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"Eppure io dico: Non sparate sui test INVALSI", di Mario Simoni

Sono rimasto costernato da molte reazioni che ho letto da parte di studenti, docenti e persino qualche supposto intellettuale, sui test di valutazione Invalsi che si sono svolti due settimane fa nelle scuole italiane. Sto sperimentando in questi tempi l’ingiustizia del classismo del sistema scolastico inglese e mi sarei aspettato, lo dico con semplicità, una maggiore intelligenza e una maggiore cura nel discutere della nostra scuola. Le discussioni sui modi della valutazione, sul carico imposto ai docenti, sui suoi limiti (tutte le cose hanno i loro limiti), sono importanti e benvenute al fine di contribuire a migliorare le prove. Quello che è intollerabile è leggere della studentessa del liceo del centro di Roma che con fare pseudo rivoluzionario grida allo scandalo per le domande sulla vita privata, come quella che chiedeva se a casa lei avesse o meno una sua camera da letto privata. Una domanda del genere è fondamentale (assieme ad altre) per mettere insieme informazioni sul reddito e sulla posizione sociale, con i risultati dei test, per capire quanta influenza ha avuto la scuola nella preparazione di quella persona, rispetto all’influenza di fattori esterni, primo di tutti la famiglia di provenienza. A seguito di questi test (e il fatto che vi siano degli errori in alcune domande è del tutto irrilevante, perché gli errori ci sono in tutti i test distribuiti e quindi i risultati rimangono comunque paragonabili) ad esempio potremmo venire a sapere che una scuola X del centro di Roma funziona peggio di una scuola Y di Palermo perché, anche se in media i ragazzi di Roma sono più preparati, in realtà il contributo della scuola è stato minimo perché le condizioni di partenza erano molto più avvantaggiate. Un test del genere permette di sapere quali scuole di Palermo sono in grado di far fare dei passi avanti ai loro ragazzi, rispetto alle famiglie di provenienza, e quali meno. Il punto è di valutare le scuole – in modo certo impreciso e migliorabile, ma meglio di nulla – tenendo in considerazione le differenze dei loro contesti. Pertanto, fare commenti sarcastici su queste domande e rifiutarsi di fare il test è un comportamento profondamente reazionario soprattutto se arriva da uno studente di un liceo privilegiato del centro. È del tutto evidente che i problemi della scuola non si risolvono con questi test. I problemi di nessuna istituzione si risolvono con una cosa. Capire quanto e dove le condizioni di partenza degli studenti siano state meno importanti nel determinare i loro risultati è una cosa insostituibile per poter imparare lezioni dalle nostre scuole migliori e diffonderle. Chi avesse a cuore l’uguaglianza dei cittadini, dovrebbe esserne il campione.

L’Unità 25.05.11