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Disabili, monito Ue:«In Italia non c’è parità di trattamento», di Toni Jop

Come i bambini. L’Unione europea li sgrida, e loro acqua in bocca, muti come pesci. Così nessuno sapeva, grazie ai ministri di questo governo, che l’Europa ha avviato nei nostri confronti una procedura di infrazione perché dice che non facciamo nulla per garantire i diritti dei disabili nei luoghi di lavoro.
ACCUSE PRECISE Sull’accusa comunitaria al governo si è attivata la Cgil, e ora ecco per Berlusconi e soci un’altra grana da curare. Per noi italiani, invece, l’ennesima pessima figura di fronte al mondo in un campo, tra l’altro, in cui, per nostra virtù, ce la siamo cavata molto bene negli ultimi quarant’anni. «La Repubblica italiana, non imponendo a tutti i datori di lavoro l’obbligo di prevedere soluzioni ragionevoli applicabili a tutti i disabili è venuta meno all’obbligo di recepire correttamente e completamente l’articolo… che stabilisce un quadro generale per la parità di trattamento in materia di occupazione e di condizioni di lavoro »: così recita il testo della reprimenda data alle stampe sulla Gazzetta ufficiale della Ue tra la fine di luglio e i primi di agosto, pochi giorni prima che il consiglio dei ministri approvasse la manovra “arricchita” con il famigerato articolo 9, quello che consente alle aziende di collocare i disabili in un’ unica soluzione.

LIBERTÀ DI «CONCENTRARE» Traducendo, significa che per le aziende esiste libertà di concentrare i disabili e di creare dei ghetti a loro uso e consumo. Riprende così fiato un’ottica concentrazionaria che la cultura italiana aveva battuto negli anni Settanta, abolendo – soli in Europa – la classi differenziali, a scuola, e regolando con equilibrio imposto dalla dignità di tutti i lavoratori, disabili soprattutto, le pulsioni discriminatorie delle aziende. Negli anni Settanta, la Fiat, per esempio, era libera di impaccare Centinaia di portatori di disabilità nei reparti “più opportuni”, le carrozzerie, una sorta di classe differenziale tenuta insieme da una certa violenza discriminatoria. «È lì che vuol tornare il governo di Berlusconi – commenta Nina Daita, responsabile nazionale dell’ ufficio politiche per le disabilità -. a quella violenza, piegando la storia di questo paese. E sai come ci siamo accorti che l’Ue aveva avviato la procedura di infrazione? Ce l’hanno fatto notare in Germania, durante una conferenza…».

QUEL CHE DICE LA LEGGE Non tutti sanno che le aziende sono obbligate dalla legge ad assumere un numero certo di disabili calcolato sulle quantità del personale: un disabile per un organico che va da 15 a 35 dipendenti, due per 50 e così via. Poi, le commissioni provinciali e regionali si incaricavano di trattare con le aziende, evitando da un lato che le assunzioni premiassero alcuni territori sugli altri e dall’altro che i nuovi assunti fossero ghettizzati.

LA LEGGE DELLA GIUNGLA Meccanismo saltato, si torna nella giungla. Da due anni, il collocamento dei disabili è sceso del 38%, gli iscritti alle liste sono quasi ottocentomila e gli stanziamenti del governo per il settore sono scesi da 40 milioni di euro ai due milioni e mezzo del 2012. Un disastro. «Io sono furibonda, – è sempre Daita che parla – le famiglie sono a pezzi, morse da un’inquietudine che non reggono più. Stiamo scivolando verso un regime crudele e ingiusto che si prepara a rimettere in servizio attrezzi infami come la compassione, l’elemosina. Mentre si spendono3 miliardi di euro per rimediare la truffa delle quote latte». RIGUARDA MOLTI Eppure i disabili in Italia sono tre milioni: cosa convincerà questo governo a dar loro enormemente meno di quel che pagano per le quote latte? Misteri padani. «Intanto, questo paese sta perdendo la sua anima – dice Nina Daita – eravamo un modello, ci guardavano come fossimo un modello, stiamo tornando a Dickens».

L’Unità 01.10.11