Ma se l’appoggio al governo dovesse risultare insufficiente a realizzare le riforme, Berlusconi ha aggiunto che non esiterebbe a chiedere lo scioglimento delle Camere, addossandone la responsabilità a quei partiti che, o hanno ritirato il loro sostegno al governo, o non sono stati disponibili a farlo in un momento difficile come l’attuale. Anche in questo caso, tuttavia, non sarebbe affatto automatico che il Capo dello Stato dichiarasse finita la legislatura: l’esistenza di una maggioranza, sia pure stentata, potrebbe anzi indurlo a tentare la strada di un altro governo di centrodestra non guidato da Berlusconi, al quale sia Fli sia Udc si affretterebbero a dare i loro voti.

Il premier ha tuttavia fatto una distinzione tra Fini e l’Udc, ripetendo che Fini non deve far altro che una marcia indietro e chiedendo invece a Casini di concedere l’appoggio esterno al governo, in attesa, è sottinteso, di negoziare successivamente l’ingresso a pieno titolo dei propri ministri. Chiaro l’obiettivo del premier di dividere Casini da Fini e di verificare se è disposto a rinunciare alla richiesta di dimissioni per aprire una trattativa. Per ora l’Udc ha confermato di non essere disponibile. In mancanza di questa disponibilità, e con i finiani che hanno confermato ieri il loro orientamento per la sfiducia, Berlusconi, anche nel caso in cui dovesse riottenere la fiducia, non avrebbe una maggioranza solida e si troverebbe esposto continuamente al rischio di andare sotto.

Basta solo rivedere quel che è accaduto ieri, dopo la tormentata seduta di martedì: mentre gli studenti manifestavano davanti al Senato contro la riforma Gelmini, i finiani, appena è rimbalzata a Montecitorio la battuta del presidente del consiglio su Fini, hanno bloccato per un’ora i lavori alla Camera, costringendo la ministra dell’istruzione a riscrivere due emendamenti. E il governo è stato battuto una volta.

La Stampa 25.11.10

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“Berlusconi kamikaze fa strage di colombe”, di Francesco Lo Sardo

Chi puntava su un premier “politico” deve rifare i conti: dopo il suo ennesimo show la maggioranza fibrilla più di prima
Non ha retto, ha spaccato il recinto come un toro impazzito e ha caricato tutti a testa bassa: Fini, l’Udc di Casini, mezzo Pdl che sta sudando per trovargli i voti sufficienti a superare, magari di un soffio, la fiducia del 14 dicembre. Ma così è Berlusconi.
Era nell’aria: questo giornale lo aveva scritto due sere fa, poco prima della telefonata furiosa a Ballarò con cui il Cavaliere ha infranto il fragile argine della tregua televisiva inaugurata con la cancellazione della esibizione a Matrix la scorsa settimana: le colombe del Pdl avevano cercato di imbavagliarlo per evitargli di far danni irreparabili prima del voto.
Niente da fare. Il Cavaliere ha stracciato il copione che per lui aveva scritto l’ala raziocinante del Pdl, un magma che va da Gianni Letta a un manipolo di consiglieri di palazzo Grazioli a Pisanu, sfiorando il correntone di Scajola e non solo (quasi tutti ex dc o del cotè dell’antica balena bianca). Era un piano semplice, il loro, informato al criterio della «mano morbida» fino al 14 dicembre: per tranquillizzare i molti peones parlamentari impauriti dalla prospettiva di elezioni anticipate e convincerli a votare la fiducia per poter tirare avanti ancora un po’ – almeno un altro anno, fino al 2012 – la legislatura. Un piano che postulava – anche in caso di maggioranza risicata – l’entrata in azione di questa vasta area del Pdl per impedire il prevalere della linea della Lega e dagli ultras del Pdl di La Russa, Verdini e Santanché per andare ad elezioni.
Ma Berlusconi s’è ribellato.
La furastica telefonata a Ballarò la notte di martedì è stata solo l’inizio. Ieri mattina, letta l’intervista al Corriere della Sera in cui il volto buono del Pdl, Beppe Pisanu, scartava la «via di fuga» delle elezioni anticipate (il Pdl ne sarebbe «il primo sconfitto» e cederebbe «altro spazio» alla Lega) Berlusconi è esploso. Favorevole a una tregua con Fini e a un patto elettorale con Fli e Udc, Pisanu dava corpo a tutti i sospetti di un premier ossessionato dai complotti che ora vede montare una potente onda antielezioni nel Pdl per togliergli di mano la rivoltella dell’opzionekamikaze del voto a primavera.
Senza una «buona maggioranza chiederemo le elezioni» è stata la reazione da shock and awe di Berlusconi: per inabilitare e annientare indirettamente il nemico interno del Pdl attraverso un bombardamento massiccio di quelli esterni. Casini è stato perciò pubblicamente sfottuto in una conferenza stampa a palazzo Chigi («Suggerisco ai signori dell’Udc l’appoggio esterno »), Fini provocato: «Io non faccio un passo indietro, lo faccia lui e si dimetta dalla presidenza della camera». L’Udc ha reagito malissimo («Non perdiamo tempo, si dimetta»), i finiani per rappresaglia si sono messi di traverso alla riforma dell’università all’esame dell’aula di Montecitorio minacciando il ritorno in commissione del testo. Poi Fli ha trovato un’intesa con Pdl e Lega: ma in serata ha votato un emendamento Udc mandando sotto il governo. A fine giornata il bilancio era disastroso: la Gelmini impallinata dal fuoco amico di Berlusconi, Udc e Fini sul piede di guerra, colombe del Pdl disperate («Berlusconi non ha chiesto le dimissioni di Fini», tentava di gettare acqua sulle fiamme Paolo Bonaiuti). Ma soprattutto Pdl disorientato e peones del gruppo misto spaventati: «Berlusconi ci porta alle elezioni anche se il 14 gli votiamo la fiducia », ragionava ieri uno di loro.
«È matto, vuole sfasciare tutto, ma fa il gioco di Bossi», concordava un suo pensoso collega.
Se questi sono i risultati resta la domanda: cosa ha in testa Berlusconi? Vuol farsi votare la sfiducia per cercare di andare comunque al voto? Anche col rischio di perderle? Chissà. Potrebbe sempre invocare un legittimo impedimento o un lodo in quanto leader dell’opposizione: non si penserà mica di poter perseguitare il capo dell’opposizione, no? L’Aung San Suu Kyi di Arcore, doppiopetto, fondotinta e tacco rinforzato, incombe già.

da Europa Quotidiano 25.11.10