attualità, politica italiana

"Il Gattopardo a cinque stelle", di Claudio Fava

Grillo dice di non essere di destra né di sinistra, di non volere la Moratti né Pisapia, di non votare De Magistris ma neanche Lettieri. È il trucco di sempre: attaccare tutti per non cambiare niente. Ci sono solo due politici in Italia, con un passato di brillanti intrattenitori (l’uno di piazze, l’altro di crocieristi) che pensano di dover esercitare il mestiere della politica in perfetta, onnipotente solitudine, senza mai incrociare le parole e la faccia con un avversario: sono Silvio Berlusconi e Beppe Grillo. Dei quali non si ricorda, negli ultimi dieci anni, un solo pubblico confronto (tv, teatro, strada) con qualcuno che non la pensi come loro. Ci sono stati solo due politici capaci di dire, senza tema di apparire ridicoli, «io non sono né di destra né di sinistra: io sono oltre». Uno era Charles De Gaulle (e forse qualche titolo lo aveva), l’altro è Beppe Grillo: sul suo blog, due giorni fa. E siccome le parole sono cosa seria, sempre sul blog, dopo averci comunicato che il suo movimento ha preso un consigliere a Bovolone e un seggio a Sala Baganza col 9,58%, Grillo spiega che lui ai ballottaggi non si schiera, tanto Morattio Pisapia «sono la stessa cosa». Per Grillo, laggiù a Napoli, anche De Magistris e Lettieri sono la stessa cosa: stesso fiato pesante, stesso programma, stessa metaforica munnizza: perché dunque sporcarsi le mani appoggiando il candidato del centrosinistra? «Di errori ne ho commessi molti e purtroppo ne commetterò altri», scriveva settimane fa Beppe Grillo, «uno dei più imbarazzanti è stato Luigi de Magistris».
Eppure me lo ricordo, Grillo, quando sbarcò a Bruxelles con De Magistris e Marco Travaglio, per regalarci una tirata contro l’Europarlamento con toni e argomenti da casalinga di Marsiglia (l’elettorato forte di Le Pen): basta con i fondi di Agenda 2000 che tanto vanno tutti alla mafia, basta con questo parlamento
cimitero di elefanti, basta con questo chiacchiericcio inconcludente. È un peccato. Non che Grillo non dia indicazioni di voto che tanto gli italiani sono stufi marci di chi li tratta come soldatini di piombo e ai ballottaggi spiega loro cosa dire, cosa fare, cosa pensare. È un peccato che Grillo si sia smarrito in questo delirio d’onnipotenza, unto anch’egli dal Signore, dalle piazze e da minime, presunte, scontate verità: tutti uguali i politici, tutti indegni, tutti vecchi. Me lo sono sentito ripetere per trent’anni, in Sicilia, a ogni tornata elettorale quando in lista c’erano i notabili da centomila preferenze, quelli che piazzavano i famigli negli assessorati e facevano carte false per gli amici di Cosa Nostra, quelli che si mangiavano la politica e la vita degli altri senza nemmeno chiedere permesso, quelli che ti organizzavano cento varianti ai piani regolatori per i cento terreni degli amici che bisognava benedire. Quelli. E quando tu dicevi, avanti, proviamo a mandarli a casa, proviamo a riprenderci questa terra maledetta, proviamo a dire le cose che pensiamo, a trovarne uno onesto, a tenere la schiena dritta, proviamoci per una volta… ecco, ce n’erano tanti, come Grillo, che ti facevano una carezza in testa e ti spiegavano che tanto è tutta la stessa merda, la stessa pasta, lo stesso inciucio, destra e sinistra, cuffaro e borsellino, pisapia e moratti, de magistris e cosentino, e allora tanto vale turarsi il naso e stare dalla parte dei peggiori che almeno sono i più forti, sono furbi antichi e impuniti, e se promettono cose sfacciate poi le mantengono. Io non lo so se Grillo pensi di essere davvero l’unico capace di buon senso. E non so nemmeno se le cose che dice su Pisapia le pensi davvero. Se fa parte dell’etica del suo movimento dare del “busone” a Vendola. Non lo so, non ancora, se questo signore c’è o ci fa. Ma ogni giorno che passa, ogni strepito suo che m’arriva, mi mette sempre più tristezza.

L’Unità 21.05.11