economia, lavoro

"L’Inps va in rosso. Le pensioni salvate dai precari", di Enrico Marro

L’Inps va in rosso: quest’anno spenderà 283 miliardi di euro e chiuderà con un deficit d’esercizio di 2,9 miliardi contro una previsione di un attivo di 365 milioni. I conti sono tenuti in piedi dai precari, dalle entrate per le gestioni temporanee e dai lavoratori dipendenti che con i datori di lavoro versano all’Istituto il 33% della retribuzione lorda. I conti sono, invece, penalizzati dai fondi speciali e da quelli degli autonomi. In calo gli assegni erogati nei primi 8 mesi del 2011 rispetto al 2010.

La crisi morde, anche per i conti dell’Inps. Secondo l’assestamento del bilancio 2011, varato dal presidente Antonio Mastrapasqua e ora all’esame del Consiglio di indirizzo e vigilanza, quest’anno l’ente di previdenza, che spenderà per pensioni e prestazioni varie 283 miliardi di euro, chiuderà con un deficit d’esercizio di 2,9 miliardi contro una previsione di un attivo di 365 milioni contenuta nel budget originario e contro un deficit di 1,3 miliardi nel 2010.

Si tratta del secondo esercizio in rosso, dopo che dal 2000 al 2009 i risultati erano sempre stati positivi — ricorda la relazione del collegio dei sindaci. Finirà in disavanzo anche la gestione finanziaria di competenza: 343 milioni contro un attivo di 1,2 miliardi del preventivo. Resiste solo un esiguo avanzo di parte corrente: 100 milioni (contro 1,6 miliardi previsti)

La variazione del risultato economico di esercizio negativa di 3,2 miliardi rispetto alle previsioni riflette la svalutazione dei crediti contributivi e il peggioramento dei conti delle diverse gestioni previdenziali. E la nota di assestamento non tiene neppure conto della revisione del Pil appena decisa dal governo per il 2001: dall’1,1 allo 0,7% che probabilmente avrà un impatto negativo sulle entrate contributive dell’Inps, anche se gli ultimi dati, riferiti ai primi otto mesi dell’anno, segnalano incassi superiori dell’1,4% rispetto a quanto preventivato.

Passando alle singole gestioni, il comparto dei lavoratori dipendenti chiuderà sì in attivo, ma solo di 1,5 miliardi contro i 3,4 miliardi previsti. Un buon risultato comunque, tenendo conto che sarà conseguito nonostante i fondi speciali (Trasporti, Elettrici, Telefonici e dirigenti d’azienda ex Inpdai), che segneranno un rosso complessivo di ben 7,8 miliardi. Al saldo finale positivo del comparto concorre infatti l’attivo dei dipendenti al netto di questi fondi speciali (7,3 miliardi) e quello delle prestazioni temporanee (assegni familiari, malattia, cassa integrazione, in avanzo di 2,1 miliardi).

Male anche le gestioni dei lavoratori autonomi, tutte in deficit crescente: 3,5 miliardi quella dei coltivatori diretti; 5,6 miliardi quella degli artigiani; un miliardo e mezzo quella dei commercianti. In totale più di 10 miliardi e mezzo di disavanzo. Va benissimo invece il fondo dei parasubordinati (collaboratori, consulenti, amministratori) che chiuderà in attivo di 7,2 miliardi, anche perché, a fronte dei contributi incassati da circa 1,7 milioni di lavoratori, le pensioni in pagamento sono pochissime.

Schematizzando, si può concludere che i conti dell’Inps sono tenuti — per ora — in piedi dai lavoratori precari, dalle entrate per le gestioni temporanee, che anche qui sono sempre molto superiori alle uscite, e dai lavoratori dipendenti che insieme con i loro datori di lavoro versano all’Istituto il 33% della retribuzione lorda. I conti sono invece zavorrati da una serie di pesanti eredità: dai fondi speciali a quelli dei lavoratori autonomi. Tutti questi hanno alcune caratteristiche in comune: hanno visto un progressivo peggioramento del rapporto tra lavoratori attivi (che versano i contributi) e pensionati (che ricevono gli assegni) e poi continuano a pagare pensioni molto generose in rapporto ai contributi versati (artigiani e commercianti, per esempio, pagano ora il 20-21%, ma fino a pochi anni fa stavano intorno al 14-15%).

Tanto per avere un’idea, dai dati dell’assestamento di bilancio si ricava che i coltivatori diretti verseranno nel 2011 all’Inps in media 2 mila euro all’anno, gli artigiani e i commercianti circa 4 mila, mentre i lavoratori dipendenti e le loro aziende 9.854 euro a testa. Se si guarda all’importo medio delle pensioni corrisposte dagli stessi fondi le differenze non sono però così forti: 11.612 euro all’anno per i lavoratori dipendenti, 10.252 euro per gli artigiani, 9.427 per i commercianti, 8.089 euro per i coltivatori. Le pensioni a carico dei fondi speciali sono invece molto più elevate, sia perché hanno alle spalle retribuzioni più alte sia perché i sistemi di calcolo, in passato, erano qui particolarmente generosi. Così, gli ex dirigenti d’azienda prendono in media 49.860 euro all’anno e assegni importanti sono corrisposti anche dai fondi dei telefonici (25.862 euro), degli elettrici (24.940) e dei trasporti (20.671).

da Il Corriere della Sera

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“Nuove pensioni in calo del 19% nel 2011”, di Angelo Lupoli

Effetto del gradino sull´anzianità e del rinvio della decorrenza. Inps: la riforma funziona. Ha inciso soprattutto la finestra che sposta di 12 mesi il pensionamento

ROMA – Il 2011 ha segnato la svolta: nei primi otto mesi le nuove pensioni sono crollate del 19,3% passando da quasi 258 mila a poco più di 208 mila. L´effetto “benefico”, secondo l´Inps che ha diffuso i dati, dipende dagli interventi introdotti con la manovra 2010: l´età minima per la pensione di anzianità (a 60 anni per i dipendenti e 61 per gli autonomi) e della cosiddetta “finestra mobile” (12 mesi di rinvio della decorrenza dal momento del raggiungimento dei requisiti per la pensione di vecchiaia e di anzianità, 18 per gli autonomi). «Le riforme – ha commentato il presidente dell´Inps, Antonio Mastrapasqua – hanno funzionato».
La “finestra mobile” ha prodotto i suoi effetti soprattutto per le pensioni di vecchiaia, passate dalle 115.812 dei primi 8 mesi del 2010 a 87.894 nello stesso periodo del 2011, con un calo del 24,1%. Leggermente inferiore il calo per le anzianità scese del 15,4% passando dalle 142.128 del 2010 alle 120.240 del 2011. Del resto nel 2010 per l´uscita dal lavoro con l´età di vecchiaia erano disponibili nell´anno quattro finestre e quindi l´attesa per l´uscita per i dipendenti si aggirava tra i 3 e i 6 mesi (a seconda della data di nascita) invece dei 12 attuali.
Considerando le tipologie di lavoratori la “finestra mobile” ha funzionato in particolare per i dipendenti: nei primi otto mesi del 2011 sono usciti con una pensione di vecchiaia solo in 43.221 a fronte dei 68.070 dei primi otto mesi del 2010 (-36,5%) mentre per i coltivatori diretti, artigiani e commercianti i cali sono stati molto meno consistenti (per i commercianti sono state solo 1.000 in meno, tra le 19.829 dei primi 8 mesi 2010 a 18.852 dei primi otto mesi 2011).
La diminuzione complessiva (da 257.940 a 208.134 pensioni totali in 8 mesi) è stata superiore anche alle previsioni fissate dall´Inps per il periodo a 226.692. Le pensioni di anzianità nel complesso nei primi 8 mesi dell´anno sono state 120.240 (a fronte di 123.240 previste). Le pensioni di anzianità dei dipendenti sono state 80.681 a fronte di 90.894 dei primi otto mesi del 2010 ma di più di quanto previsto dall´Inps per il periodo (63.650).
Naturalmente i dati Inps tengono conto solo dei lavoratori del settore privato. Un calo dovrebbe registrarsi poi anche per le donne del settore pubblico che da quest´anno vanno in pensione di vecchiaia con 61 anni di età (e ancor di più l´anno prossimo quando potranno uscire dal lavoro per vecchiaia solo a 65 anni).
Il presidente dell´Inps ha spiegato all´Ansa che sul calo delle pensioni complessivo ha inciso l´effetto finestre piuttosto che l´inasprimento dei requisiti per l´anzianità. «E in questi dati – ha precisato Mastrapasqua – non c´è ancora l´effetto della misura che innalza l´età collegandola all´aspettativa di vita (la misura partirà nel 2013) né quella sull´aumento dell´età per chi ha almeno 40 anni di contributi (che partirà nel 2012 con un mese per poi arrivare a tre nel 2014)».

da la Repubblica.it